SINTESI
Pro: Bretagne è un eurogame non troppo complesso su un tema decisamente affascinante. Buona la grafica.
Contro: Qualche piccola sbavatura nei materiali, una meccanica articolata che porta a dinamiche senza possibili diversificazioni delle strategie: A parità di livello dei giocatori, fate un errore e farete da spettatori per tutta la partita.
Consigliato a: Aspiranti Eurogamer. Il gioco propone in modo semplice parecchie mecaniche tipiche di questi giochi. Una buona occasione per impararle! Eppoi quello che per i grognard può essere un problema (poca diversificazione) per i neofiti può essere l’occasione per rimanere concentrati su cosa fare.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
Idoneità al solitario:
assente
Incidenza della fortuna:
bassa
Idoneità ai Neofiti:
discreta
Autore:
Marco Pozzi
Grafica ed illustrazioni:
A. D’Amico, P. Vallerga
Anno:
2015
Bretagne è un gioco di un game designer italiano Marco Pozzi edito dalla italianissima Placentia Games, mentre l’impianto grafico porta la firma di Alan D’Amico, riminese di nascita. Si tratta, quindi, di un prodotto interamente “made in Italy”, anche se il tema è tutto transalpino: durante il19esimo secolo, in Bretagna ci fu una corsa alla costruzione di fari che potessero aiutare lo sviluppo della navigazione mercantile.
I giocatori vestono i panni degli imprenditori intenti a realizzare queste costruzioni, acquisendo i materiali edili (sabbia, legno, pietra e mattoni), la forza lavoro (fisica e intellettuale) e gli “accessori” (arredamento, sirene acustiche, carrucole e porticcioli).
Presto scoprirete che durante i 5 turni di gioco sarete qualcosa di più di rampanti imprenditori edili. Costruire quei fari non fu un’impresa facile: se alcuni furono allocati in posti accessibili, altri vennero progettati per segnalare i pericoli di scogli impervi, dove era complesso anche solo far giungere i materiali di costruzione; per non parlare poi dei capricci delle condizioni meteo, spesso tutt’altro che clementi in quella zona.
Unboxing
I materiali sono allineati con produzioni “euro” di pari categoria e l’impianto grafico risulta gradevole e chiaro. La mappa mostra la Bretagna, dividendo la costa in 3 aree (nord, sud e ovest), ognuna delle quali:
- prevede la costruzioni di 5 fari;
- contiene 2 o 3 “porti” (in totale sono 8) dove potremo aprire piccole “sedi locali”.
- Nell’entroterra troviamo 3 città di dimensioni maggiori: rappresentano la fonte principale di risorse (Quimper) e le sedi dei commerci (Brest e Lorient).
Per gestire la quantità di risorse disponibili ad ogni turno, sono presenti 6 carte che garantiscono un mix sempre diverso, ma senza grosse differenziazioni. I commerci sono invece gestiti da alcune tabelle zeppe di icone, tutto sommato semplici da imparare.
Sempre nell’entroterra troviamo un ampio spazio dedicato allo stivaggio delle “tessere costruzioni”, che rappresentano i diversi stadi di costruzione dei fari. Sono suddivise in tre diverse qualità costruttive: a parità di utilizzo (costruire un “piano” del faro), possono costare rispettivamente 1/2/3 matterie prime (sabbia, pietra e mattoni); tale costo è indicato sul retro di ciascuna tessera.
Completa questa parte di mappa una tabella che serve a gestire le “ricompense” che si ottengono per ogni tessera di costruzione acquisita. In pratica, ogni volta che si decide di costruire si scambiano 1/2/3 risorse con un pezzo di faro e una o più monete ed eventualmente una carta miglioria (che rappresenta uno dei già citati accessori dei fari). Se spogliamo il gioco della sua vena tematica, emerge quindi una meccanica di tipo “economico” -invero piuttosto classica- di scambio di risorse.
6 carte meteo servono per determinare le condizioni del tempo. se ne useranno soltanto 5 (una per turno) e rappresentano il tempo bello, cattivo e variabile. Per diminuire l’incidenza dell’alea, durante la partita i giocatori conosceranno sempre il meteo del turno in corso e anche quello del turno successivo.
Quattro carte “chiatta” gestiscono l’ordine di gioco e le risorse di inizio turno. Questo (ovvero 4) è anche il numero massimo (e consigliato!) di giocatori. Il set di pedine di ogni giocatore prevede alcuni cubetti, che assumeranno il ruolo di “lavoratori” in una classica meccanica worker placement, e un paio di pedine di legno che marcano il turno di gioco e i punti vittoria.
Le tessere “faro”, ben realizzate sia in termini di dimensione che di spessore, mostrano da un lato l’edificio in costruzione e dall’altro un bel dipinto del faro “completato”. Quest’ultimo lato non ha alcuna funzione durante il gioco, se non quella di indicare che non è possibile effettuare alcuna azione su questa tessera.
I fari sono suddivisi in 3 tipologie, in base alla difficoltà di costruzione: “paradiso”, “purgatorio” e “inferno” (rispettivamente: facile, medio e difficile). Ogni faro ha 3 o 4 step di costruzione, ognuno dei quali richiede una risorsa legno (con l’eccezione del piano terra) ed eventualmente una (purgatorio) o due (inferno) risorge aggiuntive.
Tra le pedine generiche vanno segnalate le monete, presenti in quantità così esigua da richiedere spesso poco opportuni “cambi”: peccato non aver aggiunto qualche gettone in più. Lo stesso discorso vale anche per le pedine “ingegnere”: il gioco non ne fornisce una quantità sufficiente per coprire le necessità dettate dalla partita con 4 giocatori.
La casa editrice ha reso noto di essere a conoscenza di queste carenze e promette che saranno risolte in un’eventuale seconda tiratura.
Il gioco
Per prima cosa, si piazzano i cartoncini dei 15 fari sugli appositi slot posti a bordo mappa. Devono essere sistemati dal lato “in costruzione” e in modo tale da rispettare le storiche difficoltà di costruzione: fari paradiso/purgatorio/inferno devono trovare posto rispettivamente negli spazi blu/bianco/rosso. Seguire la numerazione dei fari stessi è quindi opzionale e serve a giocare lo scenario “storico” con ogni faro posto esattamente laddove è stato costruito nella realtà.
Ogni giocatore riceve 8 lavoratori dei 14 disponibili. Le tessere costruzioni vanno pescate casualmente e suddivise equamente su tre righe, in base al costo di materie prime sempre crescente. Tramite i rispettivi mazzi, vengono poi determinati il meteo e la disponibilità di materie prime che arriveranno con le chiatte.
Nella città di Brest viene piazzata una certa quantità di risorse: essendo la città più conveniente per gli acquisti, il materiale disponibile è contingentato.
In ognuna delle zone “porto” viene poi piazzata una pedina che determina le risorse disponibili. Come per le carte meteo e le forniture iniziali, tutte e 3 le zone hanno una pedina in più del necessario: ogni partita sarà così leggermente diversa dalle altre.
Insomma, la filosofia del set-up di Bretagne si basa su un “giusto mix” tra la necessità di non variare eccessivamente le condizioni di avvio, prestando il fianco agli eccessi della dea bendata, e la necessità di evitare inizi scacchistici con aperture predeterminate.
Nella prima fase del turno, i lavoratori lasciati nei porti nei turni precedenti producono qualche risorsa aggiuntiva, dopodiché i giocatori devono selezionare una delle quattro chiatte disponibili. Queste determinano:
- l’ordine del turno;
- una diversa dotazione di ingegneri e monete (una delle chiatte ha la particolarità di garantire uno sconto, che risulterà molto importante in caso di maltempo o di costruzioni di fari “inferno”);
- le quantità di materie prime prese ad inizio turno, per un totale di 5 o 6 spazi disponibili, suddivisi su tre righe/chiatte, ognuna delle quali con un numero variabile da 1 a 3 spazi.
Così, dopo aver selezionato le chiatte e aggiustato l’ordine del turno, ogni giocatore “riempie” 1 riga per volta e sempre con una sola tipologia di merce. È, però, possibile riempire più righe con le pedine dello stesso colore.
Ricordate la carta spiegata nel set-up, che ha la funzione di determinare le risorse disponibili ad inizio turno? Una volta che i quantitativi indicati da questa carta si esauriscono, quella merce non è più disponibile: così, anche la quantità delle diverse righe determina qualche scelta tattica.
Terminate le operazioni di carico, inizia la fase delle azioni vere e proprie, ovvero costruire e andare al mercato.
Per costruire, essi dovranno:
- selezionare, fra quelle disponibili per l’acquisto, una tessera costruzione (che, ricordiamo, rappresenta un livello del faro);
- pagare i materiali indicati;
- pagare gli ingegneri necessari, stabiliti grazie a una mini-tabella che rappresenta le diverse tipologie di faro, messe in relazione alle condizioni meteo del turno in corso;
- prendere una ricompensa in soldi e/o in carte costruzione (come da tabella sulla mappa);
- scegliere un faro su cui collocare la tessera costruzione acquisita; i piani si costruiscono in ordine sequenziale, ovviamente partendo dalla base;
- pagare eventuali merci aggiuntive, in base al piano da costruire e alla tipologia di faro;
- piazzare sulla tessera costruzione i propri operai, in un quantitativo massimo pari al totale delle merci spese, sia per l’acquisizione sia per la costruzione della tessera stessa; se si hanno meno cubetti di quelli necessari, si piazzano quelli in proprio possesso (anche zero!);
- decidere di ritirare immediatamente un qualsiasi numero di operai, ottenendo 2 punti vittoria per ciascuno.
Contiamo ben 8 diversi step: nulla di complicato e, comunque, non ci sono eccezioni, ma le dinamiche generate da questa tipica meccanica “scambia risorse” non brilla per immediatezza e snellezza. Innesca, però, un trade off interessante: quando il faro verrà terminato, gli operai lasciati sulle tessere di costruzione rappresenteranno uno dei principali fattori di guadagno di punti vittoria, ma per il turno in corso non saranno più disponibili, ammesso e non concesso che l’edificio venga completato entro la fine del turno. In caso contrario, essi non saranno disponibili neppure nel turno successivo.
Se si rapportano queste dinamiche con gli 8 lavoratori iniziali e i 5 turni totali, diventa abbastanza facile intuire che Bretagne è un gioco di quelli che non perdonano: è sufficiente commettere qualche errore in fase iniziale per vedersi tagliati fuori dal resto della partita.
Bretagne non prevede nessun meccanismo di “catch up” e il leader, se ha giocato bene le sue carte, può prendere il largo. Inoltre, manca di diversificazione strategica: il modo giusto per giocare a Bretagne rimane sempre lo stesso, ovvero iniziare a costruire i fari più facili preferibilmente della costa ovest (che garantisce le risorse più appetibili), cercando la complicità -tacita o esplicita- di almeno un altro giocatore.
Così, pur di poter “riportare a casa” alcuni operai rimasti bloccati su un faro “inferno”, saremo costretti a costruire gli step mancanti anche in turni durante i quali le condizioni meteo risultano avverse, provocando il “decesso” di uno dei nostri operai, che dovrà essere rimosso dalla disponibilità del giocatore.
Il gioco, pur rimando fedele alla filosofia degli eurogame, non manca di coltivare piccoli dettagli come questo, che danno un tocco pionieristico alla simulazione.
L’altra azione disponibile è il “commercio”: il giocatore può accedere ai mercati di Brest e Lorient, ma non ha l’obbligo di visitarli entrambi; spenderà un lavoratore per ogni città visitata. Egli può decidere quale mercato visitare per primo e può svolgere -in qualsiasi ordine- tutte le 5 azioni qui previste; ogni azione, però, può essere svolta una volta soltanto per visita.
A Brest troviamo materie prime contingentate, ma sempre a prezzi interessanti: qui possiamo anche vendere materie prime a prezzi equivalenti. È, quindi, possibile fare un “cambio”, vendendo materie prime inutili per acquistarne di indispensabili. Sempre a Brest troviamo una fiorente ma limitata offerta di ingegneri. A Lorient fa, invece, la parte del leone la compravendita di carte miglioria: insomma, il meccanismo dl commercio è ricco e flessibile, semplice e interessante.
I giocatori si alternano in questi round (costruzione/commercio) finché hanno lavoratori da spendere o materie prime da lavorare. L’ordine in cui passano determinerà l’ordine di scelta delle carte chiatta del turno successivo: soprattutto negli ultimi turni, può capitare che i giocatori decidano di finire il turno prematuramente, valutando con cura questo aspetto.
Quando tutti hanno passato, inizia il conteggio di ciascun faro ultimato: una sorta di “gioco nel gioco”, con fasi e sottofasi proprie e anche abbastanza strutturate.
L’elemento di passaggio tra i due “mini-mondi” è rappresentato dai lavoratori che i giocatori hanno lasciato sui fari. Se fino a poco fa eravamo alle prese con un gioco economico di piazzamento lavoratori, ora si trasforma in un gioco “di maggioranze” a “togliere” (i lavoratori, appunto).
Per ciascun faro sono previste 3 fasi distinte, ognuna delle quali inizia con il calcolo della maggioranza di lavoratori ancora presenti sull’edificio: chi ha più lavoratori gioca per primo.
Nella prima fase, rimuovendo un pari numero di operai, si ha la possibilità di giocare carte miglioria. Queste carte assegnano un quantitativo di punti in base al tipo di faro in cui vengono impiegate (vedi immagine). Ogni carta di un determinato tipo, messa in gioco successivamente alla prima, assegna un punto in meno della precedente: il vantaggio di giocare prima degli altri risulta, quindi, molto evidente.
Nella seconda fase si può rimuovere un operaio per mandarlo in uno dei porti disponibili sulla plancia di gioco, sullo stesso lato del faro. Ogni porto garantisce una rendita (merci, carte, ingegneri, soldi, operai) e, dopo che sono stati costruiti tre fari dello stesso settore (nord/ovest/sud), la rendita aumenta. Ricordiamo che ogni faro può ospitare un solo cubetto per giocatore.
Su ogni faro quindi c’è posto per tutti ma vige rigorosamente la regola “chi primo arriva meglio alloggia”: il costo per piazzare il proprio lavoratore sul faro è direttamente proporzionale alla presenza di altri giocatori: gratuito se si è i primi a piazzare un lavoratore in un porto fino ad un massimo di 3 monete se si è l’ultimo a farlo.
Al termine della partita si conteggiano tutti i porti: se è presente un solo cubetto, questo vale quattro punti; se ve ne sono due, ognuno vale due punti; in tutti gli altri casi, ognuno guadagna un punto.
Infine, la terza fase attribuisce al detentore della maggioranza un certo quantitativo di punti, variabile in funzione della tipologia del faro. Tutti i cubetti di tutti i giocatori generano inoltre un punto vittoria. Esempio in un faro “paradiso” alla fine della fase dei porti. Al giocatore “a” rimangono 3 lavoratori, al giocatore “b” 2 lavoratori e al giocatore “c” un lavoratore. Vengono attribuiti al giocatore “a” 6 punti vittoria (“3” per la maggioranza del faro “paradiso + 1 per ogni lavoratore), al giocatore “b” 2 punti e al giocatore “c” 1 punto vittoria. Dopodiché tutti i giocatori recuperano i lavoratori, pronti per essere utilizzati nei turni successivi.
Bottom line
Il gioco è molto lineare: le azioni principali disponibili sono solo due, quindi, una volta spiegate le regole, generalmente tutto fila liscio, anche se un numero così ridotto di opzioni rende Bretagne meno appetibile per i gamers più incalliti.
Bretagne è un classico eurogame dalla coperta corta, uno di quelli che ti fanno esclamare: “manca sempre uno per fare trentuno”! Oltre le materie prime, la carenza più sentita è il numero dei lavoratori. La maggior parte della dotazione a propria disposizione finisce con l’essere utilizzata velocemente nella costruzione dei fari, e abbiamo già accennato al fatto che alcuni lavoratori potrebbero rimanere bloccati da un turno all’altro sugli edifici non terminati.
Nella prima parte della partita è, però, molto importante mandare anche i propri operai ai porti, non tanto per i punti a fine partita, quanto per crearsi un proprio “motore” produttivo.
Fra i percorsi possibili per fare punti, risulta molto efficace quella delle carte arredamento, un po’ meno quella delle maggioranze sui fari; ma questo poco importa, perché il giocatore dovrà porsi sempre la stessa identica domanda: “utilizzo i cubetti, oppure li lascio dove sono?”. Questa è sicuramente la parte più interessante di Bretagne.
Il gioco non risulta particolarmente innovativo in nessuno dei 2 aspetti, ma è comunque gradevole nella somma di entrambe le componenti. Alla lunga, si corre il rischio di avvertire una certa ripetitività e il continuo “metti-togli-scambia” rende alcune meccaniche un po’ bizantine.
La scarsa variabilità del setup e la carenza di strategie alternative rendono il gioco non particolarmente longevo. Rimane comunque gradevole e adatto a giocatori alle prime esperienze con il mondo degli eurogame, che qui possono trovare un’efficace palestra per alcune delle meccaniche più note e sfruttate nel settore.
Adesso non vi resta che costruire il vostro faro e illuminare la via ai naviganti!
Si ringrazia Placentia Games per aver reso disponibile una copia di valutazione del gioco.
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