Pro: progetto grafico e materiali davvero strabilianti; per essere un gioco di peso medio, ha una buona profondità, un’ottima giocabilità e un eccellente ritmo: difficile pretendere di più.
Contro: il gioco è basato interamente sul lancio di dadi e la pesca di carte, perciò è inevitabile che qua e là il bilanciamento scricchioli e, di tanto in tanto, l’alea si faccia sentire; la presenza di un solo giocatore propenso alla paralisi da analisi può rovinare l’intera partita.
Consigliato a: chi era rimasto ammaliato dal precedente Lewis & Clark e dagli altri giochi illustrati da Dutrait; chi cerca un gioco adatto più o meno a tutti, che garantisca impegno, ritmo e un pizzico d’ambientazione.
[starset]
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
PREMESSA:
Per chi ancora non conoscesse la storia della strada che porta alla costa occidentale degli Stati Uniti, vogliamo riepilogarla brevemente (chi, invece, non fosse interessato, può saltare al paragrafo successivo): nei primi anni dell’Ottocento, il terzo presidente americano Thomas Jefferson acquistò da Napoleone la Lousiana francese (che corrispondeva a un’ampia fascia territoriale, che andava dall’odierna Lousiana fino al confine con il Canada, passando per il Midwest) per una dozzina di milioni di dollari e assegnò una missione esplorativa – ufficialmente di carattere scientifico – all’amico Meriwether Lewis. Questi reclutò il cartografo William Clark e, insieme a una selezionata equipe di avventurieri (denominata “Corps of Discovery”), in poco più di due anni riuscì a raggiungere la costa del Pacifico, all’altezza dell’odierno Oregon: da quel momento la penetrazione della cultura europea nel nuovo continente non si sarebbe più limitata alla costa est ed ovest ma si sarebbe estesa sempre più capillarmente all’interno dando inizio alla vera e propria “conquista del West” .
Il nome del gioco oggetto dell’odierna recensione fa riferimento proprio a quello della spedizione di cui vi abbiamo appena parlato: Discoveries – The Journals of Lewis & Clark, edito in Italia da Asterion Press. Non lasciatevi, però, fuorviare dal sottotitolo: non si tratta di un’espansione del precedente Lewis & Clark, né tantomeno di una sua rivisitazione, ma di un vero e proprio spinoff. Le meccaniche proposte sono, infatti, completamente differenti e anche l’ambientazione è leggermente diversa: là veniva modellata la spedizione vera e propria, in un atipico gioco di corsa, un po’ deck building e un po’ worker placement; qua, invece, si parla dei resoconti scientifici ad essa collegati, sfruttando manciate su manciate di dadi.
Vogliamo, però, ripetere di nuovo la stessa avvertenza di poche righe sopra: non lasciatevi ingannare dalle apparenze, perché in Discoveries i dadi sono tanti, ma la fortuna – come avremo modo di vedere – conta davvero poco.
UNBOXING:
La scatola è quella “delle grandi occasioni”, ovvero grande e quadrata, delle stesse dimensioni del sopraccitato “fratellastro” Lewis & Clark.
Lo spazio interno, però, è decisamente meno affollato, perché troviamo:
- 30 dadi personalizzati in legno, di 5 colori diversi (5 rossi, 5 gialli, 5 blu, 5 bianchi e 10 grigi); ognuno di questi presenta su 2 facce il simbolo delle orme dei piedi (camminare), su 2 una A in corsivo (scrivere il diario), su 1 il ferro di cavallo (cavalcare) e su 1 la testa di un pellerossa (negoziare con i nativi); la loro distribuzione ovviamente non è casuale e, anzi, ha un ruolo probabilistico molto importante;
- 4 plance personali in cartoncino spesso, con uno spazio vuoto in cui stivare i propri dadi e due incavi laterali, uno per la copertina del diario (sotto la quale andranno celate le scoperte conseguite durante la partita) e uno per la scoperta attiva;
- 4 copertine del diario, dello stesso materiale delle plance, che – oltre a coprire le scoperte – fungono anche da promemoria per i bonus finali;
- 1 tabellone principale in cartone, suddiviso in due parti uguali (serviranno per appoggiare i dadi utilizzati in attesa che uno dei giocatori li recluti); in tutta sincerità, il gioco sarebbe stato ugualmente fruibile anche senza, ma in questo caso non si è badato a spese e, così, è stato incluso ogni elemento necessario a garantire un’impeccabile ergonomia;
- un mazzo composto da 55 carte fronte-retro, che su un lato mostrano le scoperte scientifiche oggetto della spedizione e dall’altro le tribù indiane che è possibile incontrare durante il viaggio; le carte sono rigorosamente telate e di ottima qualità, e in più – finezza delle finezze – hanno un solo angolo non arrotondato, in modo tale da garantire un incastro perfetto con l’apposito incavo presente nelle plance personali.
Oltre a questo, non può mancare il manuale a colori in italiano: bisogna riconoscere che il gioco è tutto sommato semplice, ma in termini di chiarezza è davvero esemplare, con il flusso di gioco schematizzato perfettamente, tra elenchi numerati e illustrazioni a profusione, con tanto di riquadri dedicati ai casi limite e agli esempi di gioco. Inoltre, l’ultima pagina è dedicata a tutte le carte tribù di difficile interpretazione, giusto per non lasciare nulla al caso o nell’incertezza.
Regolamento a parte (peraltro impreziosito di diverse note a margine riguardanti la spedizione di Lewis & Clark, tra lettere, testimonianze, ecc.), il comparto grafico-editoriale rappresenta sicuramente il vero valore aggiunto dell’intero progetto: le illustrazioni di Vincent Dutrait, oltre a garantire una certa continuità, sono suggestive e perfettamente coerenti con l’ambientazione, mentre la totale indipendenza linguistica si realizza grazie a un sistema di icone tanto semplici quanto d’immediata comprensione. Insomma, se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, qui ci servono entrambi – e anche ben aperti – per poter apprezzare appieno lo sforzo fatto, a scapito di un prezzo che si colloca leggermente al di sopra della media.
PREPARAZIONE:
Ogni giocatore riceve una delle 4 plance, il set di dadi del colore corrispondente (dopo averli lanciati, ovviamente) e la relativa copertina del diario; dopodiché si girano 3 carte dal lato delle scoperte e, a turno, se ne sceglie una, rimpiazzandola poi con un’altra pescata dallo stesso mazzo.
Le rimanenti tre vanno piazzate sul lato destro del tabellone principale, mentre su quello sinistro devono essere girate altre 3 carte, ma questa volta dal lato delle tribù indiane.
Al centro del tavolo, infine, bisogna collocare i dadi grigi, il cui numero dipende da quello dei giocatori (6 in 2, 8 in 3 e 10 in 4), oltre al mazzo con le carte rimanenti, anche in questo caso in numero variabile a seconda dei partecipanti (30 in 2, 40 in 3 e 50 in 4).
Il setup è tutto qua e risulta già evidente che si tratta di un gioco completamente diverso dal suo fratello maggiore: la partita si prepara in un paio di minuti e, grazie all’eccellente ergonomia, lo spazio necessario per giocare è davvero contenuto e flessibile (all’occorrenza, si può rinunciare anche al tabellone principale, sistemando i dadi scartati in due aree precise, in base alla faccia utilizzata).
SVOLGIMENTO:
Si gioca a turni, procedendo in senso orario: ogni giocatore può decidere di impiegare tutti i dadi che desidera, a patto che riportino sempre e soltanto lo stesso simbolo, sulle caselle delle azioni a sua disposizione, oppure di recuperare dei dadi, seguendo alcuni semplici criteri.
Ricordate sempre che ogni dado rappresenta un membro della spedizione: quelli del proprio colore sono i “fedelissimi”, mentre quelli grigi sono i neutrali; durante la spedizione potrà capitare di doverne scartare alcuni (perché troppo stanchi) che, poi, sarà possibile recuperare solo facendoli “riposare” (quindi non agendo per il relativo turno) insieme a tutti gli altri (vedi sotto, per capire come avvenga questo processo in dettaglio).
Una modellazione semplicissima, se vogliamo, ma sufficientemente coerente, perché nonostante ci sia una certa competizione tra i diversi ufficiali, la spedizione avviene comunque in gruppo e con scopi comuni, che talvolta richiedono di accantonare ogni eventuale rivalità.
Scendendo nel dettaglio, le azioni disponibili possono essere di 3 tipi diversi:
- movimento: richiedono più di un turno per essere eseguite; si compongono di diversi dadi, solitamente uno o più di una tipologia tra camminare, cavalcare e negoziare, più uno (sempre!) di scrittura, che dev’essere tassativamente sistemato per ultimo, determinando l’attivazione dell’azione;
- negoziazione: usando uno o due dadi con l’apposito simbolo si può reclutare una tribù – rispettivamente – amichevole oppure ostile per il resto della partita; il giocatore prende la carta scelta, la sistema sotto alla propria plancia e rimpiazza la carta con un’altra pescata dal mazzo;
- variazione: usando un dado a scelta, si può cambiare la carta della scoperta in corso, oppure uno o due dadi del proprio pool su un altro simbolo (che dev’essere lo stesso per entrambi).
Anche i dadi possono essere recuperati (e subito dopo rilanciati) in 3 modi differenti:
- tutti quelli presenti sul lato sinistro del tabellone, ovvero quelli riportanti i simboli “negoziare” e “scrivere”, a prescindere dai loro colori;
- tutti quelli presenti sul lato destro del tabellone, ovvero quelli riportanti i simboli “camminare” e “cavalcare”, a prescindere dai loro colori;
- tutti quelli del proprio colore, a prescindere da dove siano collocati (perfino dalle plance avversarie!).
I movimenti sono la condizione necessaria per effettuare le scoperte scientifiche riportate sulle carte: su queste, infatti, sono disegnati dei percorsi – spesso multipli – che alternano tratti di fiume ad altri di montagna e, per essere superate con successo, devono essere soddisfatte in toto tanto nell’ordine quanto nelle quantità, e in un unico turno.
Per maggiore chiarezza, vi riportiamo l’esempio della nocciolaia di Clark: per scoprire questo volatile, servono 2 montagne e 1 fiume, oppure 1 montagna e 2 fiumi; il giocatore dovrà posizionare i dadi per attivare i fiumi in un turno, quelli per le montagne in quello successivo (o viceversa) e, infine, i due dadi di scrittura in un terzo e ultimo turno. Perfezionata la scoperta, la relativa carta viene stivata sotto alla copertina del diario (in modo tale che gli avversari non possano più vederla) e rimpiazzata da una a scelta tra le 3 disponibili accanto al tabellone, la quale a sua volta verrà sostituita da un’altra pescata dal mezzo.
Non è tutto: se gli spostamenti attivati lo consentono, è possibile trasferire i movimenti residui su una delle 3 carte scoperta disponibili e completare anche quella (quindi realizzare due – o più – scoperte nello stesso turno); questa “combo”, oltre a garantire 2 (o più) carte invece di 1, dà diritto anche a un turno extra, da eseguire subito dopo quello in corso; insomma, se la nostra squadra di esploratori si dà molto da fare, può percorrere sentieri più lunghi e impervi degli altri, motivati ulteriormente dai successi conseguiti.
Espletate le azioni necessarie, si scartano sul tabellone i dadi posizionati nelle caselle con la freccetta, mentre si recuperano (dopo averli rilanciati) tutti quelli sistemati in quelle con il solo bordo quadrato, a prescindere dal loro colore.
Si gioca finché è possibile rimpiazzare le carte nell’area dedicata alle scoperte: nel momento in cui il mazzo si esaurisce e ne restano soltanto due, si attiva l’ultimo turno per tutti.
Alla fine si contano i punti e, ovviamente, chi ne ha ottenuti di più vince la partita; questi si ottengono in 3 modi diversi:
- dalle carte scoperta, se esplicitamente indicato dall’apposito numero;
- dalla maggioranza di icone tenda riportate sulle carte (chi ne ha più di tutti ottiene un bonus corposo, il secondo la metà e gli altri nulla), considerando anche quelle delle tribù indiane;
- dalle diverse combinazioni delle icone piante/mammiferi/pesci/volatili: le quaterne valgono più di tutto (variano a seconda dei giocatori), i tris valgono abbastanza, le coppie ancora meno e le carte singole poco o niente.
Alla fine, c’è, quindi, una bella “insalatona” di punti ed è evidente che le strade percorribili per arrivare al successo siano molteplici, nonostante la semplicità del gameplay proposto.
DURATA:
Ritmo e tempismo
La durata indicativa di un’ora riportata sulla scatola è abbastanza precisa, ma solo dalla seconda partita in poi: si tratta, infatti, del tipico gioco che deve “ingranare” per “girare” a dovere e, solo dopo una prima partita di “avvicinamento”, i giocatori riescono a tenere un ritmo davvero elevato e i turni – che possono essere davvero numerosi, soprattutto in 4 – iniziano a scorrere lisci come l’olio.
A piena velocità, anche i tempi morti risultano pressoché impercettibili, perché l’attesa è ridottissima e si può comunque pianificare il proprio turno di gioco successivo, anche mentre giocano gli avversari.
Ritmo e tempismo sono tra gli elementi di spicco di questo Discoveries e può diventare un problema se al tavolo si siede un giocatore iper-analitico e propenso alla paralisi da analisi, perché rallenterà notevolmente i propri turni e renderà il gioco meno gradevole e dinamico: se possibile, evitate questo genere di compagnia, almeno per questa serata!
AMBIENTAZIONE:
Vi ricordiamo che stiamo parlando di un gioco di dadi dalla durata piuttosto contenuta, quindi ci sembra più che dignitosa la resa dell’ambientazione proposta: come abbiamo già sottolineato nel paragrafo dedicato all’unboxing, la grafica è davvero di prim’ordine sotto tutti i punti di vista, fumettosa ed evocativa al tempo stesso, con un gradevole tocco vintage che richiama proprio il lavoro dei cartografi e dei primi scienziati.
L’identificazione tra i dadi (peraltro personalizzati e non semplicemente numerici, come in Troyes, Panamax, Marco Polo e altri titoli) e i membri della spedizione richiede un leggero sforzo di astrazione iniziale, ma dopo risulta tutto abbastanza coerente, incluso il punteggio finale, che premia appunto chi è riuscito a esplorare di più, a scoprire più creature viventi e a stringere più relazioni con le tribù indiane.
CONSIDERAZIONI:
Meglio tenere bene a mente
Discoveries coniuga la gestione dei dadi a una sorta di posizionamento lavoratori (rappresentati dagli stessi dadi) e per questo ci piace definirlo “dice placement”, con l’aggiunta della collezione di set (per quanto riguarda il sistema di carte e relativi bonus finali).
Il bello della sua meccanica è che, nonostante sia molto semplice e interamente incentrata su dadi e carte, riesce a coniugare una piccola parte tattica (legata alla scelta della faccia da utilizzare per il turno in corso) a una consistente parte strategica, garantendo una sufficiente profondità: a parte che tutte le azioni di movimento possono essere eseguite in minimo 2 turni, sono le combo a far la differenza, regalando un turno extra a chi le realizza, e richiedono almeno 3 turni per essere portate a compimento.
Carte e dadi possono, inoltre, suggerire che si tratti di un gioco ad elevato tasso di alea, ma – per fortuna – questa sensazione svanisce dopo una manciata di turni, perché è solo nei primissimi giri che la fortuna può regalare un pizzico di vantaggio con un lancio giusto, oppure con la pesca di una scoperta scientifica particolarmente favorevole.
Un elemento che, invece, può rivestire un ruolo discretamente importante nell’economia della partita è l’esercizio della memoria: sappiamo bene che non a tutti piace ricordare le prese giocando a briscola, ma – per quanto non pregiudichi le possibilità di vittoria finale – in Discoveries è meglio tenere bene a mente le carte nascoste dagli avversari nel loro diario, sia perché le diverse tipologie naturalistiche sono presenti in numero variabile nel mazzo (ad esempio, i pesci sono più rari dei vegetali, ed è possibile visionare le carte scartate in fase di setup, proprio per essere ancora più precisi), sia perché la maggioranza di tende indiane garantisce un bel bonus.
In più, il numero di carte in gioco in una singola partita garantisce da un lato una grande rigiocabilità (c’è sempre qualche carta che non verrà utilizzata, a prescindere dal numero dei partecipanti) e dall’altro una buona varietà strategica (di fatto, ogni giocatore ha a sua disposizione 1 carta sulla plancia + 3 nel pool comune da realizzare con le combo, ed eventualmente una quinta con la tribù Minnetaree).
Tante carte e tanta varietà inevitabilmente compromettono l’impeccabilità del loro bilanciamento: ci sono tribù indiane molto più forti di altre e scoperte scientifiche che, a parità di punti, sono molto più semplici da completare. D’altra parte, anche una soluzione semplice ma efficace come quella utilizzata per gli esagoni di Hexemonia o le merci di Sheriff of Nottingham (ovvero aggiungere un numero a margine, che indica il numero di giocatori necessari per inserire quella carta nel mazzo) sarebbe impensabile in questo caso, poiché si tratta di carte fronte-retro multiuso e, quindi, non c’è mai alcuna certezza circa il fatto che una di esse venga utilizzata come scoperta piuttosto che come tribù o viceversa.
A parte l’originale sistema di gestione comune dei dadi, che talvolta permette di rompere molte uova – se non tutte – nell’altrui paniere (mai pianificare una combo, facendo affidamento su un dado di colore diverso dal grigio e dal proprio!), l’interazione diretta tra i giocatori non è propriamente altissima, anzi: nella maggior parte dei casi, si è più impegnati a perseguire le proprie strategie che a pensare ai bastoni da mettere tra le ruote degli avversari.
L’interazione indiretta è, invece, leggermente più presente (ma sempre senza esagerare): tribù e scoperte sono disponibili in un pool comune, mentre alcune azioni speciali vanno a modificare le regole relative all’uso dei dadi e all’acquisizione di quelli neutrali.
La scalabilità, infine, è praticamente perfetta, perché l’interazione modesta e le buone possibilità strategiche non permettono al gioco di degenerare mai nella confusione o nell’eccesso di imprevedibilità: sostanzialmente, il numero dei giocatori influenza soltanto la durata complessiva della partita e l’impegno mnemonico individuale (ovviamente solo se i giocatori lo desiderano).
E ricordate sempre: non lamentatevi mai dei dadi che vi hanno tradito, perché – come scrisse Sir John Harington in un suo famoso epigramma – “il tradimento non trionfa mai […] perché, se trionfa, nessuno osa chiamarlo tradimento”.
POSOLOGIA:
Discoveries può essere assunto da 2 a 4 pazienti ed è alquanto facile da metabolizzare; nonostante questo, il coinvolgimento e l’impegno offerti sono all’altezza di titoli di complessità ben superiore. Se ne sconsiglia la prescrizione sia a pazienti affetti da allergie croniche ai dadi e all’alea, sia a quelli fortemente predisposti alla paralisi da analisi. L’uso pediatrico è possibile ma sconsigliato, in quanto la dipendenza linguistica è nulla e le illustrazioni assolutamente idonee (anzi, gli animali potrebbero sembrare particolarmente azzeccati), ma le competenze gestionali e strategiche richieste risultano piuttosto elevate e fuori dalla portata di un bambino di età inferiore ai 10/11 anni.
SOTTOFONDO MUSICALE:
L’album “Bare Bones and Branches” di Lewis & Clarke (il cui nome fa, però, riferimento non agli esploratori americani, ma agli scrittori inglesi di fantascienza del secolo scorso).
Si ringrazia Asterion Press per aver reso disponibile la copia di valutazione del gioco.
- Moon River - 11 Settembre 2024
- Mycelia - 28 Giugno 2024
- Anteprima: SENSO - 10 Novembre 2023