Pro: regolamento semplice, rigiocabilità elevata e grande versatilità (scala bene e può divertirsi tanto il neofita quanto il veterano); nei giochi da tavolo, l’ambientazione fantasy non sbaglia mai (o quasi).
Contro: alea importante nella generazione dei livelli del dungeon; se un personaggio muore, il giocatore è escluso per il resto della partita; progetto grafico migliorabile.
Consigliato a: chi cerca un “distillato” di dungeon crawler da usare in ogni circostanza e con ogni gruppo di gioco, senza rinunciare a battaglie epiche, sotterranei muffosi e qualche bastardata qua e là.
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Realizzazione | |
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Divertimento | |
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Prezzo |
PREMESSA:
Così come nel mondo dei videogame troviamo da sempre accanto a grandi titoli, come Eye of the Beholder, i vari Ultima ed eredi, i cosiddetti roguelike (in quanto discendenti del capostipite Rogue), ben più leggeri e soggetti alle mutevoli sorti del caso, anche nel mondo dei giochi da tavolo troviamo dungeon crawler più complessi e modellati, come Dungeon Saga e Descent, e altri invece più semplici e snelli, perlopiù card driven.
Appartiene a quest’ultima categoria Dungeon Raiders, titolo per 3-5 giocatori pubblicato da pochi mesi in Italia da Devir: come avremo modo di vedere, il nostro paragone è tutt’altro che azzardato, perché questo gioco ha parecchi elementi in comune con i videogame roguelike, tra dungeon generati casualmente, livello di difficoltà crescente ed eroi stilizzati con pochissimi punti vita a disposizione.
UNBOXING:
La scatola è di dimensioni estremamente contenute, in linea con quelle dei più classici filler, realizzata in cartone rivestito e telato, con una grande illustrazione a colori in copertina: il tratto è cupo, in modo coerente con un tetro e muffoso dungeon, ma sfortunatamente è molto lontano dai disegni dei fratelli Hildebrandt e affini, e resta un po’ a metà strada tra il classico e il fumettoso-umoristico.
All’interno della confezione, troviamo:
- un mazzo di oltre 100 carte, di dimensioni standard e non telate (è, quindi, consigliabile imbustarle);
- 50 segnalini vita, ovvero cubetti di materiale plastico color porpora.
È evidente che si tratti di un gioco totalmente card driven, con le carte che vanno a rivestire una moltitudine di ruoli diversi:
- ogni giocatore ha una dotazione di 3 carte, raffiguranti rispettivamente un personaggio (ognuno diverso dagli altri, secondo la più classica tradizione fantasy: c’è il mago, il guerriero, il ladro, il cavaliere e l’esploratore), una scala numerata da 1 a 10 e un sacchetto (che sul dorso presenta un +10); tutto questo rappresenta la scheda del giocatore e il relativo indicatore di ricchezza (la carta sacchetto si posiziona sopra alla scala, a mo’ di cursore), mentre i punti vita (da 8 a 10, a seconda della classe) vengono gestiti con gli appositi segnalini;
- oltre a questo, ogni giocatore ha anche una serie di 5 carte potere (uguali per tutti), numerate progressivamente da 1 a 5;
- 24 carte sono equamente distribuite tra i 4 oggetti standard, che ogni avventuriero può avere (o acquisire): fiaccola, sfera di cristallo, chiave e spada;
- 11 carte rappresentano i possibili boss del dungeon;
- 5 carte hanno soltanto una porta su entrambi i lati e servono per nascondere il contenuto di ogni livello del dungeon, “tappando” il relativo mazzetto;
- 30 carte contengono gli elementi del dungeon, tra mostri, trappole e tesori di diverso tipo.
Completa la dotazione il manuale a colori in lingua italiana (il resto del gioco, invece, è indipendente linguisticamente, grazie a un set di icone numericamente contenuto e graficamente molto chiaro) che spiega tutto in modo estremamente semplice e conciso, grazie anche alle numerose illustrazioni.
PREPARAZIONE:
Dopo che ogni giocatore ha ricevuto il suo “kit personaggio”, i relativi segnalini vita e il denaro e gli oggetti iniziali indicati sulla carta (il guerriero ha una carta spada, il mago due sfere di cristallo, il ladro una chiave, ecc.), si passa alla preparazione del dungeon.
Innanzitutto si devono mescolare le 30 carte con gli elementi “portanti”, se ne pescano 24 (le restanti possono essere riposte nella scatola) e metà di queste si girano a faccia in su (saranno le stanze “illuminate”), si mescolano di nuovo e, dopo aver tagliato il mazzo, in fondo a tutto si colloca una carta boss pescata a caso.
A questo punto, non resta che dividere il tutto in 5 mazzetti uguali (l’ultimo dei quali terminerà con il boss), coprendo ognuno di questi con una carta porta, in modo tale che il loro contenuto non sia visibile: questi rappresentano i diversi livelli che dovremo affrontare durante la partita e che culmineranno nello scontro con il “mostro finale”.
Il setup è, quindi, decisamente più semplice e veloce di quello di qualsivoglia dungeon crawler: d’altra parte, assemblare gli scenari tridimensionali, sistemare le varie pedine e preparare le diverse schede personaggio solitamente richiede diverse decine di minuti. Torna, quindi, in auge il paragone videoludico: in Dungeon Raiders, proprio come nei giochi roguelike, i tempi di caricamento sono pressoché nulli, quantomeno se confrontati con quelli di un Baldur’s Gate qualunque.
SVOLGIMENTO:
Per prima cosa, si prepara il livello da affrontare: si elimina la carta porta dal primo mazzo, dopodiché si girano in sequenza le 5 carte sottostanti, senza scoprire quelle eventualmente capovolte.
I giocatori possono iniziare l’esplorazione del dungeon, partendo appunto dalla prima carta della fila: questa viene rivelata, qualora fosse ancora coperta, e per affrontarla ognuno sceglie dalla propria mano una delle 5 carte potere, ponendola davanti a sé a faccia in giù. Quando tutti sono pronti, queste carte vengono rivelate e si risolve la stanza:
- se c’è uno scrigno, la carta (o le carte) potere più alta si aggiudica il tesoro in monete;
- se c’è una trappola, a seconda della sua tipologia, si perdono tesori o punti vita, in base al valore delle carte giocate;
- se c’è una stanza dei tesori, a seconda della carta calata, si ottiene un diverso compenso od oggetto (come in una lotteria);
- se c’è un mostro, si somma il punteggio delle carte giocate e, se questo è maggiore a quello indicato sul profilo del mostro, questo viene ucciso; altrimenti, il giocatore che ha calato la carta più bassa perde un numero variabile di punti vita, scartando i segnalini corrispondenti.
In ogni caso, al termine di questo round, la carta del dungeon viene scartata e con essa anche le carte potere utilizzate, che verranno recuperate solo alla fine del livello (ma restano ben visibili sul tavolo, per consentire di ricordare con maggior facilità chi ha giocato cosa e quando): bisogna, quindi, scegliere con oculatezza la carta da usare in ogni stanza (recuperare una pozione di vita con una carta 5 può fare gola, ma se tutti cerchiamo di accaparrarcela saremo anche più esposti agli attacchi del successivo mostro).
Il meccanismo, pertanto, è perennemente in bilico tra cooperazione (per superare i livelli) e competizione (per migliorare il proprio personaggio) ed è essenziale che tutti gli avventurieri trovino il giusto equilibrio.
Superata una stanza, si rivela quella successiva e alla fine di ogni livello si genera quello seguente, utilizzando sempre le stesse regole e le stesse sequenze di azioni: come potete notare, il gameplay è molto semplice e piuttosto lineare, con giusto un paio di eccezioni per rendere un po’ più “pepato” il meccanismo.
Innanzitutto, ci sono le 4 tipologie di carte oggetto, che possono essere utilizzate in momenti diversi del turno di gioco e hanno funzioni speciali “usa-e-getta” (perciò devono essere usate con parsimonia):
- la fiaccola può essere giocata in qualsiasi momento e permette al possessore di “sbirciare” tutte le stanze del livello, anche quelle coperte;
- la spada può essere usata solo durante un attacco contro un mostro e rimpiazza la carta potere, assumendo automaticamente il valore massimo di 5;
- la chiave ha la stessa funzione della spada, ma può essere utilizzata solo su uno scrigno;
- la sfera di cristallo dev’essere calata al posto di una carta potere: il turno prosegue fino alla rivelazione di tutte le altre carte potere e solo a quel punto il giocatore può decidere quale valore mettere in gioco (ad esempio, evitando di sprecare punti preziosi in una battaglia contro un mostro facile).
La seconda eccezione riguarda i boss (o “mostri ultra potenti”, come vengono definiti nel manuale): essendo particolarmente duri da sconfiggere, ogni giocatore può calare fino a 2 carte potere contemporaneamente, sommandone i valori; in più, il mostro può avere caratteristiche speciali con diversi effetti (c’è la mummia che è sensibile alle fiaccole, l’esattore che oltre ai punti vita ruba anche il denaro e il minotauro che attacca il più forte al posto del più debole).
Se in qualsiasi momento un giocatore scende a 0 punti vita, viene immediatamente considerato morto ed esce dalla partita: per fortuna, la forza dei mostri varia a seconda del numero dei giocatori in vita e questo permette agli altri di continuare senza grosse difficoltà. Per contro, proprio come in Bang!, l’escluso dovrà attendere la fine del dungeon per poter ritornare “in pista”.
La partita termina nel momento in cui resta in vita un solo giocatore (nel qual caso è ovviamente questo il vincitore), oppure alla fine del 5° livello del dungeon, dopo la sconfitta del mostro finale: il giocatore con meno punti vita perde subito i sensi, e tra i rimanenti vince chi ha il bottino più cospicuo.
DURATA:
Lo svolgimento della partita con il regolamento standard (non quello “tattico”) dura una mezz’oretta scarsa (anche meno, se tutti i giocatori conoscono già il regolamento), quindi può essere tranquillamente considerato un filler a tutti gli effetti.
Giocando il proprio turno in contemporanea, i tempi morti non esistono quasi e la risoluzione di ogni stanza non richiede mai più di un minuto: il ritmo è, quindi, uno degli elementi più positivi e interessanti di questo gioco, per nulla esposto al rischio di paralisi da analisi (anche il ruolo della memoria dei giocatori è ridotto ai minimi termini, grazie alla scelta di lasciare sempre in vista le carte potere già giocate).
In appendice al manuale, troviamo anche due possibili varianti. La versione per 2 giocatori non ci ha convinto particolarmente, perché trasforma il gioco in un bagno di sangue e la piccola parte cooperativa viene ulteriormente ridotta dalla rivalità serrata.
Più interessante la variante definita “tattica”, che trasforma il turno di gioco in sequenziale, abbandonando il “We go“. L’ordine varia a ogni turno, in base alle carte calate in precedenza; il gioco acquisisce, così, uno spessore tattico maggiore, ma per contro cala il ritmo e, quindi, si perde parte della piacevole frenesia che lo contraddistingue, mentre i tempi si allungano sensibilmente.
AMBIENTAZIONE:
Trattandosi di un filler, l’ambientazione è resa in modo più che dignitoso: è vero che la modellazione dei combattimenti è legata alla scelta di una semplice carta, ma la scoperta del dungeon stanza dopo stanza, lo svolgimento del turno di gioco in contemporanea e la caratterizzazione delle diverse classi degli avventurieri riescono a trasmettere quel vago sentore di HeroQuest, così come le “bastardate” e gli egoismi a cui ognuno può cedere di tanto in tanto.
Il progetto grafico forse poteva essere un po’ più evocativo e meno “videogiochesco”, o in alternativa poteva essere accentuato proprio quest’ultimo aspetto, come in Boss Monster, ma il risultato finale è comunque funzionale e il set di icone utilizzato è di una chiarezza esemplare.
CONSIDERAZIONI:
Non servono tiri salvezza
Prima di tutto, concedeteci due parole sulla meccanica di gioco, solida, semplice e molto divertente. Non si tratta, però, di una novità assoluta: chi ha al suo attivo anni e anni passati sui tavoli da gioco, ricorderà sicuramente “Raj“, giunto in italia con il nome di “In Bocca al Lupo“; Dungeon Raiders ne riprende il meccanismo di base, evolvendolo. Così, questa citazione serve solo a rendere omaggio al compianto autore di “Raj“, l’americano Alex Randolph.
Dungeon Raiders è un dungeon crawler a dir poco essenziale: di fatto, prende i grandi classici del genere, li spoglia di ogni orpello sia estetico che funzionale – dalle miniature ai dadi – e punta tutto su ritmo e interazione. Sotto questo punto di vista, l’esperimento è perfettamente riuscito, e in più può vantare un’eccellente giocabilità e una longevità di tutto rispetto (anche se qualche mostro “ordinario” in più e più vario non avrebbe guastato), grazie anche ai numerosi boss disponibili.
Trattandosi di un gioco cooperativo negli scontri e competitivo nei premi (alla fine, vince sempre e soltanto uno, e spesso non è una brutta idea far ferire dal boss chi è più ricco di noi, in modo tale da farlo “collassare” all’uscita del dungeon), i colpi bassi sono all’ordine del giorno e l’interazione tra i giocatori è tanto diretta quanto indiretta.
In termini tattici e strategici, non c’è molto da aggiungere: l’importante, come abbiamo già accennato, è non voler esagerare e non essere troppo egoisti, perché nell’ultima stanza “buia” di ogni livello può sempre essere in agguato la temibile Trappola Macigno o, peggio ancora, un drago. Il sistema di superamento automatico delle stanze, sia in caso di vittoria che di sconfitta, garantisce comunque una certa resistenza anche ai più avventati e sprovveduti dei giocatori: non servono tiri salvezza contro un mostro sovradimensionato, e non si corre mai il rischio di rovinare un livello ostinandosi in uno scontro sfortunato.
Per contro, non si può pretendere una grandissima profondità da un titolo che richiede di pianificare soltanto l’uso di una carta tra le 5 o 6 possibili e non prevede specializzazioni né sviluppi particolari dei suoi personaggi (al massimo, si recuperano un paio di punti vita e qualche oggetto).
Altrettanto evidente è che, trattandosi essenzialmente di un card game, l’alea ha un ruolo alquanto determinante: non tanto nell’economia del singolo incontro (anzi: qui il caso è praticamente assente, se il party è sufficientemente affiatato e ha conservato le carte migliori per i momenti più difficili), quanto nel superamento del singolo livello e, in particolare, di quello finale. Al 5° piano del dungeon può attenderci un boss abbastanza clemente (come il negromante) oppure uno spietato (come la medusa) e magari questo è stato preceduto da un drago e/o da una trappola, conducendo l’intero party verso un’inesorabile sconfitta.
Inoltre, per quanto teoricamente il rischio sia sempre presente, quella che amiamo definire “sindrome della dinamite di Bang!” (cioè l’eliminazione di un giocatore prima della conclusione della partita) si verifica per fortuna molto di rado e, se accade, è comunque in prossimità del mostro finale, quindi l’attesa per tornare in gioco non è mai troppo lunga: certo è che tra gli oggetti non avrebbe guastato uno scroll di resurrezione, per eliminare il problema alla radice.
Concludiamo con la scalabilità: il gioco si adatta molto bene a qualsiasi numero di partecipanti, almeno finché tutti sono in vita; si avverte qualche difficoltà solo in 3 nel momento in cui un giocatore muore, perché la potenza dei mostri non viene ulteriormente ridotta per sole 2 persone e, in questo modo, quasi tutti gli avversari diventano matematicamente invincibili.
Insomma, non dimenticate mai due adagi, mai così utili come in questo gioco: è vero che “chi fa da sé fa per tre”, ma è altrettanto vero che “l’unione fa la forza”.
POSOLOGIA:
Dungeon Raiders è un integratore del divertimento facilmente assimilabile da tutti, grazie alla rapidissima metabolizzazione e al principio attivo fantasy ad ampio spettro. Trattandosi di un titolo veloce e leggero, anche nei casi conclamati d’ipersensibilità all’alea difficilmente può provocare reazioni allergiche, che comunque tendono a risolversi spontaneamente alla successiva somministrazione: spesso, infatti, si rende necessario un immediato richiamo (denominato “rivincita”) per appianare eventuali divergenze e rivalità. Essendo, poi, così semplice e del tutto indipendente dalla lingua, può essere tranquillamente prescritto per uso pediatrico, quantomeno nei bambini di età superiore agli 8 anni.
SOTTOFONDO MUSICALE:
Il brano “In the garage” dei Weezer.
Si ringrazia Devir per aver reso disponibile la copia di valutazione del gioco.
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