Eccoci a proporvi ’65: Squad-Level Combat in the Jungles of Vietnam (nel seguito, semplicemente ’65), un wargame firmato dal prestigioso Mark H. Walkers. Si tratta di una simulazione tattica (squad level) del conflitto del Vietnam.
Ve lo premettiamo: questo articolo non risponde ai criteri che di solito usiamo per una recensione. Di seguito trovate una descrizione relativa ai soli scontri fra fanteria, ovvero sia senza la parte del gioco che riguarda i mezzi corazzati e gli elicotteri che così tanto fanno “Vietnam”.
L’intento è quello di creare interesse verso un wargame sicuramente non esente da difetti, ma anche innovativo ed originale, che a nostro avviso ha le potenzialità per rappresentare una via di ingresso in questo “mondo”. Se siete “novizi” è fortemente consigliato leggere anche questo nostro altro articolo di approfondimento. Troverete alcune informazioni basilari sugli scontri tattici moderni, anche se l’articolo fa riferimento a giochi sulla seconda guerra mondiale.
Il primo scoglio che dobbiamo affrontare è il contenuto della scatola:
- 3 mappe di dimensioni tali da richiederne almeno 2 per uno scenario “medio”;
- 54 carte di gioco (divise tra carte “obiettivo secondario” e “carte azione”);
- un numero congruo di pedine, manuale e game aid.
L’appunto non sta tanto nel rapporto matematico prezzo/quantità del materiale: ’65 si trova in europa intorno agli 80 euro e la qualità di mappa e pedine è davvero eccellente. I giocatori con esperienza nel gioco tattico avranno però già capito la nostra obiezione: soltanto 3 mappe (neppure “doppia faccia”!) per un totale di solo 8 scenari sono davvero poca cosa in termini di diversificazione e longevità.
I freddi numeri della scatola base sono impietosi anche se bisogna dire che il gioco mette a disposizione parecchio materiale Print & Play -più o meno ufficiale- e che esistono alcune espansioni (anch’esse non proprio a buon mercato).
Il fatto però che abbiamo deciso di parlarne nonostante questo e altri piccoli problemi (il manuale non è uno proprio un capolavoro di chiarezza) dovrebbe essere la migliore prova che il gameplay ci ha davvero colpito.
La meccanica di base è vicina a quella di Combat Commander della GMT (riportiamo nuovamente il link all’articolo di approfondimento): esagoni e pedine gestiscono terreno e unità come nei wargame più classici delegando per intero le dinamiche di gioco ad un motore totalmente card driven. In realtà il paragone fra i due giochi non può essere spinto molto oltre visto che in Combat Commander le peculiarità dei diversi eserciti sono delegate principalmente al mazzo di gioco (ogni esercito principale ha un proprio mazzo) mentre in ’65 tutte le peculiarità sono “scaricate” sulle pedine delle unità, di cui vi parleremo fra poco.
E’ infatti una precisa volontà di ’65 quella di mantenere i due differenti mazzi di gioco accessibili ad entrambe le parti in conflitto nonostante che il Vietnam sia il luogo dove l’esercito americano ha tristemente scoperto le insidie della cosiddetta guerra asimmetrica. In quel conflitto, le forze contrapposte differivano in tutto: numerosità, armi, tattiche, strategie e, ultima ma non ultimo, valutazione delle perdite.
All’inizio della partita, una volta scelto lo scenario, i giocatori pescano una carta dal mazzo degli “obiettivi secondari”. Questa fornisce loro una via alternativa per ottenere punti vittoria. Dovendo adattarsi a tutti gli scenari questo obiettivi secondari sono per forza di cose estremamente generici: “elimina almeno una pedina avversaria in corpo a corpo” e così via. Nonostante questo, alcune (vedi foto) mal si adattano ad entrambe le fazioni.
Il grosso delle carte fornite dal gioco è però riferito al mazzo delle “carte azione”. Sono tradizionali carte multifunzione dove possiamo trovare 2 possibili azioni/reazioni ed anche 2 box che forniranno quanto necessario per gestire gli scontri che prevedono regole diverse in base al target (fanteria o mezzi).
Il setup è quello tipico dei wargames: lo scenario prefissato ci spiega quali forze e quali obiettivi hanno i giocatori. Anche il numero di turni è prefissato ma in realtà la durata dello scenario è variabile ed è il primo elemento con cui interagiscono le carte: ogni singolo round “dura” un numero variabile di “fasi”.
La dinamica che si innesca è quindi davvero molto particolare: l’avvicinarsi della fine del turno non é solo legata al numero di fasi giocate ma anche all’intensità delle stesse. Infatti, ad ogni fase, i giocatori reintegrano la mano (4) di carte azione (generalmente ne vengono pescate 1 o 2). A queste si aggiungono le carte utilizzate per gestire i combattimenti (ogni scontro a fuoco di fanteria richiede di pescarne da 1 a 4).
Ogni giocatore in una fase può giocare anche una sola carta (esempio “move”), ma al contempo potrebbe giocarne addirittura 4-5: movimento, fuoco di reazione, gestione del conflitto a fuoco. Una fase richiede quindi da 2 a 10 carte e se fra queste ne viene pescata una “end turn”, bisogna sempre controllare che non si sia raggiunto il numero di carte di questo tipo previsto dallo scenario per chiudere il turno.
Quello che più conta è però che le carte “girano” bene e regalano al gioco la giusta imprevedibilità: si alternano “movimenti” e “fuoco”, sempre nella giusta quantità, soltanto poche volte non avrete queste carte “base” fra le mani, giusto quanto basta per creare il colpo di scena al momento opportuno.
Le unità hanno 3 livelli prima di essere eliminate:
- Piena forza,
- Scosse,
- Ridotte (retro dell’unità) e scosse.
Il recupero da un livello all’altro è sempre possibile ma mai semplice: anche in questo caso succede la quantità di volte giusta per riuscire a creare qualche colpo di scena inatteso.
Bisogna sottolineare che il gioco non è complesso: il funzionamento delle unità e delle armi, semplice ed intuitivo, risulta molto “tradizionale”: valori di movimento, range/forza delle armi, “linea di vista” e “leaders” aggiungono davvero molto poco a quello che avete già visto nei giochi “squad level” moderni.
Come già accennato, il gioco concentra difficoltà e peculiarità soprattutto nelle icone di cui sono dotate gran parte delle unità. Queste appartengono a due tipologie: “skills” e “powers”. Le due tipologie non differiscono gran che ma le seconde ci sono sembrate più forti anche se possono essere abilitate soltanto da una specifica dicitura che troviamo sulle carte.
Entrambe le tipologie mettono in luce le peculiarità dei due eserciti e dei loro leaders: abilità di infiltrazione, cecchini, corpo a corpo, uso di cariche esplosive, armi automatiche etc. Ognuna di queste caratteristiche si trasforma in un’icona che fa riferimento ad una piccola regola da assimilare, che vi permetterà di rendere davvero diversa ogni singola unità sulla mappa.
Non è però tutto oro quel che luccica: prendete, ad esempio, l’azione “artiglieria”, che ha un effetto perfettamente simmetrico ben poco realistico: già allora l’artiglieria era uno dei punti di forza dell’esercito americano da almeno un paio di guerre.
Però il gioco “gira” alternando momenti di compiacimento per aver usato al momento opportuno le abilità delle vostra unità alle… depressioni cosmiche per non aver avuto al momento giusto la carta giusta.
Se amate gli scontri tattici, se anche a voi piacerebbe per una volta essere un po’ protagonisti di film come Platoon e Apocalipse Now, e non avete troppe pretese in termini di qualità della simulazione, date un occhio a questo gioco e alle sue espansioni (compresa quella per il gioco totalmente in solitario: “Alone in the jungle”). “Gooood Morning Vietnam!”
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