SINTESI
Pro: Oh my goods costa poco e diverte tanto. Per essere un card game ha una profondità di gioco ragguardevole in gradi di sfidare anche palati fini. Tempi di gioco contenuti e regole facilmente assimilabili.
Contro: La polifunzionalità delle carte tiene lontani i più piccoli. Nonostante le apparenze, è dedicato ad un pubblico adulto. La modellazione del tema economico è piuttosto sentita. “Produco, Vendo guadagno e reinvesto”. Per chi ritiene tutto questo troppo arido, è indispensabile l’acquisto dell’espansione che fornisce molta più tematicità al gioco.
Consigliato a: Superate le piccole barriere iniziali, il gioco è davvero godibile, esclusi i più giovani.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
Idoneità al solitario:
assente (buona con esp)
Incidenza della fortuna:
bassa
Idoneità ai Neofiti:
discreta
Autore:
Alexander Pfister
Grafica ed illustrazioni:
Klemens Franz
Anno:
2015
Puoi acquistare Oh My Goods su www.getyourfun.it |
Oh my goods! (Oh le mie merci!) è un gioco “economico”, secondo ogni significato che questo aggettivo assume:
- il tema trattato (compro materie prime, trasformo e vendo prodotti e infine investo in nuove produzioni) è il tema principe di tutti i giochi economici (la categoria “economic” su BoardGameGeek, per intenderci);
- costa pochissimo: meno di 10€, anche se il costo aggiuntivo dell’imbustamento delle carte è pressoché inevitabile;
- la polifunzionalità del mazzo di carte è un esempio accademico di “efficacia” ed efficienza”, concetti così cari e familiari agli studenti di materie economiche.
Il dorso delle carte viene utilizzato per rappresentare le “merci prodotte”. Si evita, così, di aggiungere alla confezione eventuali “segnalini” e si aumenta perfino la rigiocabilità: le carte, se rimangono inutilizzate perché “stivate come merci”, non entrano nel rapidissimo turnover del mazzo (rimescolato diverse volte durante la partita).
Il fronte delle carte mostra invece due funzioni diverse.
L’edificio raffigurato rappresenta uno dei tanti tipi di impianto di produzione previsti dal gioco (dal forno alla vetreria, dal mulino alla fornace). Nella parte superiore della carta troviamo il costo di acquisto e un valore in punti vittoria che si utilizzerà per il conteggio di fine partita. La parte inferiore è, invece, dedicata alla produzione. Propone una simbologia strutturata (purtroppo un po’ complessa per piacere ai più piccoli): sulla sinistra si vedono le materie prime necessarie per produzione e, a destra, quelle che permettono di innescare una “catena di produzione” (spiegheremo meglio in seguito questo meccanismo perché è molto importante). Al centro, sempre nella parte bassa della carta, troviamo la merce prodotta (sotto forma di icona) e il valore in “monete” della stessa.
Ogni carta, come si diceva, può rappresentare una “materia prima” quando si utilizza il suo dorso. Le varie materie, distribuite quasi in modo uniforme, sono facilmente riconoscibili con una semplice occhiata al colore dominante della carta stessa: giallo (grano), azzurro (cotone), rosso (argilla), nero (carbone) e, in numero leggermente superiore alle altre, verde (legno). Nell’apposito spazio al centro della carta, sul lato sinistro, troviamo l’immancabile icona di supporto e, in alcuni casi, anche la raffigurazione di un piccolo sole che sorge: questo dettaglio avrà un ruolo primario nella gestione del “mercato”, operazione che costituisce la base di Oh My Goods!.
Queste carte polifunzionali, già sperimentate dall’autore Alexander Pfister nel suo precedente Handler der Karibik (o, se preferite, Port Royal) rappresentano la quasi totalità delle carte fornite dal gioco ma nella confezione (compatta a tal punto da non permettere di conservare le carte imbustate al suo interno) troviamo anche:
4 carte “edificio” di colore blu, che rappresentano la fabbrica di partenza di ciascun giocatore. Tutte producono “carbone”, il cui valore economico è pari a “una moneta”, cioè il prodotto finito meno pregiato dell’intero gioco. Queste carte si distinguono perché ciascuna di esse richiede una risorsa “legno” (la più comune) ed altre 2 risorse dello stesso tipo, che variano di carta in carta (due argille, due cotone, ecc.).
4 carte “lavoratore”, ovvero sia… “noi”, gli imprenditori pronti a far decollare il piccolo impero economico.
8 carte “aiutanti” (stampati fronte/retro) che potremmo assumere strada facendo. Ognuno di essi mostra un costo di acquisto (in monete), un valore in punti vittoria (per il conteggio di fine partita) e un prerequisito (in edifici costruiti) da soddisfare per poterli effettivamente assumere. Questi prerequisiti rappresentano dunque la base minima per ingrandire la propria attività economica prima di assumere altro personale.
Completa la dotazione il regolamento adeguatamente illustrato e di dimensioni altrettanto contenute.
Sembrerebbe il trionfo della funzionalità, ma anche in Oh My Goods! si nasconde qualche insidia. A breve distanza dalla sua prima pubblicazione (avvenuta nell’autunno del 2015 con il nome di ROYAL GOODS) i diritti del gioco sono passati alla Lookout Spiele che, pur senza variare il contenuto del gioco, ha rivisto il regolamento con un evidente guadagno in giocabilità e profondità di gioco. Le traduzioni nelle diverse lingue, avvenute in momenti diversi, hanno poi fatto il resto: inevitabile che si sia creata un po’ di confusione. Questa recensione fa riferimento al regolamento italiano che, nel momento in cui scriviamo, è aggiornato all’ultima versione approvata dall’autore.
Il gioco
Allestite l’area centrale del tavolo, condivisa tra tutti i giocatori, mescolando le carte del mazzo e sistemando un congruo numero di aiutanti (2 per ogni partecipante) in un posto facilmente raggiungibile.
Ogni giocatore prende una carta lavoratore e una fabbrica di carbone sulla quale posa 7 carte coperte (che rappresentano lo stock iniziale di “merci” già pronte); dopodiché riceve dal mazzo una mano di 5 carte. Conti alla mano, ogni giocatore inizia quindi la partita con 7 “monete”.
All’inizio di ogni turno vengono distribuite 2 nuove carte a ciascun giocatore. Prima di prenderle, ognuno può però decidere se sostituire la propria mano con un egual numero di nuove carte. Insomma, o tutte o nessuna: intrigante espediente che garantisce ai giocatori una chance per poter uscire dall’impasse di mani di carte poco gradite e, al tempo stesso, di evitare deprecabili dinamiche che potrebbero essere definite “pesca la combo”. E questa è la prima delle regole modificate nella versione finale del gioco.
Prima che inizi la giornata lavorativa (turno di gioco), è necessario stabilire le materie prime che saranno a disposizione di **TUTTI I GIOCATORI** per la produzione allo spuntare dei primi raggi di luce. Vengono così pescate carte dal mazzo, finché non ne compaiono due che mostrano la piccola icona del “sole”: quindi potrebbero uscire anche solo due carte, cosa da tenere ben presente.
A questo punto, in base alle carte:
- uscite sul tavolo e a disposizione di tutti,
- presenti nella propria mano,
i giocatori decidono quale fabbrica usare per la produzione e posizionano semplicemente la carta lavoratore davanti all’edificio che intendono utilizzare (all’inizio la scelta cadrà per forza sull’unica fabbrica di carbone posseduta).
È molto importante scegliere con cura il “verso” in cui girare la propria carta lavoratore: infatti, in base a come la si colloca, si comunica agli altri giocatori se si è deciso di produrre in modalità:
“completa“: che permetterà di produrre 2 beni dello stesso tipo, ma per farlo sarà necessario soddisfare l’intero ammontare di materie prime richieste per la produzione;
“disordinata“: si produrrà un bene solo, ma potremo farlo usando UNA materia prima in meno, a scelta, tra quelle necessarie.
Dopo aver deciso “cosa” e “come” produrre, ogni giocatore potrà giocare dalla propria mano una carta coperta davanti a sé: si tratta dell’edificio che si intende costruire a fine turno, dopo la produzione. In realtà, i giocatori potrebbero anche decidere di assumere un aiutante (azione alternativa alla costruzione di un nuovo edificio), ma per non scoprire le proprie intenzioni, durante questa fase giocheranno comunque una carta coperta.
I giocatori “programmano la giornata” (fanno le azioni sopra descritte) in modalità “we go”, limitando così tempi morti ed i rischi da paralisi da analisi. Sì, “paralisi da analisi”: non sottovalutate “Oh My Goods!”, giudicandolo solo dalla componentistica davvero minimale! Le scelte vanno ben ponderate e risultano impegnative perfino per i grognard.
Atteggiamenti troppo aggressivi possono portare al fallimento della produzione/costruzione: spesso infatti non ci sarà abbastanza tempo per rimediare a questi errori perché la partita dura soltanto una dozzina di turni e termina quando almeno un giocatore ha costruito 8 edifici (più un ulteriore turno bonus conclusivo).
Atteggiamenti troppo prudenti, invece, saranno puniti dal conteggio finale dei punti vittoria: come ogni imprenditore che si rispetti, dovrete osare qualcosa per poter sbaragliare la concorrenza.
Così diventa importante diversificare la richiesta di materie prime: se la carta iniziale richiede, ad esempio, un legno e due argille, bisognerà costruire quanto prima un edificio che richieda materie prime diverse come -sempre a titolo di esempio- gialle (grano) e nere (ferro).
In questo modo, qualunque sia il volere della dea bendata, avremo maggiori probabilità che almeno un edificio possa sfruttare le materie prime “offerte dal mercato” la mattina, indirizzando così le scelte di produzione a ragion veduta.
Ultimo ma non ultimo (vedremo in seguito qualche “combo” generata da alcuni edifici), le carte aiutante, per essere acquistate, richiedono di soddisfare precisi prerequisiti ovvero occorre aver costruito un certo numero di edifici dai colori ben determinati. Alcuni ne richiedono solo 2, altri 4 o più: i primi garantiscono pochi punti vittoria ma, se acquisiti all’inizio della partita, possono aiutarci a produrre (molto) di più; i secondi danno più punti vittoria, ma vanno programmati per tempo. Conti alla mano, di questi ultimi ne potrete acquisire uno a partita: sceglietelo con cura e fate attenzione agli edifici già costruiti dagli altri, o rischierete che qualche altro giocatore ve lo soffi da sotto il naso.
A queste considerazioni strategiche bisogna aggiungere le contingenze tattiche: gli edifici hanno costi molto diversi fra loro, con un valore in punti vittoria sempre proporzionale all’investimento. Così le nostre disponibilità economiche vere e presunte (quelle che si spera di guadagnare nella futura fase di produzione) incidono non poco sulla scelta della carta che cercheremo di costruire.
Dopo che tutti i giocatori hanno terminato la propria fase di programmazione, ecco che… cala la sera: dal mazzo comune viene di nuovo pescato e messo in tavola un numero variabile di materie prime, utilizzando lo stesso meccanismo dell’alba, ovvero estraendo carte finché non vengono scoperti altri due “mezzi” soli.
Alla fine, a disposizione di tutti i giocatori si possono quindi trovare da un minimo di 4 carte fino a un massimo -citiamo qui la media delle nostre partite- di 13 o 14 materie prime.
Terminata questa fase, dal tavolo si leveranno maledizioni alla dea bendata, oppure sorrisetti di autocompiacimento. Come direbbe De Gregori, “non è da un calcio di rigore che si giudica un calciatore” e non è azzeccando le carte che usciranno nella fase del tramonto che si vince la partita. Seppur presente, questo aspetto è sempre risultato infatti poco influente nell’economia globale della partita.
Determinante è, invece, la produzione di nuove merci e la successiva fase di costruzione che deve essere eseguita assolutamente in ordine di turno, perché esso diventa molto importante nel momento in cui si innesca una “corsa ad accaparrarsi” uno degli aiutanti: in conclusione, chi primo arriva meglio alloggia.
A questo punto, e a turno, ogni giocatore attivo deve verificare se la “giornata” ha messo a sua disposizione nel mercato la quantità di materie prime necessarie a completare la produzione dell’edificio prescelto mediante il lavoratore. Se ne manca qualcuna, il giocatore può integrare a piacimento la produzione con carte del giusto “seme” che deve avere già in mano. Se nemmeno così riesce a fare la produzione… avrà perso il turno.
Chi aveva optato per la produzione ordinata dovrà garantire tutte le risorse, mentre per la produzione disordinata il giocatore deve scegliere in questo momento quale risorsa “omettere”. Importante: le carte del mercato valgono per tutti e non devono essere prelevate fisicamente per eseguire la produzione
Se la produzione scelta ha avuto successo (non importa se “ordinata” o “disordinata”), il giocatore potrà attivare la “catena produttiva” di quella stessa carta, producendo una risorsa aggiuntiva per ogni carta del tipo richiesto da prendere dalla propria mano oppure dagli stock presenti in altri edifici.
Ad esempio, uno dei 4 edifici di partenza richiede 2 materie prime “rosse” e 1 “verde”. Il giocatore aveva deciso di produrre disordinatamente e alla fine riesce a sfruttare dal mercato una risorsa “verde” e una “rossa”. La produzione ha quindi avuto successo: se avesse giocato produzione accurata, a questo punto avrebbe dovuto integrare –se possibile- calando una carta “rossa” dalla propria mano.
La produzione disordinata garantisce una nuova merce, così il giocatore prende una carta dal mazzo comune e la mette nello stock di merci prodotte da quell’edificio. Dopodiché decide di attivare la “catena di produzione”, scartando dalla propria mano 3 carte verdi (visto che è proprio il legno la materia prima che attiva la “catena”) che pone direttamente sopra la pila delle merci dell’edificio. In totale ha quindi prodotto 4 merci (per un valore complessivo di 4 monete) ma ha sacrificato 3 preziose carte dalla mano (ricordiamo che se ne pescano solo 2 per turno).

E’ il momento di verificare cosa e se si produce. Manca una risorsa grano ma il giocatore, avendo scelto “produzione disordinata” può produrre senza attingere dalle carte dalla sua mano.
Questo meccanismo, tutto sommato semplice ma articolato, trova le giuste dinamiche grazie al perfetto bilanciamento dei valori di ciascuna carta. Se le merci prodotte dall’edificio base valgono una moneta, quelle degli edifici più pregiati arrivano a valerne ben sette, mentre la maggioranza degli edifici si attesta su valori compresi tra 2 e 4.
Le catene produttive degli edifici più redditizi sono molto difficili da realizzare, perché spesso richiedono non solo “materie prime” dalla mano del giocatore, ma anche altre merci prodotte da edifici di minor valore. Ad esempio, per fare “insaccati” e guadagnare un sacco di soldi per ogni produzione, è necessario aver prodotto della “carne” nei turni precedenti.
È venuto dunque il momento di parlare delle “combo”, così invise ai giocatori quando si parla di eurogames. In Oh My Goods! esse sono abbastanza occasionali e, considerando il numero limitato di turni, è davvero difficile sfruttarle per lunghi periodi. Insomma, non sono in grado di incidere in modo smaccatamente determinante sul punteggio finale e sembrano più un esercizio di stile della bravura del giocatore, piuttosto che una valida strategia per vincere le partite.
Bottom line
La forza di Oh My Goods! è tutta qui: riesce a ridurre gli eccessi della dea bendata a fatti puramente occasionali e quasi sempre marginali, che costringono il giocatore a “cogliere l’attimo se si presenta l’occasione”, ma rimanendo sempre e comunque concentrati sulla gestione dell’ordinario.
Ai più esperti non sarà sfuggito il fatto che, durante il primo turno di gioco, ognuno produce la stessa risorsa, ma usando una materia prima comune e altre due materie diverse. D’accordo che la meccanica fortemente “press your luck” non può essere immune alle bizze della fortuna, ma la differenziazione delle fabbriche iniziali qualche dubbio lo lascia.
I turni di gioco sono pochi e la dinamica tende a garantire una sempre maggiore gamma di opzioni e miglioramenti della produzione: andare a incidere sulla “base” (la prima carta posseduta) della crescita esponenziale lascia ai giocatori più esperti un vago senso di disagio.
Onestamente, questa caratteristica è più evidente dal punto di vista del game design piuttosto che del gameplay: soltanto in rarissimi casi qualcuno dei partecipanti ai nostri tavoli ha -giustamente o ingiustamente- incolpato questa peculiarità della propria falsa partenza e della conseguente e inevitabile sconfitta finale.
Sarebbe però ingiusto terminare la recensione di questo bel gioco sottolineando questa caratteristica. Lasciateci allora concludere con un meritato complimento: grazie a una perfetta ottimizzazione, Oh My Goods! “spreme” le potenzialità del mazzo composto da sole 110 carte, dando vita a un gioco “facile da imparare, difficile da padroneggiare” e in grado di soddisfare -come filler- anche i giocatori più esperti.
Longsdale in Rivolta (espansione narrativa) –
Più che una rivolta… una rivoluzione!
Sull’onda del successo di Oh My Goods!, il prolifico Pfister ha pensato bene di sviluppare una serie di espansioni. Qui trattiamo la prima: Longsdale in Rivolta. Non aspettatevi un semplice mazzetto di nuovi edifici aggiuntivi che vanno ad ampliare (e magari “rammendare”…) l’offerta di base: questo è uno di quei rari casi in cui il gioco viene davvero stravolto e, a nostro avviso, migliorato sensibilmente dalla nuova integrazione.
All’interno della scatola di Longsdale in Rivolta troviamo:
- 34 nuove carte edificio (d’accordo, ci sono anche quelle e, come vedremo, vanno a integrarsi perfettamente con quelle già esistenti);
- 4 carte personaggio (si aggiungono agli edifici, ma possono essere attivate solo nella fase giusta, se richieste dagli eventi e se pescate dai giocatori);
- 19 carte evento, di cui parleremo in dettaglio successivamente;
- 14 carte capitolo, che creano la storia di contorno alle nostre partite;
- 8 carte set-up (si abbinano ai diversi capitoli);
- 6 carte da 5 risorse (per evitare di sprecare grossi quantitativi di edifici, tenendoli inutilmente bloccati nei magazzini dei giocatori, tant’è che diversi utenti in rete suggerivano di aggiungere dei meeple fatti in casa per ovviare a questo problema).
Qualità (imbustate tutto assolutamente!) e illustrazioni (la firma è sempre di Klemens Franz) sono le medesime del gioco base, quindi si integrano alla perfezione.
A differenza del gioco base, a inizio partita i giocatori devono scegliere quale capitolo giocare (è possibile giocarli tutti in sequenza, strutturando una vera e propria campagna, oppure giocare il capitolo “All Inclusive!”, che permette di provare le novità senza seguire una vera e propria storia) e, in base a questo, dovranno recuperare la carta set-up ad esso abbinata: questa introdurrà alcune regole da seguire per l’intera durata dello scenario (ad esempio: gira una nuova carta evento all’inizio di ogni turno, oppure la partita termina in un determinato turno), fornirà indicazioni sulla composizione del mazzo delle carte evento (che hanno dei numeri che le identificano univocamente) e suggerirà quale capitolo leggere all’inizio per creare la giusta ambientazione.
Bisognerà quindi tenere in disparte queste carte evento (creando di volta in volta il giusto mazzo), i nuovi edifici e i personaggi, che non entreranno subito in gioco, ma verranno aggiunti a seconda degli eventi rivelati (d’altra parte, costruire fortificazioni in un capitolo in cui la forza non serve sarebbe del tutto inutile).

Alcuni dei nuovi edifici aggiunti dall’espansione tra cui le tre diverse tipologie di fortificazione, che aggiungono il parametro “forza” (le icone “pugno” nel lato sinistro); e due edifici che si attivano ad ogni turno, senza bisogno di manodopera (l’icona barrata del lavoratore).
Queste carte, che sono la principale novità dell’espansione, hanno molteplici effetti:
- impongono confronti di forza o di risorse tra i giocatori a fine turno, premiando i più forti o i più svantaggiati;
- rendono disponibili risorse aggiuntive, talvolta rinunciando alla pesca delle carte a inizio turno;
- aggiungono una terza fase “push your luck” alle due già esistenti del mercato; oppure accorciano la durata della seconda fase, che talvolta si può chiudere alla comparsa del primo spicchio di sole;
- consentono di sfruttare le proprie catene produttive anche quando non ci sono i lavoratori che lo consentono;
- inseriscono nuovi edifici e personaggi nel mazzo principale;
- garantiscono punti vittoria extra a fine partita, se vengono soddisfatte determinate condizioni (ad esempio: produrre almeno 3 capi di bestiame oppure 3 barre di acciaio, ecc.).
- Il resto del gioco rimane pressoché immutato, con l’aggiunta di alcune clausole:
- a fine turno si può sia costruire l’edificio che reclutare l’aiutante (se possibile);
- gli aiutanti non si possono spostare dalla fabbrica a cui vengono assegnati, a meno che la carta evento per quel turno non lo consenta espressamente;
se nelle due fasi di mercato vengono scoperte delle carte personaggio (che possono essere aggiunte solo se richieste da un apposito evento), queste devono essere scartate immediatamente.
In termini di flusso di gioco, cambia davvero poco: qualcosa in fase di set-up (bisogna preparare un mazzo in più), il tempo di risolvere e applicare gli eventi in ogni turno e qualche valutazione in più sia per la costruzione degli edifici che per le condizioni di fine partita. Non cambia quindi la scorrevolezza -peraltro già ottima- del gioco base, e anche la durata delle partite si allunga in modo davvero molto contenuto, mentre la complessità e la variabilità delle singole partite aumentano sensibilmente.
Fuga a Canyon Brook (la seconda espansione narrativa) –
La storia continua …
Sull’onda del successo del nuovo impianto di gioco, è stata prodotta una nuova espansione che, per essere giocata, necessita anche di:
- Tutte le carte del gioco Base “Oh my goods“;
- Alcune carte dell’espansione “Longsdale in Rivolta” (7 carte Edificio e 3 carte Personaggio).
La nuova espansione mantiene intatto l’impianto del gioco introdotto da “Longsdale in Rivolta”, ed anche il contenuto è molto simile:
- 2 carte Fine Partita;
- 26 carte Evento;
- 18 carte Capitolo;
- 6 carte Edificio;
- 1 carta Personaggio;
- 13 carte Assistente.
Le carte Capitolo introducono i capitoli dal VI al X, proprio a sottolineare che viene ripresa la storia raccontata nella prima espansione.
L’unica vera novità introdotta sono le regole inerenti gli assistenti. In aggiunta a quelle della prima espansione, ora non
è più obbligatorio assegnare immediatamente a un Edificio un Assistente appena assunto. Quelli ancora disponibili possono essere assegnati a un Edificio solamente alla fine di un round (dopo la Produzione).
Le nuove prove sembrano essere particolarmente impegnative, come è giusto che sia per un’espansione dedicata ai veterani di questo sistema di gioco.
La vera questione è: queste espansioni rispondono agli interrogativi suscitati da Oh My Goods? La risposta, molto semplicemente, è “sì”; ma possiamo vedere insieme ed in dettaglio tutti i quesiti a cui risponde.
Il numero prestabilito di edifici come trigger per la chiusura della partita innescava una corsa alle fabbriche più economiche?
Bene, adesso ogni turno ha vincoli e condizioni diverse e, inoltre, la partita finisce quando esce la carta che attiva l’ultimo turno, perciò è meglio fare le cose per bene, senza avere troppa fretta.
Il numero delle carte edificio è sproporzionato rispetto alle risorse che si accumulano e ai rimescolamenti che richiedono?
Nessun problema, visto che adesso abbiamo ancora più edifici e, soprattutto, ci sono le apposite carte che rimpiazzano in blocco ben 5 risorse (e vi consigliamo di obbligare tutti i giocatori a sostituire appena possibile gli edifici-risorsa singola con queste). Questa novità fa anche sì che gli edifici tornino in circolo più rapidamente e impedisce che quelli più rari per puro caso possano scomparire dalla circolazione.
L’ambientazione risulta posticcia e per nulla coinvolgente?
Ok, adesso è cresciuta esponenzialmente, con un sistema che ricorda quasi un “motore legacy” (ma all’acqua di rose), con vere e proprie missioni da compiere e imprevisti da affrontare: una volta è la carestia che affligge la nostra città, un’altra volta i ribelli che insidiano le città vicine e altre volte ancora bisognerà costruire cattedrali, organizzare feste paesane, ecc.
In così pochi turni il numero dei lavoratori è sproporzionato rispetto alle produzioni che si potrebbero eseguire?
D’accordo, e allora aggiungiamo una serie di edifici che si attivano da soli senza lavoratori e senza alea, così si possono elaborare motori produttivi più complessi e meno dispendiosi.
Alcune catene hanno poco senso (ad esempio, produrre mattoni non serviva a nulla)?
Non preoccupatevi, era tutto calcolato (e sorge il dubbio che l’espansione fosse parte integrante del gioco in origine): adesso ci sono diversi nuovi edifici che utilizzano proprio queste risorse apparentemente inutili.

Ed ecco che, come per magia, finalmente le nostre catene acquisiscono un nuovo significato e un nuovo valore – A DESTRA la carta che aggrega 5 merci
C’è troppa poca interazione per un gioco di carte?
L’inserimento degli eventi e dei capitoli ha introdotto diversi nuovi elementi da valutare e uno di questi è proprio la forza, che può essere incrementata costruendo delle apposite fortificazioni. Stiamo ancora parlando di interazione puramente indiretta (ad esempio, non ci si può attaccare tra giocatori), ma da un gioco di stampo tedesco non si può certo chiedere di più.
Chi spreca le produzioni nei primi turni di gioco compromette il prosieguo della sua partita?
Gli eventi sono stati pensati anche per questo e, così, in alcune circostanze i giocatori più svantaggiati e arretrati verranno aiutati dal gioco stesso, impedendo loro di “staccarsi” dal gruppo e migliorando il bilanciamento generale.
E chi è sempre da solo come può divertirsi con questo gioco?
C’è una riposta anche per te, amico… “asociale” (si scherza naturalmente!), perché adesso è prevista una nuova modalità in solitario, che tra l’altro gira anche parecchio bene, grazie alle quest da compiere e ai requisiti da soddisfare, che movimentano il flusso di gioco e motivano a dovere il giocatore lasciato a se stesso.
In conclusione, gli acquisti delle espansioni sono evitabili, facoltativi’o oppure obbligatori?
- Longsdale in Rivolta: considerati i molteplici aspetti positivi, a nostro avviso è tassativo acquistarla!
- Fuga a Canyon Brook: le novità di meccaniche e dinamiche sono poche ma la cifra narrativa raddoppia. Se vi è piaciuta Longsdale in rivolta anche questa è fortemente consigliata.
Si ringrazia Asmodee Italia per aver reso disponibile una copia di valutazione di gioco e delle espansioni.
Puoi acquistare Oh My Goods su www.getyourfun.it |
Ti interessa qualche altro gioco? Forse lo abbiamo già recensito…
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