SINTESI
Pro: Un gioco dalle regole semplici e ben strutturate. Tutte le azioni hanno una loro logica ed i giocatori si trovano a dover fare delle scelte ben chiare ad ogni turno.
Contro: La grafica è davvero… di altri tempi: chiara, essenziale ma poco invitante.
Consigliato a: Giocatori occasionali, assidui o esperti: le scelte da fare sono sempre molto importanti per le diverse sfaccettature del gioco e lo rendono quindi poco adatto a partite in famiglia o con i ragazzini.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
Idoneità al solitario:
assente
Incidenza della fortuna:
bassa
Idoneità ai Neofiti:
bassa
Autore:
Peer Sylvester
Grafica ed illustrazioni:
Deirdre de Barra
Anno:
2021
Introduzione
Peer Sylvester è un autore che ha al suo attivo una quarantina di giochi pubblicati, fra i quali possiamo ricordare titoli come The King is Dead, Wir Sind Das Volk, Village Green, The Lost Expedition e, appunto questo Brian Boru: High King of Ireland, di cui avevamo sentito parlare “bene” più volte (soprattutto sulle riviste straniere) ma sul quale non eravamo riusciti mai a mettere le mani… fino a PLAY 2023, quando ne abbiamo intravista una copia in cima allo scaffale di uno dei tanti commercianti della fiera, ed è così che è finito nella nostra collezione e sul nostro tavolo da gioco. Brian Boru: High King of Ireland è stato studiato per 3-5 giocatori (di 14 anni o più) e per una durata media che può andare da 60 minuti (in tre) a 90 (in quattro o cinque).

Foto 1 – Il tabellone di Brian Boru: si vedono le diverse “contee” in cui era divisa l’isola quando iniziò l’ascesa del “Re Supremo” (High King) di Irlanda.
L’ambientazione è quella dell’Irlanda dell’undicesimo secolo dopo Cristo: già a partire dal 400 DC l’isola si era convertita al “cattolicesimo” ed era diventata uno dei centri “culturali” dell’Europa Medievale. A partire dall’840 iniziarono ad arrivare sulle coste irlandesi delle tribù vichinghe che da lì partivano per veloci incursioni nell’interno in cerca di bottino: essi furono seguiti anche dai “Norreni” (norvegesi) e per almeno un secolo la situazione rimase piuttosto confusa, ma poi Norreni e Irlandesi iniziarono a formare un nuovo gruppo etnico. Fu a questo punto che i nobili irlandesi ripresero il sopravvento, e fra questi ci fu proprio Brian Boru che riuscì a portare dalla sua parte la maggioranza delle tribù assumendo il titolo di “Arg Righ” (Re Supremo) prima di sconfiggere i vichinghi nella famosa battaglia di Clontarf (23 aprile 1014), riprendendo così il controllo dell’Irlanda fino all’arrivo dei Normanni.
Unboxing
La scatola di Brian Boru: High King of Ireland è quadrata ma piuttosto sottile ed al suo interno troviamo una “dotazione” abbastanza spartana: – un tabellone con la mappa dell’Irlanda divisa in 8 contee (vedere Foto 1). Ognuna di esse contiene un certo numero di città caratterizzate da un colore: rosso (associato alle Battaglie), blu (associato alla Chiesa) e giallo (associato a Diplomazia e Politica); – 125 dischetti di legno in cinque colori (25 per giocatore); – 60 monete (valore 1 e 5); – 8 grandi tessere “Contea”; – gettoni e tessere varie (che vedremo in dettaglio nel corso della descrizione). Ci sono poi 46 carte di grandi dimensioni (70×120 mm) divise in vari tipi. Infine troviamo due copie a colori del regolamento (una in inglese e l’altra in tedesco) con pagine ben areate e piene di immagini ed esempi. Insomma, tutto ci ricorda lo stile “Sylvester” che abbiamo già visto in altri giochi (per esempio in Wir Sind das Volk, già recensito qualche tempo fa).
Chi non ha piena dimestichezza con le due lingue del regolamento potrà forse trovare utile le tabelle (tutte in italiano) con la sequenza di gioco dettagliata e le azioni collegate alle icone: guardate al termine di questa recensione. I materiali sono di buona fattura, a parte le carte che ci sembrano un po’ leggerine e che andrebbero protette con bustine trasparenti. La grafica è un po’ “retrò”, a dire tutta la verità, e per un gioco dei nostri tempi ci si poteva aspettare qualcosa di meglio: tuttavia l’artista ha voluto riprodurre immagini simili a quelle degli arazzi dell’epoca e quindi il risultato finale non è poi così malvagio. E ricordiamoci anche che Osprey è leader al mondo nella stampa di libri a sfondo storico e militare, con meravigliose illustrazioni di divise, battaglie, ecc., quindi se avesse voluto avrebbe sicuramente potuto fare qualcosa di eccezionale: alla luce di queste informazioni la scelta grafica è dunque da rispettare.
Preparazione (Set-Up)
Brian Boru: High King of Ireland è uno di quei titoli che si può giocare indifferentemente in 3-4-5 senza che ci siano particolari problemi di bilanciamento fra le fazioni.
Prima di iniziare una partita bisogna mescolare le carte “Azione (rosse, blu, gialle e “bianche”: queste ultime sono chiamate “carte reali” e funzionano come jolly) e darne 8-6-5 a tutti in base al numero dei partecipanti (3-4-5). Si mescolano poi le 7 carte “Invasione Vichinga” e si mettono (coperte) accanto alla relativa casella sul tabellone. Poi si prepara il mazzo dei “matrimoni” lasciando le carte coperte. In un angolo del tabellone vanno piazzate le 8 tessere “Contea”, mettendole a faccia in giù a significare che non sono state ancora “influenzate” da nessuno. I giocatori scelgono un colore e ricevono i relativi 25 dischetti, oltre ad un gettone “Fama” (Renown), 3 monete ed una carta “sommario”.
Si sorteggia l’ordine del turno e, uno dopo l’altro, i giocatori mettono un gettone in tavola su una Contea a loro scelta, evitando di averne due nella stessa.
Il Gioco
Prima di continuare diamo un’occhiata veloce alle carte “Azione”, visto che esse sono il cuore di Brian Boru: High King of Ireland: come vedete dalla foto qui sotto esse ci danno le seguenti informazioni:
(a) il fondo colorato indica il tipo di “influenza” della carta: rosso (militare), giallo (diplomatico), blu (Chiesa) e bianco (Corte Reale). Da notare che ci sono 7 carte per ogni colore escluso il bianco che ne ha solo 4;
(b) in alto c’è un numero (da 1 a 25) diverso per ogni carta (le gialle, per esempio, sono numerate 1-4-7-10-14-17-23): le tre di valore più alto (23-24-25) appartengono ai tre colori base (rosso, blu e giallo), mentre il bianco controlla solo le quattro carte: 13-20-21-22;
(c) accanto al numero c’è un riquadro bianco con il tipo di azione che il giocatore può eseguire se “vince” un’asta (come vedremo fra un attimo).
Il simbolino a sinistra indica che vincendo l’asta si occuperà una città in campo, mentre gli altri indicano benefici o penalità supplementari; (d) invece in basso ci sono due riquadri: il giocatore che NON vince l’asta può scegliere uno dei due ed eseguire l’azione indicata.
Una partita a Brian Boru: High King of Ireland si gioca su 3-5 “rounds” e ogni round ha 7-5-4 turni: il tutto in base al numero dei partecipanti (3-4-5). Per prima cosa si rivela la carta in cima al mazzo dei Vichinghi ed il numero stampato su di essa (per esempio il 13 dell’ultima carta in basso a destra nella foto) indica quanti gettoni “Invasione” devono essere posizionati sulla relativa casella: se i giocatori non riusciranno a neutralizzarli nel round in corso qualche città potrà essere occupata dai vichinghi.
Poi si svela anche la prima carta del mazzetto “Matrimonio” mettendola sull’appropriata casella del tabellone, proprio sopra al relativo tracciato: la carta verrà aggiudicata a chi sarà salito più in alto, e il vincitore beneficerà del bonus stampato su di essa. La terza carta in alto, per esempio, regala 2 Punti Vittoria (PV) e permette di piazzare un dischetto su una città della contea di Leinster.
La carta a sinistra rappresenta la Principessa danese Estrid (che stando alle notizie storiche fu forse sposata al Re di Irlanda), e sarà sempre l’ultima ad essere giocata in ogni partita, fornendo un bonus speciale (che vedremo). A questo punto il Primo Giocatore indica una città sulla mappa e gioca una carta dello stesso colore della città (rosso, blu o giallo) oppure una carta “Reale” (bianca): gli altri partecipanti seguono in senso orario posando a loro volta una carta, ma senza nessun obbligo di rispondere al colore iniziale.
Chi ha giocato la carta di valore più alto nel colore iniziale vince l’asta (chiamiamola così per semplicità) e esegue l’azione indicata sulla parte alta della sua carta (che comprende sempre la posa di una città insieme a qualche bonus o al pagamento di 1-2 monete).

Foto 6 – Dettaglio del tabellone alla fine di una partita: si vedono i gettoni utilizzati per prendere il controllo delle “Contee”, il tracciato del “matrimonio” (a sinistra) e la casella della Chiesa (in alto a destra). In basso resta l’unica Contea non assegnata.
Gli altri giocatori incassano quanto indicato in uno dei due riquadri nella parte bassa della carta da loro utilizzata: e questa è la parte innovativa di questo gioco. A Brian Boru: High King of Ireland è infatti possibile giocare qualsiasi carta in modo da utilizzarne il beneficio, e cioè:
– incassare 2-3 monete;
– combattere i Vichinghi (ogni “ascia” della carta fa prendere un gettone “Invasione”);
– soccorrere la Chiesa (ogni “croce” fa mettere un dischetto nell’apposita casella);
– realizzare un matrimonio di convenienza (ogni lettera sigillata fa salire il marcatore di una casella sul tracciato del matrimonio).
Chi vince “l’asta” decide su quale altra città giocare nel turno successivo e posa una carta di quel colore: si procede in questo modo finché tutti restano con una sola carta in mano. A questo punto si fa una breve sosta per assegnare un po’ di bonus in base ai risultati raggiunti:
(a) – chi ha il segnalino più in alto nel tracciato del matrimonio prende la carta messa in palio in quel round e sfrutta l’azione indicata;
(b) – chi ha il maggior numero di gettoni “Invasione vichinga” riceve un gettone “Fama”, qualche PV e, se restano ancora dei vichinghi nella casella, neutralizza una città del giocatore che ha meno gettoni mettendogli sopra un segnalino di “occupazione”;
(c) – chi ha più dischetti nella casella della Chiesa può costruire un monastero (in pratica mette un anello attorno ad una sua città, raddoppiandone il valore), mentre gli altri giocatori possono avere qualche beneficio in base al numero dei loro dischetti.
Vediamo con un esempio come funziona il punto (c), aiutandoci con la foto qui sopra: il giocatore giallo ha la maggioranza e può costruire un monastero (un anello come quelli che vedete a sinistra attorno ai dischetti verde e azzurro) poi scarta tutti i suoi dischi. Il verde (secondo classificato) riceve 1 PV (scartando un dischetto) e poiché gli restano ancora 4 dischetti può costruire un Monastero a sua volta, scartandoli tutti. Azzurro e Viola mantengono i loro dischetti per il prossimo turno.
Non resta che controllare chi influenza le varie contee: ognuna di esse ha un numero minimo di città che devono essere costruite per poter assegnare la contea (Basato sulla popolazione dell’epoca).
Sfruttando sempre la foto 7 vediamo che, per esempio, la contea di ULAID richiede 3 città e quindi verrà assegnata (perché ce ne sono già 3 coperte): la tessera va al giocatore azzurro che, con i suoi 3 punti (due città e un monastero) supera i 2 del verde. In caso di parità (se per esempio l’azzurro non avesse avuto il monastero) le condizioni per attivare la tessera sarebbero state comunque raggiunte (4 punti) ma la tessera sarebbe stata semplicemente girata a faccia in su e lasciata sul tabellone in attesa di vedere chi, fra verde e azzurro, avrebbe guadagnato il prossimo punto.
Ecco come potrebbe presentarsi la postazione di un giocatore verso la fine di una partita a Brian Boru: High King of Ireland: sulla sinistra c’è la carta “Sommario” con le varie fasi dei rounds ed il conteggio finale; al centro vediamo l’anello rosa (che serve ad indicare sulla mappa la prossima città da mettere all’asta), i gettoni “Fama”, i gettoni “Invasione Vichinga” incassati e i dischetti colorati rimasti; a destra le monete disponibili e le Contee già sotto l’influenza del giocatore verde.
La partita termina nel round in cui viene data in sposa la Principessa di Danimarca. Il giocatore che riceve questa carta deve decidere come usarla: può infatti cederla per 4 PV, oppure usare i gettoni occupazione vichinga come fossero i suoi per ottenere la maggioranza in una o più tessere Contea o, in alternativa, per considerarli come città sotto la sua influenza nell’assegnazione delle Regioni. Vince chi ottiene più Punti Vittoria
Qualche considerazione e suggerimento
Per comprendere meglio quale strategia adottare con Brian Boru: High King of Ireland è bene partire… dalla fine, ovvero da come si fanno i PV. La maggiore “fonte” è data dal controllo delle “Contee” più importanti che, come potete verificare guardando la Foto 9 qui sotto, possono fornire anche 6-7 PV ciascuna: concentrare le proprie forze su 2-3 di esse permetterebbe di portare a casa 12-20 PV, ma bisognerà lasciar da parte altri obiettivi.
Avere un dischetto in ognuna delle 8 contee porta “soltanto” 10 PV, che comunque sono una buona fetta della torta: in questo caso però sarà quasi obbligatorio investire anche sul tracciato del Matrimonio per avere maggiori possibilità di piazzamento in certe regioni. Non trascurate inoltre le carte che assegnano nuove città (purché collegate da una strada ad una già sotto il nostro controllo) dietro pagamento di 5 monete. Questo significa che bisogna dare la precedenza ad insediamenti nelle città di “confine” collegate ad altre su una contea diversa.
Qualche punticino si raggranella anche con i Vichinghi e con la Chiesa, ma si tratta solo di… arrotondamenti: se ne avrete l’occasione bene, altrimenti concentratevi sui vostri obiettivi primari.
La fase di Draft è l’operazione più importante di Brian Boru: High King of Ireland perché è il momento in cui dobbiamo decidere la nostra “strategia”: esaminiamo dunque a fondo la nostra mano, considerando non solo le carte di valore più alto (che possono farci vincere 1-2 città) ma anche quelle con le azioni secondarie (in basso) che ci permetteranno di avanzare sui vari tracciati: l’ideale sarebbe avere un paio di carte “vincenti” (numeri dal 21 al 25) ed altrettante con azioni secondarie importanti per avanzare rapidamente ove necessario.
Se, per esempio, vogliamo conquistare o consolidare una Contea meglio andare verso la “Chiesa” e mettere almeno 5 gettoni in quella casella: in questo modo ci assicureranno, come minimo, 1 monastero per raddoppiare una delle nostre città, ma anche la possibilità, arrivando secondi, di 1 PV. Avere la maggioranza di gettoni “Invasione Vichinga” alla fine di ogni round è… divertente, nel senso che permette di “punire” i giocatori più sprovveduti (neutralizzando una delle loro città) e di ottenere qualche PV extra grazie ai gettoni “Fama”: tuttavia in questo modo non si guadagnano mai abbastanza punti da metterci in gioco per la vittoria finale, e poi ci sono abbastanza carte che permettono di “liberare” una città invasa. In ogni caso è buona norma evitare di essere “ultimi” in questa classifica per non perdere una città.
Fare un buon matrimonio di interesse, come abbiamo già visto, porta in dote quasi sempre una città, oltre a qualche beneficio extra: quindi ci si può provare se le carte che abbiamo in mano non permettono azioni più forti. Nell’ultimo turno c’è in gioco la Principessa della Danimarca è la cosa potrebbe farsi molto interessante se ci sono sulla mappa 3-4 città sotto il controllo dei Vichinghi (che potranno passare ai vostri ordini se vi sposate la Principessa).
Commento finale
Avendo giocato con grande piacere sia Wir Sind das Volk (e la sua variante 2+2) che The King is Dead (due dei giochi di Peer Sylvester pubblicati precedentemente e di cui potrete trovare la recensione su questo sito) eravamo impazienti di testare accuratamente anche questa nuova “fatica” dell’autore tedesco: ed il risultato è stato molto positivo.
Si tratta di un vero e proprio gioco di “civilizzazione” fatto però in maniera abbastanza diversa da tutti gli altri: veloce (60-90 minuti) e adatto ad un gran numero di giocatori perché non c’è nessun meccanismo “strano” di cui tener conto e non serve neppure una strategia di lunga durata da perseguire a tutti i costi.
A causa del “Draft” all’inizio di ogni round bisogna infatti sapersi “adattare” a quel che passa il convento, anche se sarà comunque necessario avere un obiettivo di massima (controllo delle singole Contee o influenza in tutte). Sarà quasi impossibile non riuscire a progredire un po’ ad ogni round: quindi anche chi alla fine perderà la partita non si sarà affatto annoiato o sentito escluso dal gioco fino all’ultimo turno del round finale. Ed ora non ci resta che aspettare il prossimo “tomo” di Peer!
Al momento in cui scriviamo queste note non sappiamo se qualche editore italiano ha deciso di effettuare la traduzione del gioco, ma chi fosse interessato può trovare il regolamento “condensato” in italiano e la traduzione delle azioni generate da tutte le icone sul sito Big Cream collegandosi a questo link.
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