Editore: 3 Lakes srl

Direttore Responsabile: Valeria Dalcore

Responsabile di Redazione: Gabriele Berzoni

Abbiamo avuto modo di leggere “Il Gioco – La rivista delle esperienze ludiche”, che per gli appassionati di giochi rappresenta la vera e grande novità editoriale del 2016.

Questa nuova rivista nasce qualche mese fa su Kickstarter, dove è stato finanziato il “numero zero”, quello che nel progetto editoriale rappresenta la genesi di un cammino tutto da scrivere, viste le poche centinaia di adesioni ottenute sulla piattaforma di crowdfunding.

La rivista si propone sul mercato come periodico trimestrale di 64 pagine al prezzo di 10 Euro. Non conosciamo il piano industriale completo, ma sappiamo che la distribuzione del numero zero è stata affidata a DungeonDice: se siete interessati, lo potete acquistare a questo link.

Se invece volete acquistare l’abbonamento annuale, al prezzo di 20 euro lo potete fare sul sito della rivista.

Dungeon Dice è un negozio competente e ben fornito, ma dedicato al pubblico di gamers lontano dalla distribuzione mass market o dal circuito delle edicole. Questa scelta non lascia molti dubbi sul fatto che i gamers siano appunto il target predestinato.

La nascita di una nuova rivista dedicata ai giochi è sempre un’ottima notizia; quando, poi, si tratta di un’opera italiana è ancora più gradita. Purtroppo, però, nonostante l’assoluto valore della redazione, temiamo che la rivista possa essere accolta con una certa freddezza proprio dal target che dovrebbe mostrare maggior entusiasmo.

Le dichiarazioni di intenti della Direttrice Valeria Dalcore e del Capo Redattore Gabriele Berzoni ci spiegano che la rivista si occuperà di “didattica, educazione, radici ludiche, viaggi fuori e dentro i ruoli nei mondi che creiamo … omissis … ma anche ricette speciali, mappe per orientarvi fra fiere, festival, ed eventi, musica, recensioni, diritto d’autore e molto altro”. L’augurio è che  la “rivista di settore serva ai giocatori per avere un punto di riferimento e per approfondire il loro hobby oltre a quella che può essere la mera recensione di un gioco, agli operatori di settore per avere un contatto con la base dei giocatori …”.

In queste dichiarazioni non si può non notare un “convitato di pietra” davvero molto ingombrante: le recensioni, più legate al “gioco” che non al “giocare”, pare non faranno parte del repertorio di base della rivista, almeno stando proprio alla suddetta citazione: “… per approfondire il loro hobby oltre quella che può essere la mera recensione di un gioco”.

Una scelta difficile e, da un certo punto di vista, comprensibile, perché internet, social network e simili bombardano i giocatori di dettagli sui giochi. Crediamo che quello di cui oggi i lettori hanno bisogno siano invece le competenze per discernere la “qualità” nella “quantità” di informazioni che ricevono, per cui non siamo certi che questa scelta favorirà la diffusione della rivista. Per anni la benemerita Nicla Iacovino, per esempio, ha pubblicato una rivista dal formato tascabile, TANGRAM, che aveva fra i suoi obiettivi molti di quelli dichiarati dai redattori di IL GIOCO, e, anche a causa di uno stile meno divulgativo, non ha mai raggiunto  numeri importanti.

Ci sarebbero dunque tanti validi motivi per cui “In Gioco” dovrebbe fare anche recensioni. L’information technology negli ultimi anni ha radicalmente modificato l’offerta di giochi. Le piattaforme di crowdfunding e la produzione ormai interamente decentrata nel Far East hanno aumentato il numero di giochi prodotti a livelli non immaginabili solo qualche anno fa.

Quest’anno solo ad Essen sono stati presentati oltre 1000 titoli ed a Norimberga ben 659 giochi in scatola erano presenti nei padiglioni: un’offerta che pare proprio eccedere di gran lunga la domanda, con conseguente drastica riduzione della “vita commerciale” dei giochi, compresi quelli di qualità media-alta, e conseguenti inferiori “tirature” per ogni titolo che non abbia ricevuto qualche “Premio” di prestigio.

Insomma, i giocatori devono valutare fra molti possibili acquisti e devono farlo fintanto che i giochi sono reperibili nei magazzini. E’ quindi elevata la necessità di una puntuale ed autorevole informazione sui prodotti: la rivista austriaca WIN THE GAMES JOURNAL ogni anno prepara un numero speciale con TUTTI i giochi di Essen (ed uno con tutti quelli di Norimberga) pubblicando la foto di quasi tutte le scatole ed un brevissimo commento (vedere il n° 485 della rivista  dove è possibile scaricare gratuitamente questo numero) ed uno dedicato invece a Norimberga (vedere n° 489). Si tratta quindi di “cataloghi illustrati” privi di approfondimenti ma molto apprezzati dai giocatori di lingua tedesca ed inglese.

Sono disponibili ottime riviste “specializzate” in recensioni, come l’italianissima ILSA MAGAZINE o l’austriaca WIN già citata poco sopra, ed altre che completano l’offerta con interviste agli autori o agli editori, oppure con report su fiere, convention, etc. come, per esempio, la tedesca SPIELBOX o la franco/belga PLATO.

Insomma, le recensioni servono ben oltre la descrizione di ambientazione e meccaniche. In questa epoca di sovraesposizione mediatica a fare la differenza è la qualità dei commenti dell’articolista, cioè la sua autorevolezza.

La redazione de “Il Gioco” è di altissimo livello e tutti i componenti sono ben conosciuti ma non appare chiaro in quale direzione si intenda andare:

  • quasi tutta la rivista ha qualcosa di “introduttivo” Ligabue  (pag. 13);
  • il perché ve lo dico la prossima volta” Gabriele Mari” (pag. 25);
  • non resta che mettere lo zaino in spalla e partire” Luca Volpino (pag.27);
  • l’obiettivo di questa rubrica sarà proprio quello di parlare del mondo dei boardgame” di Spartaco Albertarelli (pag. 55).

Per un NUMERO ZERO non si tratta di qualcosa di anomalo, ma da una rivista che molti acquisteranno a 10 euro ci si attenderebbe fin da subito degli articoli di maggior approfondimento.

Alle buone intenzioni fa da contraltare un certo orientamento al “product placement” che ritroviamo sia nelle immagini di corredo agli articoli sia nelle ultime pagine, dedicate alle “prossime uscite”… ma relative solo ai prodotti degli sponsor della rivista. Probabilmente si tratta di una necessità da “numero 0” e ci auguriamo che nei prossimi numeri vengano presi in considerazione tutti i prodotti che lo meritano effettivamente.

Proviamo ora a dare un’occhiata più da vicino ai contenuti della rivista ed iniziamo proprio dall’articolo di Andrea Angiolino (“Radici Ludiche”) che è… l’introduzione perfetta per una rivista di questo genere. Tra le varie cose ci spiega anche che nella storia degli ultimi 40 anni del gioco italiano quasi mai è stato possibile realizzare un’ “adunanza” simile tra forza intellettuale e forza economica nel mondo ludico italiano.

“Il Gioco” ha potenzialità enormi, così ci permettiamo di approfondire i contenuti più importanti al duplice scopo di fornire ai lettori elementi soggettivi di valutazione e alla redazione stimoli per i prossimi numeri della rivista.

Non è un blog! (Articoli con uno stile editoriale inatteso)

Emiliano Sciarra  (“Bang! contro San Guo Sha”)  introduce un tema sentito e sempreverde: l’impossibilità di garantire il copyright delle proprietà intellettuali, soprattutto a livello internazionale.

Lo fa però in modo un po’ prolisso (8 pagine, circa il 15% della rivista!), focalizzandosi esclusivamente sul clone cinese non autorizzato di Bang!, di cui è autore. Sia chiaro: le rivendicazioni di Sciarra e dV Giochi  sono sacrosante e speriamo che presto trovino giustizia in qualche aula di tribunale. Molti particolari sono, però, comprensibili solo a chi il gioco lo conosce: sarebbe stato forse meglio rimandare tali dettagli a qualche pagina del blog dell’autore e occuparsi di questi aspetti con un approfondimento a 360 gradi.

Dal lato degli utenti

raccontare le vicende di Heroquest potrebbe aiutare la comunità

Si sarebbe potuto, ad esempio, affrontare il problema del copyright internazionale anche dal lato di chi i giochi li compra. Sono infatti di scottante attualità le vicissitudini legali legate al marchio del crowdfunding quasi milionario di Heroquest che potrebbero avere conseguenze dirette sui portafogli di migliaia di giocatori: raccontarne le vicende potrebbe aiutare la comunità a ponderare i futuri “pledge” con più attenzione.

“Old school Magic”, l’articolo di Jacopo Borrelli, è incentrato sull’entusiasmo di un appassionato di carte e del gioco Magic: anche in questo caso, forse il posto di un articolo di questo tipo non è fra le pagine di una rivista di approfondimento ma su un blog dell’autore o su un forum di appassionati di questo gioco.

Sono i lettori che fanno la rivista!
(Articoli che, salvo eccezioni, ai gamers interessano marginalmente)

L’articolo di Ligabue ci introduce ai rudimenti della “Didattica ludica”. Risulta dotto, ben documentato e centrato su un tema spinoso e importante, di cui spesso c’è carenza di informazioni. Il target è, però, molto diverso da quello dei gamers, perché più rivolto a educatori e animatori professionali.

Educatori ed animatori

Target difficilmente raggiungibile con queste impostazioni 

Anche l’articolo “Playfool” di Gabriele Mari risulta appetibile allo stesso target (educatori/animatori), al momento difficilmente raggiungibile dalla rivista. Ci descrive le “intenzioni” future della interessante rubrica sullo strettissimo rapporto tra gioco ed educazione. Un campo su cui si hanno davvero poche informazioni e dove effettivamente il “giocare” potrebbe avere delle funzioni importanti.

A Ennio Peres basta una paginetta (“Parole Capitali”) per ricordare a tutti di essere uno dei massimi esperti italiani di giochi matematici e di parole. La nostra indole di ludici onnivori comincia a mettere le nostre cellule grigie sotto pressione, stimolata dal gioco sulle parole. Visto il target in premessa, per apprezzare appieno questo articolo bisogna, però, essere giocatori davvero “cross-genre”.

“Casa Germania” di Dario de Toffoli ci illustra il lavoro che sta dietro le quinte dell’organizzazione di un evento ludico, mentre Mario Sacchi ci fornisce un’ampia carrellata sugli “Appuntamenti imperdibili” (Essen, Lucca, ecc.). I contenuti sono molto interessanti e centrati, e gli articoli meritano di essere letti, anche se ai gamers più tosti molte informazioni risulteranno già acquisite.

Per quanto riguarda le rubriche “Ricette Ludiche” e “Musica ludica” è difficile esprimersi, perché -diciamo la verità- abbastanza avulse dal target presunto della rivista. Così, ci limitiamo a confrontarli con la nostra esperienza: un nostro autore -mercuzio- da ormai due anni inserisce alla fine delle proprie recensioni “l’ascolto consigliato” (due righe) e qualche volta i suoi consigli hanno provocato simpatici commenti sulla nostra pagina Facebook: insomma, un accessorio che fa costume ma nulla di più, almeno secondo i lettori del nostro portale.

L’articolo sull’Azzardopatia (Paolo Fasce) sostiene tesi competenti, sulle quali ci troviamo perfettamente allineati. Noi pubblichiamo da anni articoli su questo argomento con cadenza più o meno regolare e abbiamo una sezione del sito appositamente dedicata all’argomento: nonostante ciò, i numeri sono impietosi. Sul nostro sito, nei primi 15 giorni di pubblicazione, il numero di accessi relativi agli articoli che trattano l’azzardopatia sono meno di un terzo di quelli di una recensione “media”. Saremo noiosi, ma ancora una volta ci chiediamo: a chi è dedicata la rivista?

Bene, Bravi  … Bis!
(Articoli che ti fanno dire “Provaci ancora, Sam!”)

La risposta continua a essere “per i giocatori!”, come dimostra la  “Guida Strategica a Ticket to Ride (EUROPA)” di Gianfranco Buccoliero (vincitore del campionato italiano di TtR). Qualche accenno alle regole e, soprattutto, molti consigli su come giocare al meglio per puntare ad un buon risultato: è il contenuto che più si avvicina all’idea di articolo secondo i canoni nostri e di gran parte dei giocatori abituali.

Luca Volpino, invece, nel suo articolo “Dentro e fuori il Dungeon” prova a gettare le basi per una rubrica che si occupi di Gioco di Ruolo, un comparto una volta fiorente e ora ridotto a una nicchia abbastanza ristretta, che merita un serio rilancio. L’articolo è preciso e interessante: un inizio promettente per quanto complicato; ci auguriamo che possa davvero essere un veicolo per appassionare nuove leve al gioco “dice, pen & paper”.

LA copertina del numero Zero

La copertina del numero Zero

Il contributo di Spartaco Albertarelli, un “mostro sacro” del mondo ludico italiano, fa un interessante accostamento fra il backgammon e la sua carriera di game designer: certamente le sue lezioni sull’industria del gioco saranno da seguire attentamente.

Ottimi anche gli articoli di Walter Obert su “Spinderella” e quello di Beniamino Sidoti sui  Travel Games.

Sempre a tema viaggio, anche il buon gioco “cut & play” dal titolo “Globedropper”, dedicato ai viaggiatori spendaccioni.

Un dubbio atroce

Ripensandoci, anche molti altri articoli erano a tema “viaggio”: ricordate la guida strategica di Ticket to ride?  Per non parlare della copertina, mutuata da quella dell’edizione 2015 di Lucca Games, che guarda caso si intitolava “Sì, viaggiare”…

A questo punto, ci assale un dubbio atroce: il fatto di aver tenuto nascosto il filo conduttore del numero zero (il viaggio) è una dimenticanza o un gioco raffinato, per quanto occultato, per testare le nostre abilità intellettive?

Per scoprire la risposta a questa domanda non ci resta che attendere trepidanti il prossimo numero: da parte nostra, il più sincero in bocca al lupo a tutta la redazione!

Si ringrazia l’editore per avere reso disponibile la copia PDF del numero Zero

Nota Personale

Nota Personale

In calce, Obelix, coautore dell’articolo, in queste righe esprime alcune “considerazioni personali” in merito all’articolo/intervista sul Club Tre Emme che volutamente abbiamo lasciato a margine. Saremo lieti di ospitare -integralmente e senza commenti- eventuali repliche che ci perverranno da persone ed associazioni citate:

***** ===00=== *****

“Quanto all’intervista con il Club Tre Emme permettetemi una precisazione: il Club non è nato nelle segrete del negozio citato, ma nel salotto di casa mia (quando ancora abitavo a Sassuolo) e CONTESTO qualsiasi “parentela” fra i fratelli Tremazzi ed il nome del Club da me inventato: denuncio quindi questo trito e ritrito tentativo dei tre brothers di impossessarsi di una paternità che non compete loro. (Ehi, Guido, sto scherzando… ma tu continui a provarci vero ?).”

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