1. Qual è il confine tra il gioco inteso come volano di aggregazione e creatività e quello che provoca catastrofi economiche ed è fonte di deterioramento del tessuto sociale?
  2. Sono entrambi “giochi” ed entrambi sono praticati diffusamente dagli adulti: quali legami esistono tra slot machine/”gratta e vinci” e lo sport spesso indicato come portatore di nobili valori?
  3. Perché ancora oggi si confonde la ludopatia -una patologia da curare- con un “vizio” da estirpare?
  4. Come può, nel bene e nel male, il gioco condizionare così pesantemente il comportamento di uomini di ogni età e latitudine?

Per rispondere a queste domande non sembra sufficiente una fredda analisi oggettiva delle diverse forme di gioco.

Si prenda il difficile rapporto tra gli scacchi e il mondo arabo. Quando gli eserciti musulmani conquistarono la Persia nel 651, dopo la morte di Maometto, l’lslam venne a contatto con la pratica diffusa di questo gioco. La legalità di tale pratica venne messa subito in dubbio (1) e alla fine venne concesso il permesso di praticarlo, ma solo ad alcune condizioni, come ad esempio evitare le scommesse, le bestemmie e non confrontarsi con l’avversario durante la partita.

Dopo la rivoluzione islamica (1979) in Iran vennero vietati. La notizia ebbe un certo eco nell’occidente che, dopo il mondiale Fisher-Spassky (1972), aveva trasferito sulla scacchiera le tensioni e le pulsioni della guerra fredda, facendo diventare gli scacchi molto popolari e pieni di valenze positive (2).

Il divieto venne rimosso nel 1988 e oggi i giocatori iraniani partecipano ai tornei internazionali, ma non più tardi di un anno fa la massima autorità religiosa dell’Arabia Saudita ha rilanciato il divieto, adducendo come motivazione il verso del Corano dove si condannano “le bevande alcoliche, il gioco d’azzardo, l’idolatria e la divinazione”.

Anche nel 2016, quindi, gli scacchi servirebbero a “perdere tempo e soldi” e a “generare odio e ostilità tra i giocatori” (vedi link all’articolo del Guardian precedentemente citato), motivazioni che a noi occidentali appaiono perfettamente note, ma del tutto incomprensibili se applicate a questo gioco.

In gran parte del mondo arabo a tutt’oggi ancora sussiste un forte legame tra gli scacchi e l’azzardo, nonostante questo sia in generale vietato. Ma non sembra essere soltanto un problema di legalità: seppure le autorità religiose riconoscano agli scacchi uno status diverso (“gioco di abilità”) dai giochi con una forte componente aleatoria (come i dadi, ad esempio), essi sono indicati e temuti come una possibile fonte di distrazione dalle attività quotidiane e dagli obblighi religiosi di ogni buon musulmano (vedi link all’articolo del Guardian precedentemente citato).

Quale importanza il gioco rivesta anche nel mondo occidentale ce lo dimostra una recente notizia finanziaria: i diritti di Candy Crush Saga, il popolarissimo gioco che da anni imperversa su tutti i device mobili, sono stati venduti all’esorbitante prezzo di 6 miliardi di dollari , circa il 150% del prezzo pagato nel 2012 dalla Disney per acquisire i diritti del marchio Star Wars (film, cartoni, gadget, ecc.). Una proporzione che sorprende soprattutto i tanti giocatori che, pur non avendo speso neanche un centesimo, hanno giocato a Candy Crush Saga anche per lunghi periodi.

Uno dei più importanti contributi alla moderna definizione di “gioco” è il libro di Roger CailloisI giochi e gli uomini: La maschera e la vertigine” (1958) che, per ammissione dello stesso autore, riprende ed espande i concetti espressi in “Homo Ludens“, un libro di Johan Huizinga pubblicato nel 1938 (3).

Roger Callois

Roger Caillois

Rispetto alle domande poste in premessa, risulta molto importante una delle proprietà che Caillois attribuisce al gioco, ossia che per sua stessa natura non produce ricchezza, ma può trasferirne in grande quantità (4). Questa consapevolezza può aiutare molti giocatori d’azzardo a non alimentare facili illusioni e più in generale, fornisce solide motivazioni al diffuso sentore dell’inutilità del gioco praticato in età adulta .

Quest’anno si festeggia il quarantennale della pubblicazione di uno dei più importanti album del rock italiano -“Sugo” di Eugenio Finardi- e in una delle tracce l’autore si sente in dovere di specificare che giocare non è “una perdita di tempo” (5), anche se il contesto di riferimento (gli ambienti della contro-cultura degli anni ’70) può essere considerato quanto di più impermeabile ai condizionamenti del moralismo e del perbenismo.

Proprio per la sua caratteristica di non produrre ricchezza, passato il periodo utile all’apprendimento (identificato con l’infanzia e l’adolescenza), il gioco viene comunemente percepito come “un ozio fine a se stesso”(6). Eppure, se utilizzato nei giusti contesti, il gioco non è soltanto volano di socialità e aggregazione, ma anche fonte di crescita culturale e mentale, nonché un efficace strumento utilizzato nelle comunità di persone di ogni età per insegnare (divertendo) aspetti della vita reale.

È quindi importante separare la compulsività che il gioco può provocare (e non solo in ambito azzardo: si pensi, ad esempio, ai videogame) dal tema della mancata produttività. Emerge la necessità di un percorso formativo che si ponga come obiettivo la consapevolezza sia dell’importanza del gioco, sia dei pericoli ad esso connessi, comunque non finalizzato alla sterile produzione di una “tabella dei giochi proibiti”: investire tempo giocando con le slot machine non è necessariamente un’attività da deprecare, ma possiede elementi intrinseci di pericolosità rispetto ad entrambe le criticità sopra evidenziate.

A tal fine, è importante richiamare il tema fondamentale dello studio di Caillois (7) che propone 4 componenti fondamentali:

Alea: il caso, la fortuna, è un potente motore ludico che genera situazioni sempre diverse. Esattamente come nella vita reale, la dea bendata condiziona il gioco. Sfidarla o domarla, rispettarla o maledirla: è indubbio che l’interazione con essa abbia un grande fascino, al punto che con l’età adulta l’alea sembra diventare l’elemento preferito.

Agon: parte integrante del gioco è la competizione, la voglia e la necessità di sfidare gli altri e se stessi. Vincere per essere il più bravo di tutti, per superare se stessi o risolvere una prova ritenuta impossibile: la competizione riserva stimoli per migliorarsi e accrescere l’autostima. Per queste ragioni, troviamo l’agon forte e solido in gran parte dei giochi che ci accompagnano nell’età della crescita, ma, grazie allo sport, continua a rimanere un elemento presente anche tra i giochi preferiti dagli adulti.

La maschera: la necessità di assumere un ruolo svolge una funzione importante nell’esprimere le capacità del gioco di “simulare”, di ricreare situazioni reali permettendo l’apprendimento in un ambiente protetto e privo di rischi. Ad esempio, il cucciolo di leone gioca con i coetanei assumendo pose e posture tipiche dei leoni adulti, per imparare la caccia o il combattimento. Caillois sottolinea, però, che non c’è necessariamente corrispondenza fra il ruolo assunto e il bisogno di ricreare quella determinata situazione. Un bambino che finge di essere in una locomotiva non segue una logica di simulazione, ma potrebbe voler emulare il padre o -ancora più semplicemente- immaginarsi un viaggio.

Se esasperata, questa componente rappresenta un veicolo di fuga dalla realtà e dalla quotidianità, ma anche nell’età adulta rimane una componente importante e vitale del gioco, anche di quelli non legati al mascheramento e alle imitazioni: pensiamo, ad esempio, al bluff nel poker.

La vertigine: il gioco crea un senso di vertigine, che ha la funzione di stordire i sensi e sovrastare la ragione. Negli ultimi anni si è parlato molto di questa caratteristica dei giochi, soprattutto in tema di videogame (“realtà virtuale”, “realtà aumentata”, ecc.), ma la troviamo dominante anche in giochi della tradizione, come la giostra o l’altalena e, naturalmente, in molte attrazioni del luna park.

Ogni gioco sembra contenere -in diverse combinazioni- questi quattro elementi, al punto che nel momento in cui qualcuno di questi è assente (o quasi), lo stesso gioco rischia di essere compromesso, assumendo forme limite. Nelle slot machine e nei “gratta e vinci”, ad esempio, manca in toto la componente “agon”, limitando il giocatore a un ruolo passivo, incapace di incidere sull’esito del gioco, trasformandolo così da protagonista a spettatore (8).

I pericoli della promiscuità: le slot machine senza alcuna differenziazione dalle normali attrazioni confondono gli utenti.

I pericoli della promiscuità: le slot machine senza alcuna differenziazione dalle normali attrazioni confondono gli utenti.

Ecco l’importanza di trasmettere il messaggio che non esistono trucchi o formule segrete per vincere: gli algoritmi di payoff delle slot machine o della distribuzione dei biglietti vincenti dei “gratta e vinci” sono complessi e volutamente non intuitivi (9). Il Lotto, con la sua irrazionale rincorsa ai “numeri ritardatari”, ci insegna però che questa inconsapevolezza può essere pubblicamente accettata ed essere addirittura alimentata da apposite rubriche su TV e giornali. Torneremo tra qualche riga sulla capacità del gioco di creare regole proprie, non strettamente legate alla razionalità.

D’altra parte, però, anche l’eccesso o la non corretta interpretazione di uno qualsiasi dei quattro elementi può portare gravi distorsioni. Appare ovvia l’eccessiva invadenza della componente “alea” nelle più comuni forme di azzardo, ma sempre più spesso accade, ad esempio, che le famiglie che intendono l’attività dei figli come un momento ricreativo senza velleità competitive, trovino eccessivo l’agonismo che alcune associazioni sportive profondono nelle attività giovanili.

Nella seconda metà degli anni ’80 vennero strumentalizzati alcuni sporadici episodi violenti legati a un eccessivo uso della “maschera” per demonizzare il gioco di ruolo, allora moda imperante e diffusissimo tra gli adolescenti. Oggi, invece, è di stretta attualità l’eccessivo uso di “vertigine”, che sembra colpire una parte dei giocatori di Pokemon Go.

Un’altra importante peculiarità del gioco è la sua intrinseca necessità di creare una sorta di “cerchio magico”, un tacito contratto che i partecipanti stringono e che permette loro di creare un contesto con regole proprie e, quindi, estrapolare le dinamiche del gioco stesso dalla realtà (10).

Queste aspetto è facilmente riscontrabile in forme ludiche anche molto diverse fra loro: nella morra, con i suoi rituali gestuali e vocali, o nel più infantile “strega comanda colore”, passando attraverso i videogame, dove questa dimensione alternativa diventa virtuale.

Le componenti “maschera” e “vertigine” sembrano quelle con maggiore influenza su questo aspetto ma -ancora una volta- tutte e quattro le componenti vi esercitano influenza. Si pensi, ad esempio, all’importanza dell’agon nel rispetto delle regole non scritte di calcio e rugby (e di molti altri sport che permettono il contatto fisico tra gli avversari).

Se nello sport questo aspetto ha una valenza fortemente positiva, diventando motivo di rispetto sportivo e fisico dell’avversario, in molte forme di azzardo rappresenta una vera minaccia per l’incolumità dei giocatori.

Una delle principali cause della compulsività deriva dall’incapacità dei partecipanti di esercitare una delle funzioni primarie di qualsiasi buona pratica di gioco: uscire dal cerchio e di terminare il gioco (11). Nelle forme più a rischio di compulsività, i quattro elementi di Caillois si combinano infatti in modo estremamente pericoloso: la predominanza dell’ “alea” esercita un facile richiamo all’intrattenimento e, combinata con l’assenza di “agon”, non pone freni né limiti soggettivi (12); la “maschera” dà forma alle aspirazioni di essere vincenti e il richiamo al montepremi diventa un formidabile propulsore della “vertigine”.

Non bisogna, però, trascurare il forte impatto esercitato dalle moderne tecnologie, che hanno un’efficacia e un’efficienza elevatissima nel creare “gabbie” virtuali e non (si pensi, ad esempio, a come sono realizzate le sale gioco) che accentuano le difficoltà dei giocatori a uscire dal “cerchio”.

Inoltre, è cresciuta a dismisura la frequenza di gioco, che è un altro elemento in grado di compromettere fortemente tale capacità.

Se al Totocalcio si giocava una volta alla settimana, ora si può scommettere su ogni calcio d’angolo; se il Lotto si estraeva una (poi due, e infine tre) volta la settimana, ora è possibile accedere a estrazioni (nel gioco “10 e Lotto”) ogni cinque minuti. Visti i costi relativamente limitati della singola giocata, anche “gratta e vinci” e slot machine incentivano il giocatore a mantenere ritmi di gioco molto elevati.

La ludopatia non è quindi una malattia moderna: è antica quanto la storia del gioco e dell’uomo, e da sempre crea criticità sociali importanti. Negli ultimi anni, assurge a livello di emergenza sociale, soprattutto per l’introduzione di elementi che ne accentuano la pericolosità in un contesto di liberalizzazione senza precedenti.

La percezione che il gioco sia un vizio, una dannosa perdita di tempo, ha alimentato nei secoli forme di contrasto esclusivamente legate alla repressione e al proibizionismo. Negli ultimi anni, invece, si sta affermando una presa di coscienza che si tratti di una malattia e della conseguente necessità di curarla e, quindi, di prevenirne l’insorgenza.

A tal fine, diventa importante imparare a conoscere e valorizzare le peculiarità del gioco. Prendiamo come esempio di buona pratica “la cena dei ricchi e dei poveri”, un gioco molto utilizzato in ambito scoutistico. Le quattro componenti di Caillois portano i partecipanti all’interno di un “cerchio magico”, che genera dinamiche con una forte valenza educativa, in grado di stimolare anche in età relativamente basse importanti riflessioni utili alla crescita.

Durante la prima fase i bambini determinano, grazie a un semplice meccanismo di pesca/lotteria (componente “alea”) una nazione di appartenenza (componente “maschera”). I bambini cercheranno di interpretare al meglio il loro ruolo (componente “agon”) approcciando i pasti della giornata: il bimbo americano ed europeo potrà mangiare -servito e riverito- ogni tipo di cibo, mentre quello africano potrà mangiare -in modesta quantità- cibi semplici e bere l’acqua da una ciotola comune senza bicchiere. Alla fine dell’attività, i bambini sono chiamati a raccontare le forti emozioni (componente “vertigine”) vissute.

In conclusione, è necessario sottolineare che la ludopatia insorge grazie alla particolare debolezza del giocatore rispetto alle prerogative del gioco di cui abbiamo parlato: molti soggetti mostrano vulnerabilità tali da dover essere tutelati dalle continue sollecitazioni e stimoli a praticare l’azzardo. La limitazione dell’offerta e la regolamentazione della pubblicità pertanto rimangono aspetti importanti della prevenzione.

Allo stesso tempo, però, speriamo di aver fatto emergere una questione prettamente culturale: siamo “nati per giocare”, ma oggi più che mai dobbiamo imparare a farlo consapevolmente.

(1) “A history of Chess, 1913, HJR Murray”. Capitolo 11 (Chess under Islam)

(2) Articoli di Adolivio Capece su “Il Giornale Nuovo” (19 dicembre 1980, 15 gennaio 1981)

(3) “I giochi e gli uomini: La maschera e la vertigine”, R. Caillois, 1958. Capitolo 1

(4) Cit, Capitolo 1. “(Il gioco) non crea né beni né ricchezza, né alcun altro elemento nuovo; e, salvo un spostamento di proprietà all’interno della cerchia dei giocatori, è tale da riportare ad una situazione identica a quella dell’inizio della partita.”

(5) Nella canzone “Voglio” il testo recita:

“E voglio un figlio che mi faccia ricordare
Quanto é importante giocare
Giocare non per perder tempo ma
Giocare per crescere dentro”

(6) Cit, Capitolo 1. “Il gioco è occasione di puro dispendio di tempo, di energia, di intelligenza, di abilità e, a volte, di denaro.”

(7) Cit, Capitolo 2. Classificazione dei giochi

(8) Cit, Capitolo 2. “Nell’alea (il giocatore) conta su tutto, sull’indizio più vago, sulla più piccola particolarità esterna che immediatamente considera un segno o un avvertimento, su ogni singolarità che coglie, su tutto tranne che su se stesso.”

(9) “Mangiasoldi”, Francesco Gatti, 2014 pag. 32. “E’ difficile stilare un elenco di regole definite per elaborare il meccanismo di un motore di pagamento, ma contrariamente a quello che si pensa la realizzazione di queste strutture è di tipo anti-intuitivo.”

(10) Cit, Capitolo 1. “Le leggi ingarbugliate e confuse della vita ordinaria vengono sostituite, all’interno di questo spazio circoscritto e per il tempo stabilito, da regole precise, arbitrarie irrevocabili che bisogna accettare come tali e che presiedono al corretto funzionamento della partita.”

(11) Cit, Capitolo 1. “Si gioca solo se si vuole, quando si vuole, per il tempo che si vuole. In questo senso il gioco è un’attività libera.”

(12) Cit, Capitolo 2. “Funzione dell’alea non è quella di far guadagnare del denaro ai più intelligenti ma, al contrario, di abolire ogni superiorità naturale o acquisita degli individui, allo scopo di porre ciascuno su un piede di assoluta uguaglianza […] Contrariamente all’agon, l’alea nega il lavoro, la pazienza, la destrezza, la qualificazione: elimina il valore professionale, la regolarità, l’allenamento.”

Ringrazio il mensile “Il senso della Repubblica”  per averci concesso la pubblicazione del seguente articolo tratto dal numero di novembre 2016. Grazie anche a Roberto Gardelli  e a Cyberdisc per gli importanti contributi ed infine a Thomas Casadei per aver reso possibile tutto questo.

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