Pro: filler alla portata di tutti, anche di chi fino ad oggi conosceva soltanto le carte piacentine; dietro un’apparenza molto classica, cela una piccola ma moderna componente tattica e strategica.
Contro: aleatorietà elevata, specialmente nella modalità di gioco standard; confezione sovrabbondante rispetto al contenuto (ma il prezzo è davvero molto interessante).
Consigliato a: chi cerca un titolo leggero, giocabile da qualsiasi persona – grognard o babbano che sia – e, soprattutto, rigiocabile ad oltranza, perché lascia sempre una piacevole voglia di rivincita; chi pensa che anche nei giochi più semplici “l’occhio vuole la sua parte”.
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Realizzazione | |
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Prezzo |
PREMESSA:
L’Italia è sicuramente tra le nazioni che può vantare una tradizione fumettistica di altissimo livello, sia qualitativo che quantitativo: dal primo numero del Corriere dei Piccoli – datato dicembre 1908 – a oggi, è trascorso oltre un secolo e, in mezzo, sono nate alcune delle realtà editoriali più importanti del panorama contemporaneo, come Sergio Bonelli Editore e Panini Comics.
Non stupisce, quindi, che proprio nel nostro paese, nel momento in cui il gioco da tavolo ha iniziato ad allargare i propri orizzonti, siano avvenuti i primi contatti diretti tra i due mondi. E non stiamo parlando di franchise già affermati: giochi ispirati agli universi Disney, Marvel e DC Comics esistono da tantissimi anni (basti pensare a Colpo Grosso a Topolinia, gioco edito dalla Clementoni negli anni ’70 ed entrato nella leggenda), ma rientrano in un’ottica di ampliamento di un’offerta sulla base di un successo commerciale (né più e né meno di una t-shirt o di un film).
Negli ultimi anni, invece, abbiamo assistito alla nascita di alcuni progetti ludici sviluppati ad hoc da disegnatori d’eccellenza (pensate, ad esempio, a Bruti di Gianni “Gipi” Pacinotti) e anche Mythomakya, il gioco pubblicato da Pendragon Game Studio e oggetto della recensione di oggi, è stato illustrato – tra gli altri – da Mirka Andolfo, una giovane che ha al suo attivo alcune importanti collaborazioni, tra Walt Disney Company Italia, Sergio Bonelli e per ultima DC Comics.
Il dubbio amletico che, però, assale il giocatore davanti a progetti di questo tipo è… saranno le meccaniche all’altezza delle grafiche?
UNBOXING:
La scatola di Mythomakya è in cartone telato, spesso e colorato, di dimensioni e materiali in linea con gli standard della categoria dei filler (perché di questo si tratta): per intenderci, è uguale a Otto minuti per un impero e a Fuga dagli Alieni nello spazio profondo. All’interno, però, troviamo soltanto due mazzi – belli corposi – di carte, e buona parte dello spazio resta inutilizzato: francamente, avremmo preferito una confezione più piccola, sullo stile di Stay Away!, perché – come abbiamo già sottolineato in passato – lo spazio sugli scaffali dei giocatori non è mai abbastanza, quindi la compattezza e l’ottimizzazione delle scatole ai nostri occhi sono pregi non indifferenti. Non lasciatevi, quindi, trarre in inganno dalle sue dimensioni: questo titolo è perfetto per tenervi compagnia durante le prossime vacanze, perché può essere stivato praticamente dappertutto, perfino in tasca alla giacca da sci.
Le carte, di dimensioni e qualità standard non sono telate: è, quindi, fortemente consigliato imbustarle, soprattutto per preservare i bellissimi disegni. In modo a dir poco accattivante, le illustrazioni modellano un pantheon greco in stile molto fumettoso, quasi disneyano.
A questo punto, ci sembra doverosa una precisazione:
- dimensioni della scatola,
- ruolo preponderante della grafica,
- meccaniche estremamente semplici da apprendere (come vedremo in seguito),
- prezzo davvero molto contenuto,
inquadrano un prodotto che si rivolge a un pubblico potenzialmente ampissimo, fatto tanto di giocatori quanto di appassionati di fumetti, senza dimenticare i babbani.
Tornando alle carte, queste sono suddivise in 3 tipologie diverse, distinguibili da altrettanti dorsi colorati:
- 90 carte Mito, dal dorso rosso: presentano un personaggio eroico della tradizione ellenica al centro, un valore numerico compreso tra 1 e 12 in alto a sinistra (che indica la forza), un altro da 0 a 7 in una mela dorata a destra (i tesori) e talvolta una funzione speciale, descritta da una breve didascalia autoesplicativa e abbinata a un altro numero (i tesori da spendere per attivarla); sono suddivise in 5 semi diversi, ognuno con un proprio colore (blu, rosso, viola, giallo e nero);
- 14 carte Divinità, dal dorso dorato: sono quasi uguali alle carte Mito, ma non hanno seme, ritraggono solo divinità del Pantheon greco e non riportano il valore di forza in alto a sinistra;
- 6 carte Mela, dal retro verde: valgono tutte 2 tesori e rappresentano la dotazione “economica” iniziale di ciascun giocatore.
Completa la dotazione il manuale in italiano, anch’esso molto colorato e ampiamente illustrato, che spiega con grande semplicità le due diverse modalità di gioco, una denominata “Il trionfo degli eroi”, pensata per i principianti o comunque per avvicinare i giocatori alle meccaniche di base, e una denominata “La sfida degli dei”, più complessa e profonda (e sarà proprio quest’ultima a essere oggetto della nostra recensione).
PREPARAZIONE:
A seconda del numero di giocatori, si preparano per ogni persona da 5 (in 6) a 10 (in 2) mazzetti, composti da 2 o 3 carte scoperte per ciascuno, in modo tale da esaurire le 60 carte Mito previste per la modalità avanzata (le rimanenti 30 servono, invece, per quella base). Ogni giocatore riceve, inoltre, una carta Mela (quindi una dotazione iniziale di 2 tesori) e pesca 3 carte Divinità a caso, che dovrà tenere in mano coperte.
Se si gioca in 4 o più, ci si divide casualmente in 2 squadre.
Una volta terminato il setup (già, è tutto qua: serve giusto un minuto per iniziare una partita, quasi quanto uno scopone tra amici) uno dei giocatori decide la “moira” (termine che in greco antico indicava la sorte, il destino), ovvero la briscola con cui si comincerà a giocare, e quello che lo segue diventa, invece, il primo giocatore.
A nostro avviso, invece di delegare la decisione della “moira” ai giocatori, sarebbe stato interessante aggiungere un dado a 6 facce personalizzato, con i 5 semi del gioco e un jolly, per rendere il meccanismo più imparziale e anche un po’ più sfizioso (noi lo abbiamo realizzato in casa, attribuendo un colore a ogni numero).
SVOLGIMENTO:
Il giocatore di mano sceglie una delle sue carte “accessibili” (ovvero una tra quelle scoperte più in alto nei rispettivi mazzetti) e la mette in gioco: gli avversari sono costretti a rispondere con carte dello stesso seme (nel qual caso, la presa andrà a chi avrà calato la carta Mito di “forza” superiore) oppure, se non ne hanno, con una carta della moira (che prevale su tutto, come una briscola appunto) o di un seme a caso (che, invece, sarà sempre perdente).
Chi vince la mano, trasferisce le carte ottenute nel proprio tesoro e la partita continua così, finché tutti i giocatori non hanno esaurito i propri mazzetti (o – in alcune circostanze particolari – ne resta solo uno in gioco). A quel punto, ognuno somma i valori dei tesori guadagnati e i relativi bonus degli scrittori (ce n’è uno per colore e dà un cospicuo bonus se si raccolgono più di 6 carte del suo stesso seme) e chi ha ottenuto più punti vince.
Attenzione, però, perché all’inizio di ogni turno, qualsiasi giocatore può decidere di attivare una delle carte Divinità che ha in mano o, durante il turno, una di quelle Mito “accessibili” sul tavolo, pagandone il relativo costo in tesori prelevati dal proprio “gruzzolo”; dopodiché ne applica gli effetti immediatamente (salvo diversa indicazione). Questo è sicuramente l’elemento più destabilizzante (in senso positivo!) e “pepato” dell’intera meccanica: le azioni eseguibili attraverso queste carte sono le più disparate e vanno dallo scambio dei mazzetti al loro blocco, dalla variazione della moira alla decisione delle altrui mosse, e altro ancora.
DURATA:
Le indicazioni riportate sulla scatola del gioco sono alquanto precise: in 2 giocatori, che già conoscono il regolamento e le carte, una partita difficilmente richiede più di 20 minuti, e la durata complessiva aumenta di circa 5 minuti per ogni persona che si aggiunge al tavolo.
Il rischio di paralisi da analisi è piuttosto basso, quantomeno in 2 o 3 giocatori, mentre in 5 o 6, se c’è qualcuno che ha una forte propensione in questo senso, potrebbe ridurre sensibilmente il ritmo del flusso di gioco, perché tenere d’occhio così tanti mazzetti contemporaneamente può richiedere parecchio tempo.
I tempi morti dipendono altrettanto fortemente dalla composizione del tavolo: quando si è in pochi giocatori “snelli” non si avvertono quasi, mentre in tanti “analisti” possono diventare alquanto importanti. Per fortuna, alcune divinità consentono l’attivazione anche nel bel mezzo del turno, quindi il coinvolgimento di tutti i giocatori resta comunque alto.
AMBIENTAZIONE:
Il titolo mette subito le cose in chiaro: si chiama Mythomakya (fusione dei termini mythos = mito e machi = battaglia) e, complice anche il font che richiama i caratteri dell’alfabeto greco, è evidente che voglia modellare una serie di battaglie per la conquista dell’Olimpo.
Come già evidenziato precedentemente, si tratta pur sempre di un filler dalle meccaniche estremamente semplici, quindi l’intera ambientazione viene delegata alle illustrazioni e alle azioni speciali presenti sulle carte. Sotto questo punto di vista, il gioco svolge appieno il proprio dovere: i disegni del team della Andolfo sono azzeccatissimi e piacevolissimi da vedere, e altrettanto indovinate e coerenti sono le funzioni abbinate a divinità ed eroi (la dea della bellezza, Afrodite, irretisce gli avversari e permette di giocare al loro posto, mentre Ares, dio della guerra, aumenta la forza delle carte calate, e Ade, re degli inferi, “resuscita” i tesori; e così via).
CONSIDERAZIONI:
Funziona meglio se…
Mythomakya è un gioco di carte dal flavour molto classico, che rivisita il meccanismo “sempreverde” del trick-taking (alla base, tra gli altri, del tressette e della briscola) con un twist moderno e imprevedibile, legato alle funzioni speciali attivabili dai giocatori.
Ovviamente, come tutti i card game di questo tipo, l’apporto dell’alea – specialmente nella modalità standard – è piuttosto elevato. Per fortuna, nella versione avanzata del regolamento non mancano gli strumenti per tenerla sotto controllo: ogni partita viene, infatti, affrontata a carte scoperte e, ad eccezione delle divinità in mano, le informazioni sono sotto gli occhi di tutti.
Per quanto lineare e semplice, offre comunque un buon equilibrio tra tattica (all’interno della singola mano, con la scelta del seme e del valore più opportuno da calare per vincerla) e strategia (l’attivazione delle divinità nei momenti giusti ha un’importanza cruciale, ma non sono meno importanti i bonus degli scrittori), che gli conferiscono quel pizzico di profondità che fa la differenza.
Proprio come nei grandi classici già citati, anche in questo gioco può essere di grande aiuto l’esercizio della memoria: ricordare quali scrittori sono stati aggiunti ai tesori di ciascun giocatore può essere decisivo, soprattutto in termini “distruttivi” (cioè impedendo di ottenere i bonus relativi), così come tenere il conto dei tesori maturati (quello che può sembrare un sacrificio doloroso come il cambio della moira, che con alcune carte può costare addirittura 7 mele, in realtà si può rivelare decisivo sulla lunga distanza).
Trattandosi, però, di un titolo alla portata di tutti, gli autori hanno pensato bene di livellare quest’abilità individuale, imponendo ai giocatori di tenere sempre scoperti i tesori raccolti: in questo modo, anche il maniaco del “ricordo che carte sono uscite” non avrà un vantaggio sensibile rispetto al neofita più distratto.
Rimanendo in tema di consigli strategici, prestate molta attenzione al costo e, soprattutto, al pagamento delle attivazioni delle funzioni speciali: le carte così utilizzate passano immediatamente dal proprio tesoro al pozzo degli scarti e, quindi, non potranno più rientrare nel computo finale. Questo non riguarda solo i punti vittoria (la penalizzazione è evidente e facilmente quantificabile), ma anche i bonus; quindi non scartate con leggerezza il tesoro dello stesso colore dello scrittore che vi siete appena accaparrati.
La scalabilità, infine, è molto buona, anche se – al contrario di quanto accade spesso nei giochi da tavolo, soprattutto in quelli più leggeri – Mythomakya funziona meglio se lo si affronta in pochi, e in due gira davvero benissimo, grazie alla sua elevatissima interazione; in 5 o 6, invece, a parte la durata ben superiore, diventa molto più difficile monitorare con cura tutto ciò che accade, quindi o lo si affronta con leggerezza o si rischia di cortocircuitare le meningi invano.
E se verrete sconfitti dalla “hybris” di un avversario, non invocate la “nemesis”, ma ricordate sempre che “panta rei” e chiedete piuttosto una semplice rivincita…
POSOLOGIA:
Mythomakya può essere impiegato sia come stimolante da somministrare ai neofiti per avvicinarli a terapie ludiche più impegnative, sia come coadiuvante da abbinare a un altro gioco più impegnativo, per aprire o chiudere la seduta: ha, infatti, un principio attivo di comprovata efficacia e dalla composizione simile ad altri largamente utilizzati in passato, come la briscola e il tressette. Si presta alla somministrazione di gruppo, ma risulta ancor più efficace in caso di terapia di coppia, grazie all’elevata interazione. Può essere prescritto per uso pediatrico dagli 8 anni in su, perché ha una dipendenza linguistica piuttosto ridotta e può dimostrarsi utile per apprendere i primi rudimenti della mitologia greca.
SOTTOFONDO MUSICALE:
Il brano “The Odyssey” dei Symphony X.
Si ringrazia Pendragon Game Studio per aver reso disponibile la copia di valutazione del gioco.
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