Pro: Sofisticato, solido, divertente, profondo ed equilibrato. Abbiamo finito gli aggettivi per definire un gioco davvero bello.
Contro: Elevata astrazione, curva di apprendimento ripida (ma solo il primo strappo!) e meccanica non troppo originale.
Consigliato a: Non può essere il vostro primo gioco, forse non può essere neppure il vostro primo euro game. Ma se avete la “licenza di guida” necessaria, avrete incredibili soddisfazioni.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
ATTENZIONE! Abbiamo recensito anche la corposa espansione Fuoco e Ghiaccio, leggi la nostra recensione.
La terrafomazione (terraforming in inglese) è un ipotetico processo artificiale con cui è possibile trasformare l’habitat di un pianeta. Si tratta di un processo molto noto agli amanti della fantascienza: tanto per citare un famoso esempio, i più attempati fans di Star Trek ricorderanno il fantomatico progetto “Genesis” alla base della trama di due lungometraggi, Star Trek II: L’ira di Khan (1982) e Star Trek III: Alla ricerca di Spock (1984).
Lasciate però sugli scaffali le vostre vecchie miniature di astronavi e space marines. Terra Mystica (d’ora in avanti “TM”) fa suo un vecchio assioma della letteratura fantastica: “i poteri della magia fantasy e della tecnologia fantascientifica sono equivalenti salvo che, tra qualche anno, alcuni prodigi tecnologici potrebbero diventare realtà”.
Ecco dunque 14 razze fantasy piuttosto tradizionali (ma possono esserne giocate al massimo 5 a partita) pronte a contendersi il predominio del mondo. Ognuna di esse privilegia un habitat naturale e per espandere la propria cultura non esiterà ad utilizzare ogni potere per terraformare i territori che la circondano. Qui, poco alla volta, costruirà ogni sorta di edificio (case, empori, fortezze, templi e santuari) che prima o poi si uniranno formando grandi città.
Vi attende quindi un epico scontro fra razze fantasy: un tema apparentemente incompatibile con l’impianto delle regole. Presto scopriremo che TM è un eurogame duro e puro al punto che, fra i coautori, fa capolino il nome di Uwe Rosemberg, che abbiamo già incontrato nelle recensioni di Le Havre e Caverna.
Negli eurogames, l’interazione fra i giocatori è spesso secondaria. Con buona pace della epic fantasy infatti TM non prevede né combattimento fra popoli né esplorazioni di lande selvagge. Questo renderà il gioco poco appetibile a molti amanti del genere.
D’altra parte gli eurogamer tendono a preferire giochi dove il fattore aleatorio è praticamente nullo e le probabilità di vittoria equamente divise fra i giocatori. TM invece non si sottrae alla necessità di diversificare i popoli: ciascuna razza ha due caratteristiche che la differenziano in modo molto marcato dalle altre. Inevitabilmente, almeno nelle prime partite, le razze non sembrano offrire un perfetto bilanciamento: con qualcuna risulterà più facile trovare le tattiche giuste che portano alla vittoria.
Nonostante TM sfidi parecchi stereotipi, è ormai stabilmente nelle primissime posizioni degli indici di gradimento di Board Game Geek. Un’impresa titanica per qualsiasi gioco, addirittura quasi inimmaginabile per un prodotto così atipico.
Apriamo la scatola cercando la soluzione del mistero. Il contenuto è quello di un eurogame “top class”: mappe e componentistica di legno sono di ottima qualità e, già da una prima occhiata, scorgiamo alcuni elementi che richiamano soluzioni che hanno dimostrato solidità ed efficienza in altri giochi di questo tipo. Nota importante: come sempre, non ci interessa la polemica “chi copia cosa” (anche perché non lo sappiamo!). Eventuali similitudini verranno sottolineate soltanto a beneficio di chi conosce i giochi citati.
La mappa modella un grande territorio dove la terraferma è suddivisa in esagoni di 7 diversi colori raffiguranti altrettante tipologie di terreno (Pianure, Paludi, Laghi, Foreste, Montagne, Lande Desolate e Deserto). La mappa/territorio è ricca di corsi d’acqua che disegnano tortuosi percorsi fra gli esagoni e che presto scopriremo avere un’importante funzione per rendere più dinamica l’espansione dei giocatori. Vista l’importanza della disposizione degli elementi sul tabellone, il gioco avrebbe forse meritato la stampa di una mappa alternativa sul retro.
La parte inferiore del tabellone è dedicata alla gestione di 6 azioni speciali il cui funzionamento mutuamente esclusivo (chi primo arrivo meglio alloggia) ricorda i sistemi worker placament. Il bordo, secondo consolidata tradizione, mostra una traccia numerata che serve a tener traccia dei punti vittoria.
Concludono gli elementi del tabellone i 6 spazi destinati a gestire i bonus garantiti da ciascun turno di gioco. Appositi tasselli, pescati casualmente durante il setup, determinano quali costruzioni, possedimenti o specifiche azioni garantiscono punti vittoria o avanzamenti spot.
Altro elemento sono le pergamene, speciali tessere che scelte ad ogni turno permettono di guadagnare risorse aggiuntive salvo poi essere rimesse a disposizione degli altri giocatori per i turni successivi. Ad inizio partita ne viene selezionata una quantità proporzionale al numero di giocatori garantendo così una gamma di scelta ampia ma non esagerata. Chi ha giocato a Tzolkin troverà tutto questo molto familiare.
In entrambi i casi (bonus e pergamene), il gioco fornisce un numero di tessere superiore a quelle strettamente necessarie: così ogni partita fornisce un mix sempre leggermente diverso di questi elementi. Tutto questo garantisce rigiocabilità ed opzioni tattiche sempre diverse. Grazie a queste tessere, le strategie definitive, quelle che vincono sempre, sono solo un lontano ricordo.
Parecchi meeple di legno compongono la dotazione di ogni fazione. Ogni tipo di edificio ha una forma ben riconoscibile, a cui vanno aggiunti i ponti e i sacerdoti.
Le sette schede delle razze sono stampate su entrambi i lati. Ogni scheda ha lo stesso colore di una tipologia di terreno. Corrispondendo al colore dell’habitat naturale delle razze raffigurate, rende impossibile la presenza contemporanea di 2 popoli con le stesse priorità.
Come ormai consuetudine, le schede delle nazioni sono gestite tramite un complesso set di icone che danno indicazioni di ogni tipo. Questa moderna soluzione ha il grande pregio di minimizzare i costi di localizzazione (soltanto scatola e manuale necessitano della traduzione) e di trasmettere le informazioni in modo conciso ed efficace. Purtroppo la loro assimilazione richiede una certa pratica che, se sommata al rodaggio del sofisticato meccanismo, alle prime partite può creare qualche piccola difficoltà.
La struttura delle schede ricorda le soluzioni adottate in altri giochi (Nations, Eclipse, Through the Ages: A Story of Civilization). Durante il setup è necessario riporre tutti i meeple (segnalini di legno dalle varie forme, spesso umanoidi) sugli appositi spazi della scheda. Man mano verranno rimossi per trovare posto sulla mappa, e la scheda ci mostrerà i bonus derivati. Oltre alla dotazione iniziale di monete e di lavoratori, sulla scheda troviamo anche due importantissimi indicatori che condizioneranno non poco lo sviluppo dei giocatori: la capacità di navigazione attraverso i corsi d’acqua e la capacità di terraformare (quanto cioè costerà ogni step di modifica del terreno).
Una sorta di “orologio” mostra ad “ore 12” la tipologia di terreno ideale per quel popolo. Gli altri terreni sono disposti in sequenza. Piu lontani sono dal terreno ideale, più è difficile la loro trasformazione. Così ad “ore 5 e 7” si trovano i due terreni più difficili da terraformare.
Per calcolare la difficoltà di terraformazione e necessario contare le “pale” che dividono il terreno oggetto della trasformazione dal nostro terreno ideale. Essendo possibile eseguire tale conteggio in entrambe le direzioni, questo significa che nessun terreno ha mai una una difficoltà maggiore di 3.
A corredo di questo meccanismo, il gioco fornisce le pedine necessarie per tener traccia della terraformazione: questi dischi tondi riportano le diverse tipologie di terreno e verranno sovrapposti agli esagoni terraformati per indicare il tipo di terreno ottenuto.
Un sistema più difficile da spiegare che da capire, esattamente come la cosiddetta “gestione del potere”. Ogni scheda personaggio riporta 3 piccole nuvolette intercomunicanti in modo da formare, ancora una volta, un circolo. Due di questi spazi rappresentano altrettanti step di preparazione sequenziali mentre il terzo rappresenta la riserva di potere pronta all’uso.
Ogni giocatore dispone di 12 pedine potere che devono essere piazzate su queste nuvolette secondo precise indicazioni che variano di razza in razza.
Durante la partita, la costruzione di alcuni edifici permetterà di “guadagnare potere” e quindi spostare progressivamente le pedine da preparazione 1 a preparazione 2 e da qui al serbatoio del potere pronto all’uso. Una volta che queste verranno spese per compiere azioni od effettuare migliorie, torneranno nello spazio “preparazione 1” creando così un loop infinito.
A lato del tabellone principale viene posizionata la cosiddetta “tavola dei culti” che ricorda da vicino quella di Tzolkin . Sono rappresentati i 4 elementi (terra,acqua, fuoco e aria). Rappresenta il rapporto fra la propria razza e i diversi dei. e per progredire in ciascuna colonna,è necessario investire, principalmente. in sacerdoti .
Queste scalate garantiscono punti potere e, alla fine della partita, un davvero cospicuo tesoretto di punti vittoria: non sono la via principale per vincere ma comunque rappresentano una valida opzione tattica.
Concludono l’articolata dotazione del gioco le cosiddette “tessere favore”, che rappresentano le ricompense degli Dei alla costruzione di templi e santuari. Le divinità devono essere molto riconoscenti di queste costruzioni, perché questi bonus una volta acquisiti sono permanenti e garantiscono importanti risorse.
Eccoci dunque pronti per giocare, ma, per la prima partita, è importante seguire le indicazioni che il manuale offre per tutelare i neofiti.
Gli impantanamenti (zone della mappa dove è troppo difficile terraformare ed espandersi) e i dualismi (vicinanza a razze potenzialmente interessate agli stessi esagoni) possono relegare un popolo ad un ruolo marginale per tutta la partita (vedi crescita esponenziale).
Col tempo i giocatori impareranno a gestire il setup, ma per evitare che il gioco fornisca una falsa visione di sé stesso, alla prima partita è necessario seguire le indicazioni fornite:
- le locazioni ideali di ciascuno dei 2 edifici che ogni popolo è chiamato a piazzare sulla mappa prima di iniziare a giocare.
- 4 razze, quelle un poco più facili da giocare e con caratteristiche molto diverse. Viene indicato in via subordinata anche il setup per 2-3-5 giocatori: un indizio neppure troppo nascosto di come il gioco dia il meglio di sé con 4 giocatori.
TM è quindi un po’ come un’auto da corsa o un puledro di razza: potenzialmente ad altissime prestazioni, dà il meglio di sé solo in determinate condizioni e soltanto se condotto con mano sapiente e decisa. Non preoccupatevi di questo aspetto. Se il gioco vi piacerà presto sarete in grado di gestirlo al meglio, ricavandone grande soddisfazione.
Che abbiate eseguito il setup consigliato o abbiate posto i primi edifici sulla mappa in autonomia, avete ora stabilito le vostro zone di inizio dell’espansione: i vostri edifici dovranno svilupparsi adiacenti a quelli già presenti sulla mappa, salvo il (costoso) utilizzo dei corsi d’acqua.
Nell’impianto di base, il gioco rappresenta una raffinata interpretazione dei meccanismi a crescita esponenziale: tutto molto curato e con ampissime possibilità di scelta, anche se non troppo originale.
Una partita dura sei turni, all’interno dei quali ciascun giocatore può compiere un qualsiasi numero di round.
Ad ogni turno il giocatore acquisisce risorse (potere/lavoratori/denari) che impiegherà durante i round per compiere le azioni necessarie allo sviluppo. Il primo popolo a “passare” sarà il primo a giocare il turno successivo.
Dopo aver compiuto la terraformazione necessaria, egli potrà costruire sull’esagono un nuovo edificio di base. L’evoluzione delle costruzioni è sequenziale e ramificata. Un edificio diventa un emporio che a sua volta può evolvere seguendo 2 diverse direttrici: religiosa (templi e successivamente santuari) e militare (fortezze).
Ogni tipo di costruzione garantisce i propri vantaggi:
- gli edifici forniscono la forza lavoro;
- gli empori garantiscono denaro e un poco di potere;
- le fortezze “sbloccano“ la seconda abilità speciale (per alcune razze è indispensabile raggiungere questo obbiettivo il più in fretta possibile);
- i templi producono sacerdoti (che risulteranno utili per progredire nella tabella dei culti e per migliorare le capacità di terraformazione) e garantiscono i ”doni degli dei”: rilevanti bonus permanenti;
- i santuari che, oltre a garantire i bonus dei templi, rendono più facile la costruzione di nuove città.
Per agevolare l’espansione territoriale, potremo inoltre investire sulla capacità di terraforming e navigazione.
Ognuno di questi elementi costa risorse (soldi, lavoratori e potere) in diverse combinazioni. Gli empori, elementi cardine della crescita, prevedono un costo dimezzato se vengono costruiti contigui ad edifici di altri giocatori.
Ottenere questa agevolazione garantisce al nostro vicino la possibilità di guadagnare punti energia in proporzione al numero di edifici interessati. Ancora una volta il benefit ottenuto non sarà gratuito: incassare questi punti potere ha un costo in punti vittoria.
Ecco dunque lo splendido paradosso che rende vincente ed originale questo gioco: più stiamo vicini ai nostri avversari, meno spenderemo per progredire ma, al contempo, questa vicinanza può essere molto pericolosa perché gli esagoni su cui essi costruiranno non potranno più essere modificati e rappresenteranno delle barriere per noi insuperabili.
Un trade off bello e raffinato ma tutto sommato statico. Per garantire alle vostre squadre di terraforming nuove lande inesplorate, imparerete ad usare i corsi d’acqua:
- I ponti permettono di espandere le città sull’altra sponda senza penalità alcuna.
- La capacità di navigazione permette di terraformare esagoni lontano dai vostri possedimenti.
Il motore che muove questo sofisticato meccanismo sono le otto azioni fra cui ogni fazione può scegliere ad ogni round: costruire e terraformare, piazzare sacerdoti sui culti o azioni speciali della razze. Di particolare importanza sono però le “azioni speciali”.
Pagando i punti potere necessari è possibile garantirsi ulteriori risorse base, costruire ponti e i sacerdoti e naturalmente, “vanghe”, le unità di misura con cui vengono calcolati i costi di terraforming (una vanga = una passaggio sulla ruota di conversione).
Questo utilizzo solo parziale del worker placement, l’uso combinato di risorse il cui approvvigionamento è diversificato e la gestione degli edifici forniscono un’ampiezza di opzioni degna dei migliori eurogame.
Quando le zone di espansione diventano sufficientemente grandi, diventano automaticamente città garantendo ulteriori bonus e punti vittoria.
Alla fine della partita, quasi tutte le razze avranno sviluppato 2 città, 3 in rari casi. A fare la differenza, durante il calcolo dei punti vittoria, è l’ampiezza delle zone controllate da ciascun giocatore, che vengono calcolate tenendo conto anche delle rispettive capacità di navigazione.
Bottom Line
I principali difetti del gioco sono l’elevata astrazione e la curva di apprendimento un poco ripida. Il numero di regole non è elevato e il gioco è scorrevole: la difficoltà sta nel saper governare con efficacia la propria razza e i rapporti di vicinato. Una volta assimilato, il gioco scorre con efficacia: in poco più di 2 ore potrete terminare una partita.
Le fonti di approvvigionamento dei punti vittoria sono molto diversificate. Inevitabilmente le caratteristiche speciali delle razze tendono a facilitare l’uno o l’alto metodo di acquisizione. Nonostante i popoli siano molti diversi fra loro, tutto risulta sufficientemente bilanciato.
Un gioco sofisticato e profondo: tutto gira con estrema naturalezza offrendo un’incredibile rigiocabiltà. Non solo le razze sono parecchie: basta cambiare i “vicini di casa” per modificare di parecchio le strategie.
La sua originalità sta nell’uscire sempre vincente dai piccoli e grandi paradossi che propone, la sua forza nell’estrema solidità dell’intero impianto. Il gioco vanta un estensivo playtesting e si vede: trasformare una buona idea in un grande gioco richiede tanto lavoro, proprio come trasformare una palude in una fertile pianura!
Si ringrazia Cranio Creations per aver messo a disposizione la copia di valutazione.
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