Pro: Realizzazione sontuosa per uno dei meccanismi di gioco più originali del mercato. Incredibile equilibrio: pochi altri giochi vantano un’ambientazione degna di un gioco tematico, ma sono in grado di soddisfare anche le esigenze degli eurofanatici.
Contro: Bassa scalabilità; curva di apprendimento leggermente ripida per via dell’ampio set di icone e serve qualche partita anche per riuscire a padroneggiare la gestione delle proprie azioni.
Consigliato a: Potenzialmente è un gioco in grado di attrarre qualsiasi giocatore (esperto) in cerca di qualcosa di molto originale, ma – come spesso accade in questi casi – tutti rischiano anche di rimanere un po’ delusi: chi ama i giochi tematici di Heroic fantasy potrebbe trovare debole la modellazione della mappa, mentre gli amanti dei gestionali potrebbero trovarlo un po’ light.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
In un tempo molto lontano, nel regno di Hyperborea prosperava la civiltà e il progresso. I cristalli di energia garantivano floridità e ricchezza, ma la cupidigia spinse a scavare troppo a fondo e l’energia si sprigionò inesorabilmente. Tutto fu spazzato via, salvo pochi fortunati che si salvarono grazie alla saggezza di alcuni maghi, i quali avevano allestito per tempo una barriera magica protettiva.
Da quella grande catastrofe è passato parecchio tempo. Oggi 6 razze si contendono la supremazia del territorio, tornato selvaggio e inesplorato, in cui prosperano nuove e ricche città e giacciono antiche rovine, che nascondono preziose reliquie della civiltà che fu.
Unboxing
Le “parole chiave” che qualsiasi giocatore un po’ esperto desume dalla descrizione appena fatta sono “fantasy” (per l’ambientazione) e “4X” (ovvero quei giochi a crescita esponenziale dove piccoli regni crescono fino a contendersi il dominio del mondo). Percezione che, aprendo la scatola, si rivelerà corretta soltanto in parte.
La prima sensazione è quella di trovarsi di fronte a un cosiddetto “monster game”: un’ottima grafica fantasy, pulita e colorata, regala leggerezza a un contenuto davvero imponente.
La mappa è sostituita da esagoni di grande dimensioni, a cui vanno aggiunti 6 agglomerati di 3 esagoni ciascuno che rappresentano le terre di partenza delle razze del gioco.
In relazione al numero di tipi di terreno disponibili (pianura, montagna, palude e foresta), troviamo dentro la scatola un numero di esagoni decisamente molto elevato. A fare la differenza (e la varietà di gioco) sono i contenuti degli esagoni stessi: città con caratteristiche sempre diverse e antiche rovine. In fase di setup – e/o durante la partita – verremo chiamati a posizionare sopra le rovine 2 o 3 “gettoni”, rendendo così ogni luogo dimenticato il nascondiglio di antichi artefatti da riportare alla luce.
Le carte civilizzazione sono suddivise in quattro sottomazzi, in base alla scienza/tecnologia a cui afferiscono:
- Mazzo I: esplorazione e guerra;
- Mazzo II: commercio e crescita;
- Mazzo III: progresso e scienza;
- Mazzo IV: conversione e rinnovamento.
Queste carte hanno la tradizionale funzione di aumentare le potenzialità di una razza al progredire della civiltà, anche se – in modo molto originale – esse si traducono soltanto in nuove azioni a disposizione del giocatore che le possiede.
La policromia del gioco, che ritroviamo riprodotta con molta coerenza su diversi elementi, serve a codificare le aree tematiche dello sviluppo della civiltà, secondo lo schema indicato nella figura sottostante.
Segue questo schema cromatico anche la cospicua dotazione di cubetti di legno, che verranno utilizzati dai giocatori per mantenere i conteggi relativi alle crescite tecnologiche. Presto scopriremo che rappresentano il cuore pulsante del gioco, la cui funzione va davvero ben oltre quella delle semplici pedine.
Perfino le plance dei giocatori sono fortemente condizionate da questo schema cromatico: una griglia centrale permette di tenere traccia del progredire della civiltà in ciascun “colore” (ramo tecnologico). Viene poi proposto un sistema ciclico: una volta raggiunta la fine della corsa, il giocatore guadagnerà un cubetto di quel colore e ricomincerà dall’inizio della riga, per collezionarne uno nuovo.
Ai bordi della scheda, invece, ogni “colore” dispone di un proprio gruppo di due azioni base, che analizzeremo in seguito.
Anche le stesse razze sono contraddistinte con gli stessi colori: in modalità avanzata, questo aiuterà a identificare la propensione allo sviluppo di ogni singolo popolo.
Ciascun popolo è dotato di un set piuttosto nutrito di materiale:
- 10 miniature che rappresentano le forze militari;
- 2 tessere abilità speciali tra cui il giocatore potrà scegliere nel caso in cui si decide di utilizzare le regole avanzate; la loro funzione è quella di rendere ogni razza diversa dalle altre;
- un sacchetto di stoffa di colore appropriato, che serve per gestire i turni e le fasi del giocatore;
- la plancia di gioco, un vero e proprio cruscotto per gestire le azioni disponibili, punti vittoria e, grazie al supporto di appositi segnalini, il progresso tecnologico in ciascuna specializzazione;
- segnalini che rappresentano le fortezze della civiltà.
Di colore grigio sono, invece, gli elementi di contrasto forniti dal gioco:
- 18 miniature di fantasmi, che saranno chiamati a difendere città e rovine;
- cubetti di legno – della stessa misura di quelli colorati – che rappresentano la corruzione e il degrado. Verranno aggiunti, nostro malgrado, agli altri nostri cubetti, rappresentando nella stragrande maggioranza dei casi soltanto un intralcio.
Il setup
La mappa viene assemblata scegliendo un esagono centrale e circondandolo con sei esagoni generici. Sarà, poi, necessario espandere ulteriormente la mappa, aggiungendo i blocchi di tre esagoni che rappresentano i territori di partenza di ciascuna delle razze in gioco.
Il gioco sembra esprimere il meglio di sé nella versione con 3 o 4 giocatori, in primis perché risulta congruo il numero di esagoni centrali da esplorare, ma non solo. Nella versione per 2 giocatori, come spesso accade, vengono a mancare alcune dinamiche tipiche del mutiplayer, mentre nella versione a 5 giocatori la mappa viene generata in modo asimmetrico, suscitando qualche perplessità sul bilanciamento della posizione iniziale attribuita a ciascuna razza.
La creazione della mappa tornerebbe a essere simmetrica nella versione per 6 giocatori ma, in questa configurazione, i tempi morti risultano piuttosto elevati, vista la quasi totale assenza di interazione tra i giocatori e la durata complessiva della partita, che il gioco stesso indica pari a 25 minuti per partecipante: in 6 esperti la partita dura circa 3 ore.
All’inizio della partita, soltanto i 3 esagoni dei territori di partenza di ciascuna razza sono visibili. Da prendere in considerazione la variante proposta dal regolamento, che prevede di cominciare la partita con tutti gli esagoni della mappa visibili: considerato che basta l’adiacenza di una qualsiasi unità militare per rendere visibile un esagono, già a partire dalla fine del primo turno la mappa è quasi per intero rivelata e la differenza tra le 2 varianti è quasi nulla.
Altra decisione da prendere in fase di allestimento è quella di scegliere se giocare in modalità base oppure avanzata. Come avevamo già visto in Nations e in Patchistory (solo per citare quelli già recensiti da noi) la modalità avanzata non introduce set di regole particolari, ma permette di giocare in modo asimmetrico, usando le abilità speciali delle razze e gli esagoni di partenza diversificati: gli agglomerati di 3 esagoni che rappresentano i territori di ciascuna razza sono, infatti, stampati su entrambi i lati, uno uguale per tutte le razze e uno contenente tutto il necessario per sfruttare al meglio le peculiarità di ciascuna.
Per i giocatori più esperti, il gioco appare più interessante in modalità avanzata, anche se dai forum si è alzata più di una voce dubitando del perfetto bilanciamento di questa versione. Che qualche razza risulti un po’ più facile da giocare è nell’ordine naturale delle cose ed è un fatto comune a tutti i giochi che propongono questa peculiarità. Da parte nostra, preferiamo soltanto raccomandarvi di giocare più di una partita in modalità semplice, al fine di conoscere meglio le tante possibilità offerte dal meccanismo di gioco e quindi, quando deciderete di passare al modulo avanzato, saprete interpretare meglio ogni peculiarità di ciascuna razza.
Una volta allestita la mappa e scoperte 2 carte tecnologia di ciascun mazzo, ogni giocatore pone davanti a sé il proprio cruscotto e sistema 3 unità militari nella propria capitale (l’esagono dei propri territori di partenza che risulta più lontano dal centro).
È tempo di prendere alcune decisioni rispetto allo sviluppo della propria civiltà. Il meccanismo del Civ Game tradizionale è declinato in modo molto originale: il giocatore acquisisce i cubetti di legno che, a loro volta, permettono di attivare le azioni base o quelle acquisite con le carte civiltà. Più cubetti (e carte civiltà) vengono acquisiti di un determinato colore, più quella razza si specializzerà in quel determinato ramo della scienza. Il gioco utilizza, quindi, un sistema già noto – anche se ancora poco diffuso – definito “bag building“: si tratta di un incrocio tra quello che è il sistema chit pull e un’altrettanto nota meccanica denominata deck building. Si combinano, cioè, le caratteristiche di maggior maneggevolezza e semplicità di utilizzo che la “pesca del segnalino” vanta rispetto alle carte, con parte delle grandi potenzialità tattiche e strategiche legate all’allestimento del mazzo, che fungerà poi da motore per le azioni del giocatore.
In fase di setup, il giocatore mette nel proprio sacchetto un cubetto di ogni tipo, più uno di un colore a scelta, per un totale di 7 cubetti. Inoltre, potrà scegliere su quali tecnologie spendere i bonus iniziali e quindi, presumibilmente, decidere quali intende sviluppare (acquisendo nuovi cubetti) con qualche priorità.
Il gioco
I giocatori si alternano nella gestione delle fasi, pescando dal proprio sacchetto 3 cubetti, che potranno essere piazzati sulle azioni disponibili in quel momento.
Bisogna prestare molta attenzione nelle definizioni: i giocatori si alternano nelle fasi, ma terminano il proprio turno solo quando esauriscono i cubetti da estrarre dal sacchetto. Siccome il numero di cubetti che i giocatori inseriscono nel sacchetto dipende dalle decisioni di ciascuno, è evidente che il turno ha una durata estremamente variabile: questa è una meccanica maledettamente interessante, e tutto sommato molto semplice da gestire, anche se richiederà particolare attenzione nel seguito della lettura dell’articolo. Occhio, quindi, all’uso dei termini “fase” e “turno”!
Il “fine turno” risulta molto vantaggioso, perché libera le unità bloccate in città/rovine e resetta le azioni possibili. Il giocatore si troverà, quindi, a dover gestire costantemente il trade off tra aggiungere nuovi cubetti civiltà di un colore ritenuto utile e mantenere il sacchetto “leggero”, per rendere il più veloce possibile il proprio turno di gioco.
È necessario, inoltre, sottolineare che, a fine partita, i cubetti acquisiti vengono convertiti in punti vittoria e che i giocatori devono fare attenzione al momento in cui terminano i cubetti nel sacchetto, perché l’ultima fase di un turno può essere giocata anche con soli uno o due cubetti, rendendola così meno efficace.
In ciascuna fase, il giocatore può piazzare i cubetti disponibili sulle azioni di base e su quelle acquisite con le carte civiltà, seguendo una serie di regole che impongono limitazioni e vincoli.
Come abbiamo già accennato, ogni giocatore sulla propria plancia di gioco dispone di un gruppo di 2 azioni per ciascun colore/tecnologia. Durante un turno, ogni giocatore può attivare (mettendo cubetti) solo una delle due azioni.
Soltanto le azioni riguardanti l’acquisizione di nuove carte civilizzazione necessitano dell’utilizzo di tre cubetti, mentre tutte le altre vengono attivate con due soltanto.
In ogni caso, almeno uno dei cubetti richiesti corrisponde sempre alla categoria di appartenenza.
Molto spesso, all’interno di un gruppo di azioni, una richiede cubetti di uno specifico colore, mentre l’altra risulta un po’ più flessibile, richiedendo almeno un cubetto di qualsiasi colore. Queste ultime risultano più semplici da attivare, anche se alla fine producono risultati leggermente più deboli.
Non esiste alcun obbligo di completare (ovvero mettere tutti i cubetti) un’azione durante una singola fase, anche se a fine turno i cubetti che si trovano su azioni non ancora completate vengono rimessi nel sacchetto, senza produrre alcun effetto positivo.
Ogni azione completata permette generalmente di compiere due diverse attività. Un sistema un po’ complesso di icone decodifica le diverse attività:
- guadagnare un punto movimento;
- combattere;
- guadagnare una fortificazione;
- avanzare qualche tecnologia per guadagnare nuovi cubetti;
- acquisire nuove carte civiltà;
- mettere nuove unità sulla mappa.
Le carte civiltà ne aggiungono poi altre, come “attacco a distanza”, “volare (ignorare le penalità di movimento)” e altre anche più complesse. Mettete comunque in preventivo una partita o due di rodaggio, per imparare al meglio tutte le icone, soprattutto quelle utilizzate non troppo frequentemente.
La quadratura del cerchio risulta semplice. Le azioni a tema rosso prevedono attività come combattimento, fortificazioni e movimento: tutto quello che serve per mettere in pratica un atteggiamento ostile verso gli altri giocatori. Le azioni del gruppo porpora combineranno l’aumento del numero di unità con il movimento, facilitando la diffusione della razza e così via.
Anche mostrando grande equilibrio e una buona memoria, non si riesce sempre a pianificare con cura un’alta percentuale di azioni, perché qualche volta si finisce per perdere la consapevolezza del contenuto del sacchetto o, più semplicemente, fase dopo fase, le condizioni sulla mappa evolvono in modo tale da essere costretti a prendere decisioni contingenti.
Tutto questo finisce per essere declinato sulla mappa: il giocatore può spendere le attività che raccoglie durante una fase nell’ordine che preferisce, anche se ottenute da azioni diverse o in altro modo. Il sistema è molto flessibile e regala una notevole profondità di gioco, anche se tende a dilatare i tempi morti: la fase di gioco di ciascun giocatore finisce inevitabilmente per essere un po’ più lungo della media.
La modellazione è quella tipica dell’heroic fantasy, in cui si alternano momenti tipici del gioco di ruolo (come la visita delle città o l’esplorazione di antiche rovine) ad altre che modellano scontri più o meno epici tra le diverse fazioni. Il richiamo a giochi di successo come Mage Knight è abbastanza evidente, ma Hyperborea evidenzia una vena più da eurogame, sacrificando in parte la qualità della modellazione a favore di una maggiore giocabilità e una minore dipendenza dall’alea. Inoltre, rispetto ad altri prodotti simili, il gioco propone un gameplay “on map” decisamente semplificato.
D’altra parte, sarebbe impossibile gestire situazioni troppo complesse, visto che gran parte delle difficoltà del gioco sono state trasferite nelle fasi di gestione dei cubetti e di acquisizione delle azioni. Una catena di attività come “avanzo, attacco il nemico, e costruisco le fortificazioni per difendermi dal contrattacco” non solo risulta di difficile attuazione, ma spesso diventa disponibile solo ogni 2 o 3 fasi. In altri giochi, questo è invece un schema di comportamento semplice, alla base di strategie più complesse.
Non bisogna neanche sottovalutare i modificatori dei terreni all’apparenza banali, perché in realtà non è così semplice ottenere più punti movimento durante la stessa fase. Ad esempio, uscire dalla palude verso un qualsiasi altro tipo di esagono (costo: 2 punti movimento) richiede un certo sforzo organizzativo, mentre in altri giochi rappresenterebbe solo un minor raggio di azione della nostra unità.
Per queste ragioni, molte attività sono semplificate all’osso. Si prenda ad esempio il combattimento: una volta che il giocatore dispone di questa attività, egli potrà semplicemente indicare il bersaglio (che deve trovarsi nello stesso esagono) ed eliminarlo dalla mappa. In presenza di città o rovine libere da fantasmi il meccanismo è pressoché identico. Se ci si trova nello stesso esagono, entrare in questi luoghi non costa alcun punto movimento e basterà dichiarare l’intenzione di entrare in città o esplorare le rovine (sempre che ci siano ancora pedine da recuperare) guadagnando i benefici previsti da queste località.
Per poter accedere a città e rovine è necessario eliminare le unità fantasma che le difendono, oppure le unità degli avversari che le stanno già occupando. Di conseguenza, è impossibile visitare uno di questi luoghi se questo è già occupato dalle nostre unità. In questo caso, è necessario attendere la fase di fine turno, quando l’unità che la occupa la lascerà libera, tornando ad occupare più genericamente l’esagono in cui questa è inserita.
Ogni città rende disponibile una o più attività, esattamente come se si trattasse di un’azione. Le rovine, invece, contengono due o tre oggetti preziosi da recuperare, il cui valore varia in base alla tipologia (oro, argento, bronzo) delle rovine. Il contenuto è estremamente diversificato: queste possono elargire cristalli di energia (punti vittoria), nuovi cubetti da aggiungere ai sacchetti e tanti altri fattori.
La trama strategica, invece, ricorda molto quella di Eclipse: i giocatori sono chiamati a spingersi verso il centro della mappa, dove le ricompense sono maggiori, sia in termini di rovine/città che in termini di punti vittoria.
La lotta per il centro ovviamente non esclude attriti con i nostri vicini. Due fazioni possono occupare lo stesso esagono, ma ai fini del conteggio dei punti vittoria soltanto quella con più unità controlla l’esagono. Inoltre, le unità impediscono reciprocamente il movimento: lo scontro tra vicini diventa, quindi, inevitabile.
Le tensioni tra razze adiacenti sono del tutto normali ma, in tavoli particolarmente numerosi, l’interazione diretta tra giocatori NON adiacenti è limitata quasi esclusivamente alle fasi avanzate della partita. Così, la stessa sequenza dei giocatori e le razze interpretate possono diventare un elemento particolarmente incidente sull’equilibrio del tavolo. Nulla di particolarmente fastidioso, ma quando distribuite le razze e prendete posto al tavolo, cercate di evitare che i giocatori meno esperti siano confinanti con razze molto aggressive o altri partecipanti particolarmente abili.
La partita termina secondo le modalità prestabilite in fase di setup, dove è possibile scegliere tra una partita corta, media oppure lunga. Il gioco prevede tre diversi traguardi:
- mettere sulla mappa tutte e 10 le unità militari che si possiedono;
- possedere almeno 5 carte civilizzazione;
- aver raccolto 12 cristalli di energia (i punti vittoria del gioco).
Nella partita breve basterà che un giocatore raggiunga una sola tra le tre condizioni possibili per finire, mentre nella media ne serviranno due e in quella lunga, infine, almeno un giocatore dovrà adempiere a tutte e tre le condizioni previste.
Il conteggio dei punti vittoria è tipicamente quello di un eurogame, perché moltissimi fattori concorrono a determinare il risultato finale. Di particolare interesse è il fatto che vengano conteggiati sia il numero di pedine fantasma uccise, sia il numero di avversari a cui si è riusciti a eliminare almeno una pedina. Questi fattori risultano importanti, perché costringono i giocatori a dare maggiore importanza alla parte militare, riequilibrando così gli elementi tipici degli eurogame.
Bottom line
A noi il gioco è piaciuto parecchio, anche se abbiamo riscontrato un range piuttosto ristretto entro il quale il gioco riesce a esprimersi al meglio: bisogna fare i conti con i tempi morti, la durata leggermente sopra alla media e la bassa scalabilità. Superate queste premesse, è poi necessario imparare le tante icone e prendere confidenza con la grafica davvero molto bella, ma qualche volta un po’ carente in termini di chiarezza (in qualche situazione, all’inizio si possono confondere le città con le rovine).
Superate queste difficoltà, sarà possibile apprezzare l’estremo equilibrio tra tutti i fattori che il gioco propone. È, infatti, un eurogame leggero – così di moda in questo periodo – ma con un tema da ameritrash e un’interazione tra i giocatori tipica dei giochi di espansione (4X).
Sotto questo ultimo punto di vista (4X), Hyperborea non regge il confronto con altri giochi di questo tipo, ma la vera forza del gioco è la gestione del turno tramite il sacchetto e i cubetti pescati. Più ci giocherete, più scoprirete le enormi potenzialità del Bag Building: diverrete padroni di finezze e trucchi, che vi aiuteranno a plasmare a regola d’arte il contenuto del vostro sacchetto.
La “pesca dei segnalini dal sacchetto che condizionano le azioni disponibili” non è una novità assoluta nel panorama mondiale, ma certamente qualcosa di molto innovativo nei giochi disponibili in italiano, o comunque tra i titoli “blockbuster” degli ultimi anni. Il meccanismo risulta un po’ bizantino ma ben congegnato, perché tutto è pensato affinché i giocatori facciano le giuste scelte e non si tramuti in una semplicistica gara a raccogliere il massimo numero di cubetti possibili, o a fare la prima azione che si riesce ad attivare.
L’impianto coreografico globale, davvero di primissimo ordine, ci dà lo spunto per chiudere con una piccola nota piacevolmente patriottica: Hyperborea è un gioco concepito, testato, illustrato e prodotto in Italia ed è davvero motivo di orgoglio vederlo competere in qualità complessiva con i prodotti “top class” di scuola tedesca e anglosassone.
Si ringrazia Asterion Press per aver messo a disposizione la copia di valutazione del gioco.
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