Pro: scala perfettamente anche con 2 giocatori; meccanica originale, scorrevole e, soprattutto, molto appagante; materiali e grafiche eccezionali.
Contro: ambientazione poco sentita; la gestione dei geni risulta leggermente slegata dal resto; discreta propensione alla paralisi da analisi, specialmente nelle prime partite.
Consigliato a: chi vuole provare per la prima volta nella sua vita un vero e proprio eurogame; chi cerca un gioco bello, sia da giocare che – perché no – da vedere, che non esageri con le complicazioni, ma al tempo stesso non sia per nulla banale.
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PREMESSA:
Si potrebbero fare delle interessantissime riflessioni di carattere etno-antropologico sui legami tra storia del gioco e identità culturale nei diversi continenti del nostro pianeta: a parte il fatto – in vero molto significativo – che il concetto di gioco da tavolo è nato in Oriente e non in Occidente e sono stati gli Arabi a portarlo in tutto il mondo conosciuto, risulta davvero curioso che in Europa si siano affermate per prime meccaniche di raccolta e dominio (dama e scacchi), mentre in Asia si sono sviluppate meccaniche di controllo ed espansione (backgammon e go) e in Africa e Medioriente meccaniche ancora diverse, basate sulla semina (mancala). Con questo, non abbiamo pretese di catalogazione – né tantomeno di categorizzazione – sistematiche, ma ci sembra piuttosto evidente che la cultura dei diversi popoli abbia ispirato lo sviluppo del settore ludico in direzioni ben precise e nettamente differenti: per questo, quando abbiamo nominato la dama e gli scacchi, tutti avrete colto al volo l’argomento, sul backgammon a molti si sarà accesa in testa una lampadina e anche il go sarà stato riconosciuto da qualche estimatore, ma… chi ha mai giocato a mancala?
Facezie a parte, questa categoria di giochi di tavolo, che vanta una tradizione millenaria alla spalle, ha un meccanismo pressoché sconosciuto in Europa e anche tra i giochi di stampo moderno non è stato quasi mai replicato: ricordiamo giusto una manciata di titoli – in particolare Genoa di Dorn – almeno fino ad oggi. Five Tribes è indubbiamente il primo a unire la meccanica del mancala (e non mandala, attenzione!) a un’ambientazione coerente con le sue origini, ma non solo: gli elementi di interesse del nuovo gioco di Bruno Cathala (Abyss), distribuito in Italia da Asterion Press, sono tanti e tutti da scoprire per quello che – azzardiamo un pronostico – diventerà un nuovo grande classico dei giochi da tavolo moderni. Vi presentiamo, inoltre, la prima espansione Gli Artigiani di Naqala, che – come vedremo – rende il gioco ancora più articolato e profondo, senza aumentare troppo il livello medio di difficoltà.
UNBOXING:
Questa volta non vogliamo usare mezzi termini: per essere il limite massimo in termini di complessità per un gateway game (cioè un gioco che permette di avvicinare i babbani agli eurogame moderni) Five Tribes ha un contenuto indubbiamente “monstre”.
Aprendo la scatola – pesante, colorata e illustrata magnificamente – troviamo un bel divisorio in plastica, che permette di sistemare ogni componente al suo posto, e un quantitativo di legna, in forme e colori assortiti, da fare invidia a un castoro dell’Oregon.
Sono, infatti, realizzati con questo nobile materiale:
- 90 meeple suddivisi in 5 colori diversi, che fanno riferimento alle 5 tribù del titolo;
- 6 minareti (4 di colori diversi e 2 “doppioni” per le partite in 2 giocatori);
- 38 cammelli – i cosiddetti “cameeples” – di 4 colori diversi (11 per 2 giocatori e 8 per gli altri 2);
- 12 palme e 10 palazzi.
Oltre a questi componenti (tutti peraltro di dimensioni ragguardevoli) abbiamo:
- un sacchetto in stoffa nera, all’interno del quale devono essere inseriti i 90 meeple;
- le schede riassuntive con l’ordine di gioco e l’elenco dei poteri dei geni;
- 30 tessere in cartone quadrate, che vanno a comporre la plancia in modo modulare e flessibile (12 sono i villaggi e i luoghi sacri e hanno il valore numerico in blu, 18 sono le oasi e i mercati e hanno il valore in rosso);
- 2 plancette per gestire i turni di gioco;
- 48 monete da 1 e 48 monete da 5, tutte in cartoncino spesso;
- un mazzo di 54 carte telate di piccole dimensioni, che rappresentano le risorse utilizzabili al mercato (36 merci e 18 fachiri, che come vedremo fungono da jolly);
- un mazzo di 22 carte telate di forma quadrata con raffigurati i geni (e qui l’illustratore si è superato: ogni jinx è diverso dagli altri, ha un nome roboante e le immagini sono davvero evocative e piene di colore e vitalità);
- un blocchetto segnapunti.
Infine, c’è il regolamento: breve (8 pagine in tutto), colorato (pure lui!) e pieno zeppo di illustrazioni, che chiariscono anche il più piccolo dubbio di ogni singola fase di gioco. Insomma, il prezzo di vendita non sarà propriamente popolare, ma il gioco vale fino all’ultimo centesimo speso e la soddisfazione nel maneggiare questi materiali così raffinati e accattivanti è davvero impareggiabile.
PREPARAZIONE:
Il “terreno di gioco” si prepara disponendo in modo casuale le 30 tessere deserto in un reticolato 5×6. Dopo aver inserito tutti i meeple di tutte e 5 le tribù nel sacchetto, si agitano per bene e poi se ne estraggono 3 per ogni tessera.
Accanto all’area di gioco, si sistemano:
- le 2 plancette per la gestione dei turni di gioco;
- il mazzo dei geni (mescolato) con le prime 3 carte scoperte;
- il mazzo delle risorse (altrettanto mescolato) con le prime 9 carte scoperte;
- 2 mucchietti separati con palme e palazzi.
A ogni giocatore viene fornito, infine, un set delle stesso colore, composto da un minareto e una serie di cameeple.
Una volta stabilito il primo giocatore, la partita può cominciare: francamente, un tempo di set up così contenuto è un evento più unico che raro nel mondo degli eurogame (e anche questo, a nostro avviso, è un notevole pregio).
SVOLGIMENTO:
Se la preparazione vi è sembrata semplice, anche il flusso di gioco non è da meno: fai l’asta per l’ordine di gioco, esegui la “mossa del cammello” (noi amiamo definire così lo spostamento dei meeple, parafrasando il mitico Camilleri), compi l’azione associata al colore dei meeple che raccogli ed eventualmente anche quella consentita dalla tessera d’arrivo (quindi la occupi con un cameeple, ci costruisci un palazzo o un oasi, oppure evochi un genio). Si va avanti così finché o non è più possibile compiere “mosse del cammello” lecite, o un giocatore esaurisce i cameeple a sua disposizione: si contano i punti (e questa forse è la parte più complicata, perché praticamente tutto dà punti, ma ogni cosa in modo diverso) e ovviamente vince, diventando il nuovo Visir, chi ne ha accumulati di più.
Tutto chiaro, semplice e lineare, vero? In realtà, Five Tribes, come ogni eurogame che si rispetti, si fonda su una serie di regole più o meno complicate, che disciplinano rigorosamente l’intero flusso: in questo caso, diventa forse eccessivo definirlo “elegante” (secondo la solita definizione classica “easy to learn, hard to master”) perché le norme da ricordare non sono poche e ogni turno è suddiviso in un numero variabile di fasi.
Ci sembra, quindi, opportuno spiegarvi in dettaglio ogni elemento, a partire dall’asta per stabilire l’ordine del gioco: prima di ogni “giro” (cioè l’insieme di turni pari al numero complessivo di giocatori), seguendo l’ordine di quello precedente, ogni giocatore decide quanto pagare per la posizione nel turno. Non è certo una novità assoluta (anzi!) ma in un gioco in cui lo stesso denaro contribuisce ai punti vittoria a fine partita e, soprattutto, non è che girino monete a bizzeffe, la scelta dev’essere effettuata con oculatezza, perché chi è troppo tirchio non vincerà mai, ma non trionferà neppure lo scialacquatore più incallito. In più, chi guadagnerà la prima posizione potrà eseguire l’azione che ha in mente, mentre gli altri dovranno adeguarsi e far tesoro di quel che passa il convento.
Dopo aver stabilito l’ordine di gioco, il turno inizia con quella che abbiamo definito “mossa del cammello” e che riprende appunto le meccaniche del mancala: si sceglie una tessera da cui avrà inizio lo spostamento, si prelevano tutti i meeple al suo interno e, poi, se ne appoggia uno – del colore che si vuole – in ogni casella che si attraversa, per arrivare in una tessera in cui dev’essere presente almeno una pedina dello stesso colore dell’ultima che ci è rimasta in mano. Questo insieme di meeple (che può andare da 2 in su) dello stesso colore determinerà l’azione che dovremo eseguire alla fine del movimento:
- blu sono i Costruttori, che fanno guadagnare monete d’oro in proporzione al numero di caselle con il numero blu circostanti;
- rossi gli Assassini, che permettono di eliminare un meeple o dal reticolato di gioco o dalla scorta di un avversario;
- gialli i Visir, che si conservano per il finale, poiché si tramuteranno in punti vittoria, a meno qualcuno non ve li uccida;
- bianchi gli Anziani, che si conservano come i Visir, ma in più servono anche per evocare e/o utilizzare i geni;
- verdi i Mercanti, che consentono di raccogliere delle carte Risorsa tra quelle scoperte sul tavolo.
Con l’espansione Gli Artigiani di Naqala, si aggiungono appunto 15 artigiani di colore viola e altre 6 tessere deserto (oltre alle restrizioni geografiche imposte dalle montagne e un paio d’integrazioni minori), pertanto il reticolato di gioco viene ampliato e diventa un quadrato di 6×6. In ogni caso, a prescindere dalla presenza o meno dell’espansione, le combinazioni possibili tra 30 o più tessere e 90 o più segnalini di 5 o più colori diversi sono nell’ordine dei milioni, pertanto la rigiocabilità è alle stelle, le scelte possibili quasi infinite, ma per contro i tempi decisionali – specialmente nei giocatori più inclini alla paranoia analitica – si dilatano sensibilmente (meno con l’inserimento dell’espansione).
Se la tessera in cui si conclude la “mossa del cammello” viene completamente svuotata con il prelievo dei meeple dello stesso colore, allora il giocatore ne prenderà possesso (segnalandolo con un cameeple del suo colore); in ogni caso, potrà – o dovrà, se c’è una freccia rossa – eseguire un’ulteriore azione associata appunto al terreno, che può essere:
- costruisci un palazzo (che darà un bonus a chi controllerà la tessera);
- costruisci un’oasi con una palma (come sopra);
- comprare merci al mercato (una sola carta Risorsa nei mercati piccoli, due in quelli grandi);
- evoca un genio, pagandolo 2 Anziani oppure un anziano e un fachiro, a scelta tra quelli esposti sul tavolo.
Dopo aver compiuto l’azione, il giocatore può scegliere di vendere le proprie Risorse in cambio di monete d’oro dalla banca: più è lunga la serie delle carte che vende, maggiore è il ricavo che ottiene (quindi attenzione a non “svendersi” nei primi turni).
A questo punto entra in gioco l’ultimo elemento della meccanica di Five Tribes: i geni. Questi conferiscono poteri che possono – letteralmente – ribaltare la partita: permettono di spostare, distruggere o costruire edifici, di diventare immuni a quello o a quell’altro attacco, di guadagnare monete durante le altrui azioni e altro ancora. In conclusione, quindi, aggiungono quel pizzico – e anche qualcosa in più – di interazione diretta e di imprevedibilità, elevano ulteriormente la rigiocabilità (non che se ne avvertisse la necessità) e permettono di creare combo e motori di punti vittoria (attraverso le monete e le strutture come Palazzi e Palme). Proprio per questi motivi risulta evidente che il loro spirito di fondo non sia poi così in linea con il resto del gioco, più rigoroso e meno diretto: c’è addirittura chi li critica apertamente, soffermandosi su questo apparente contrasto, chi li accetta perché la loro assenza renderebbe il tutto troppo freddo e matematico e chi, come noi, fa finta di niente, perché alla fine sono parte del gioco, sono anche relativamente coerenti con l’ambientazione, sono belli da vedere e, soprattutto, rappresentano un vero e proprio valore aggiunto.
INSALATONA DI PUNTI:
La parte sicuramente più “german” di Five Tribes è il conteggio dei punti dopo la conclusione della partita: abbiamo, infatti, la classica “insalatona” a cui contribuisce in misura diversa ogni elemento del gioco. Ogni moneta d’oro posseduta (nel conteggio entrano anche le carte Risorse, che a questo punto devono essere vendute per forza) e ogni Visir reclutato danno 1 PV, mentre gli Anziani ne danno 2, 3 le palme presenti sulle caselle controllate con i cameeple e 5 i palazzi. In più, bisogna sommare tutti i punteggi indicati sulle carte dei geni e quelli sulle tessere territorio controllate, oltre a un bonus di 10 PV per ogni giocatore che ha un numero inferiore di Visir. I parametri di cui bisogna tener conto sono, quindi, molteplici e per vincere non bisogna sottovalutarne nemmeno uno: tra l’altro, l’espansione di cui abbiamo già parlato ne aggiunge altri (gli artigiani), complicando ulteriormente il sistema di conteggio (e infatti è stato incluso un nuovo blocchetto segnapunti).
Anche sotto questo punto di vista, risulta evidente che chi ha una seppur vaga propensione alla paralisi da analisi dovrà ponderare un’infinità di variabili in ogni turno e, specialmente nelle prime partite, sarà molto difficile attribuire il giusto peso alle conseguenze di ogni azione. Ci sono, quindi, due diversi approcci possibili a questo tipo di gioco: il primo è perlappunto cervellotico e iper analitico, mentre il secondo è scanzonato e abbraccia la filosofia del “vivo alla giornata e vedo un po’ cosa succede”. È molto importante che l’approccio, per quanto diverso, sia condiviso da tutti i partecipanti, altrimenti avremo chi si annoierà e chi si spremerà inutilmente le meningi, rovinando a entrambi gran parte del divertimento. Ricordiamo, inoltre, che all’interno della scatola è incluso un pratico blocchetto segnapunti, ma chi preferisce la tecnologia, è pigro o, più semplicemente, vuole giocare in modo più ecologico, evitando sprechi di carta, è possibile scaricare la app non ufficiale Five Tribes Scoreboard per iOS e per Android.
DURATA DI UNA PARTITA:
Per quanto riguarda la nostra esperienza, l’indicazione sulla scatola (40-80 minuti) è alquanto fuorviante, o meglio: se l’intento era quello di dare un parametro di valutazione del grado di difficoltà generale, allora il dato è tutto sommato accettabile, perché colloca il gioco nella giusta fascia, insieme ai suoi “simili” – per quanto riguarda il target – Kingdom Builder, Abyss e affini. Se, invece, guardiamo la durata oggettiva di una partita media, 80 minuti è proprio il valore minimo, soprattutto se si gioca in 3 o 4. In quest’ultimo caso in particolare non è infrequente superare l’ora e mezza di gioco, specialmente se al tavolo c’è almeno un giocatore molto riflessivo (per usare un eufemismo).
Five Tribes ha, infatti, una certa propensione alla paralisi da analisi, in particolare nella fase di movimento dei meeple: i maniaci del controllo avranno il loro da pensare sia per scegliere l’itinerario più vantaggioso da percorrere, sia per stabilire l’ordine con cui dovranno distribuire i segnalini durante il tragitto. Questo si traduce inevitabilmente in tempi morti di durata variabile, che però si ripetono a ogni turno: non fraintendete, però, il gioco, perché non si tratta del classico “solitario di gruppo”, in cui non c’è interazione tra i giocatori. L’interazione c’è ed è sia di tipo diretto (ti uccido un meeple, mi fai guadagnare una moneta, ecc.) che indiretto (ti tolgo quel meeple da quella casella, evoco quel genio perché a te farebbe più comodo, ecc.) ed è pure presente in discreta quantità: semplicemente è relegata ad altre fasi del turno di gioco, come l’esecuzione delle azioni scelte e l’eventuale intervento dei geni.
Tirando le somme, non è un gioco dinamicissimo e non è neppure tra gli eurogame più rapidi, ma se viene affrontato con il giusto spirito non ci si annoierà nemmeno per un istante.
AMBIENTAZIONE:
L’ambientazione si percepisce
La scelta del mancala alla base di un gioco ambientato tra le sabbie del Medioriente è indubbiamente elegante e coerente (come abbiamo già sottolineato) e le illustrazioni dei geni sono davvero evocative e conferiscono quel minimo di amalgama a quello che forse sembra l’elemento più “slegato” nell’intero flusso di gioco. Non vogliamo, però, nasconderci dietro a un dito: in Five Tribes l’ambientazione si percepisce in modo molto marginale. Chi cerca un titolo immersivo e spera di rivivere le magiche atmosfere de “Le mille e una notte” è avvisato: i geni sono potenti, ma non esaudiscono desideri e non fanno volare tappeti (cioè… con l’espansione ci sarebbe anche il tappeto volante, ma non fatevi illusioni); il deserto non è tale, ma è affollato come il Downtown Core di Singapore; al mercato, i prezzi sono stabiliti con rigore matematico e non c’è margine per le contrattazioni.
Inoltre, nella prima versione del gioco – non tradotta in italiano – all’interno del mazzo risorse erano state inserite delle carte schiavo (con tanto di catene ai polsi): la scelta, che conferiva un valore pecuniario e tangibile a un essere umano, sollevò un vespaio di polemiche, perché aggiungere una tematica così scottante a un semplice gioco da tavolo sembrava amorale e, per giunta, un po’ razzista, per quanto corretta storicamente. Nella seconda tiratura – e anche nell’edizione italiana – gli schiavi sono stati sostituiti dai fachiri, decisamente più “politically correct”: la scelta è assolutamente condivisibile, mentre meno condivisibile è la precedente polemica, perché Five Tribes presenta un’ambientazione così vaga e leggera che si ha la percezione di essere schiavisti privi di scrupoli né più e né meno che utilizzando i segnalini (peraltro di colore marron scuro) dei coloni in Puerto Rico.
L’ESPANSIONE GLI ARTIGIANI DI NAQALA:
Come già accennato, all’interno della scatolina troviamo altro “legname” (15 meeple viola, 4 tende di colore diverso – 1 per giocatore – e 6 montagne), 6 nuove tessere deserto, 2 geni nuovi, 18 token con gli oggetti prodotti dagli artigiani e un blocchetto segnapunti con una voce in più.
In fase di setup, oltre ad aggiungere la nuova tribù viola nel sacchetto dei meeple, vengono inserite nella zona centrale dell’area di gioco le 6 nuove tessere, una delle quali rappresenta un abisso invalicabile, mentre sulle altre sono raffigurate alcune montagne, in corrispondenza delle quali andranno sistemate le pedine montagna in legno. Infine, viene consegnata una tenda a ciascun giocatore e questa potrà essere collocata seguendo le stesse regole dei vecchi cameeple (ma frutterà punti bonus a fine partita, in base al numero di tessere rosse circostanti).
Le differenze più interessanti per l’esperienza di gioco sono le seguenti:
- le montagne e l’abisso non sono valicabili, pertanto i giocatori dovranno tenerne conto quando eseguiranno le loro “mosse del cammello”.
- quando si raccolgono 2 o più artigiani viola, è possibile pescare un pari numero di token artefatto e sceglierne uno da conservare: questo varrà diversi punti vittoria, oppure conferirà abilità speciali.
- le 6 nuove tessere deserto aggiungono due edifici: la bottega artigiana (dove si possono convertire i meeple viola per prendere il primo token artefatto dalla pila) e il mercato specializzato (che permette di acquistare una sola risorsa scegliendo tra tutte e 9 quelle esposte).
La game experience non viene, quindi, stravolta né troppo complicata, ma solo integrata con una serie di alternative che da un lato limitano – seppure marginalmente – la propensione alla paralisi da analisi (le montagne “pilotano” in alcune circostanze i movimenti, mentre in altre li bloccano) e dall’altro aumentano profondità e interazione (la scelta della tessera in cui sistemare la tenda è cruciale e gli artefatti magici diventano un ulteriore elemento “rompiscatole”, proprio come i geni), oltre ad aumentare la longevità del gioco.
Il prezzo di vendita non è proprio economicissimo ma, considerata la qualità dei materiali e delle integrazioni apportate, ci sentiamo di consigliarvene l’acquisto (magari in un secondo momento, dopo aver preso dimestichezza con la versione base).
CONSIDERAZIONI:
Spesso viene voglia…
Five Tribes è indubbiamente un gioco molto originale: se proprio vogliamo ricondurlo alle categorie classiche, è essenzialmente un worker placement anomalo, o – se vogliamo coniare un neologismo – è un worker replacement, perché sono i lavoratori che raccoglieremo a determinare le nostre azioni e non quelli che poseremo. Inoltre, troviamo elementi di controllo area (attraverso l’uso dei cameeple) e altri di set collection (le scale che si possono fare con le carte Risorse), pertanto oltre all’originalità c’è anche una certa varietà.
Esaminandolo nel suo complesso, si tratta di un gioco molto più tattico che strategico e quel poco di strategia che consente è solo a lungo termine: in 3 o 4 giocatori specialmente, in ogni turno la disposizione dei meeple sul tavolo viene sistematicamente rivoluzionata e bisogna sempre cercare di ottenere il massimo dalle poche scelte possibili; in 2, invece, questo aspetto cambia notevolmente, perché gli autori hanno avuto la sensibilità di raddoppiare i turni per il singolo giocatore e la scalabilità perfetta è servita. In questo modo, diventa interessante investire qualche quattrino per poter svolgere 2 turni di fila e preparare nel primo la “super mossa” per il secondo.
Come già sottolineato, l’interazione tra i giocatori è piuttosto alta, quantomeno se confrontata con la media degli altri eurogame, anche se risulta concentrata nella fase finale del turno. Quindi il divertimento sta quasi tutto nella scelta delle mosse, ma la sensazione che ne ricava il giocatore è comunque molto piacevole e il senso di appagamento è forte. Riuscire a fare una bella “mossa del cammello”, raccogliendo 3, 4 o addirittura 5 meeple della tipologia desiderata, magari compiendo un giro completo attorno alla tessera e aggiungere a questi un palazzo e/o il controllo della tessera, fa percepire in modo netto e deciso il senso di successo, di aver fatto la cosa migliore possibile: spesso viene voglia di darsi il cinque da soli! Sembrerà un po’ infantile, eppure ci è capitato davvero di rado di provare qualcosa di simile giocando a un eurogame: di solito, infatti, si ha questa sensazione solo dopo diversi turni e solo quando inizia a delinearsi la gerarchia tra i giocatori. Qui, invece, si ha fin da subito e anche un neofita può sperimentarla, a prescindere dal fatto che possa essere durevole o meno.
Il bilanciamento del gioco è altrettanto eccellente, quantomeno se al tavolo si siedono persone di pari esperienza: in caso contrario, proprio come nel già citato Puerto Rico e in tanti altri german, un principiante difficilmente riuscirà a prendere in considerazione lo stesso quantitativo di parametri di un veterano e inevitabilmente trascurerà qualcosa o compirà qualche passo falso che favorirà chi lo segue.
L’ambientazione, la plancia suddivisa in un reticolato regolare e le pedine che vengono “lasciate” lungo il proprio percorso possono far pensare a una qualche analogia con Istanbul, che guarda caso è stato ideato dal già citato Dorn: in realtà, apparenze a parte, di punti in comune tra i due giochi – a parte quelli appena elencati – non ce ne sono e, comunque, si tratta solo di somiglianze puramente esteriori. Five Tribes, infatti, scala meglio in 2 giocatori, dà un’importanza maggiore ai movimenti effettuati (essenzialmente Istanbul non è un worker placement, ma un gestione risorse ed è più strategico che tattico, e non il contrario) e ha una maggiore profondità (specialmente con l’espansione), anche se rende più difficile ogni forma di pianificazione, specialmente a breve termine.
Poi ci sarà chi sosterrà che c’è troppa alea con tutti questi sistemi di pesca messi insieme, che manca di profondità strategica, che non si tratta di un vero eurogame e che i materiali sono il classico fumo negli occhi che cerca di nascondere un magro arrosto: sono tutte opinioni e, in quanto tali, sono assolutamente soggettive. La nostra posizione è che nessuna di queste critiche è fondata e siamo pronti a giocarci i nostri 4 meeple rossi per mettere a tacere chi sostiene il contrario…
POSOLOGIA:
Five Tribes può essere assunto tanto in coppia quanto in piccoli gruppi di persone: gli studi hanno dimostrato un’uguale efficacia a prescindere dal numero di partecipanti. Non è stata segnalata alcuna interazione negativa con gli individui affetti da allergia all’aleatorietà, mentre è sconsigliato l’uso per chi soffre di paralisi da analisi. Grazie agli eccipienti in legno colorato di grande impatto visivo, l’effetto benefico è garantito anche sugli individui di sesso femminile. Al contrario, nonostante la totale assenza di testo in lingua, non è consigliato l’uso pediatrico, perché il suo metabolismo è alquanto complesso e richiede elevate capacità tattico-analitiche per non incorrere in controindicazioni.
SOTTOFONDO MUSICALE:
Il brano “Kashmir” dei Led Zeppelin.
Si ringrazia Asterion Press per aver reso disponibile la copia di valutazione del gioco.
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