SINTESI
Pro: Facile, semplice e perfettamente integrato con il tema che si prefigge di modellare. Un’ottima interpretazione dei giochi di fuga con un target ben preciso.
Contro: Il gioco è davvero molto “leggero”. Senza volontà interpretative, risulta poco appetibile. Durata leggermente eccessiva.
Consigliato a: A gruppi di giocatori fortemente tematici, magari con una spiccata simpatia per i film horror anni ’80.
Attenzione! Last Friday è un gioco cosiddetto “di fuga”, altrimenti detto “con movimento nascosto”. Qualche tempo fa, abbiamo messo a confronto “La furia di Dracula” con “Lettere da White Chappel”, cogliendo così l’occasione per approfondire meccaniche e dinamiche di questo genere di giochi. Se non conoscete almeno uno di questi due veri e propri punti di riferimento del segmento, vi consigliamo caldamente di leggere quantomeno l’introduzione di QUESTO ARTICOLO: in seguito daremo per acquisite molte informazioni in esso contenute.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
Idoneità al solitario:
assente
Incidenza della fortuna:
discreta
Idoneità ai Neofiti:
buona
Autore:
A. Ferrara, S. Fiorillo
Grafica ed illustrazioni:
Sebastiano Fiorillo
Anno:
2016
“L’esorcista” ha rappresentato in maniera perfetta la visione del mondo -impegnata e complessa- degli anni ’70, ma nel decennio successivo l’occidente ha virato verso un modo di vivere più leggero, più consumista e più spensierato. Così i film horror si sono adeguati ai tempi. Dovevano fare ancora paura, ma senza prendersi troppo sul serio: tutto doveva essere esagerato, e da qui sono nati gli “splatter”, con sangue a litri e materia cerebrale che schizza ovunque, e gli “slasher”, poco più che filmetti da teenager, con protagonisti -appunto- adolescenti tanto scemi da voler entrare nella “tana” del serial killer di turno.
Grazie al successo di cassetta, questi film sono ancora oggi identificati come un vero e proprio filone cinematografico (gli “horror anni ’80”), identificato da una triade di personaggi tanto famosi per quanto poco raccomandabili:
Freddy Kruger, ironico -quantomeno dal suo punto di vista- signore degli incubi. La recente scomparsa di Wes Craven, regista dei primi film della serie Nightmare e “padre” di Freddy, ha fatto emergere un’incredibile quantità di affezionati fans (fra cui -confesso- chi scrive);
Ash Williams, protagonista positivo della serie “La Casa”, la cui immagine con la motosega impiantata al posto del braccio sinistro e divenuta una vera e propria icona pop. L’ironia del personaggio è sopravvissuta alle mode e al tempo, tanto da aver ispirato la recentissima serie TV “Ash vs Evil Dead”;
Jason Voorhees, massacratore psicopatico di campeggiatori nella serie di film “Venerdì 13”, che rappresenta la perfetta evoluzione dei cosiddetti “masked killer” che di fatto avevano lanciato questo genere, ovvero Michael Myers della serie “Halloween” e Leatherface della serie “Non Aprite quella Porta”.
Last Friday è un vero e proprio omaggio ludico a Jason: dal titolo alla mappa di gioco, dalla trama al target commerciale; come gli amanti del cinema d’essai non hanno mai gradito i film della serie “Venerdì”, allo stesso modo gli hardcore gamers rimarranno tiepidi nei confronti di Last Friday, nonostante il discreto indice di gradimento mostrato sul web verso questo gioco.
Non è esagerato parlare di “trama” riferendosi a “Last Friday”: ogni partita è suddivisa in 4 capitoli, notte-giorno-notte-giorno. Ogni capitolo è concatenato al successivo tramite elementi narrativi tipici di questa tipologia di film, che modificano in modo evidente il gameplay. Ad esempio, con il favore del buio, il pallino dell’iniziativa è in mano al maniaco, mentre alla luce del sole i campeggiatori potranno cercare di rallentarlo prima e catturalo/eliminarlo poi.
Per quanto fortemente ambientato e legato a quella serie di film, Last Friday doveva trovare una veste non “vietata ai minori di 14 anni“: niente teste mozzate, spruzzi di sangue, viscere in vista… Così la grafica dei personaggi (e non solo…) richiama da vicino quella dei ragazzi della Mistery Inc., i compagni di avventura di Scooby Doo: Il cane fifone, che dal lontano 1969 dà la caccia ad ogni possibile mostro spaventoso, in una interminabile serie di cartoni animati per i più giovani.
Unboxing
Benvenuti a “Camp Apache”, trasposizione ludica di “Camp Crystal Lake”, teatro dei primi misfatti di Jason. In Last Friday -e nel seguito della recensione- questi viene definito astrattamente come “maniaco”, mentre definiremo “campeggiatori” gli antagonisti.
Durante la partita, quando comparirà sulla mappa, il maniaco sarà rappresentato da una pedina di legno nera, mentre i campeggiatori avranno pedine simili ma colorate.
La mappa di gioco rappresenta un imponente campeggio, dove al centro spicca il “laghetto”, un doveroso tributo al film ma anche un importantissimo elemento tattico-strategico. A corredo, troviamo anche una pedina “barca” che permetterà ai campeggiatori di attraversare il piccolo specchio d’acqua.
Oltre a questo, spiccano 5 grandi bungalow, abbondantemente sovradimensionati dal punto di vista delle proporzioni degli elementi. Il livello di astrazione del gioco è piuttosto elevato, ma questo non deve essere inteso come un difetto perché permette ai giocatori di concentrarsi sul tema trattato.
Ciascuno dei cinque cottage è contraddistinto da un colore di contorno che servirà ad associarli a:
- uno dei cinque campeggiatori (i colori corrispondono);
- una pedina “chiave” (per aprirli);
- una grossa sagoma stampata su entrambi i lati (comunque sovrapponibile alla mappa).
Queste ultime rendono “attraversabili” i bungalow, e ogni lato avrà peculiarità diverse in base a chi, per primo, avrà interagito con essi:
- “aperti dai campeggiatori”: saranno fonte di illuminazione per le zone adiacenti, limitando le capacità di nascondersi dell’avversario;
- “distrutti dal maniaco”: egli potrà utilizzarli come ingressi per astratti tunnel segreti che velocizzano il suo movimento.
Il movimento è regolato tramite un grafo interamente interconnesso. Tutti i punti di snodo delle linee riportano un numero univoco e serviranno a gestire il movimento del maniaco, che ad ogni turno muoverà in una casella numerata adiacente. Sulle linee di congiunzione troviamo una serie di punti più piccoli che serviranno a gestire il movimento dei campeggiatori che ad ogni turno potranno muovere di 2 “puntini”.
Il sistema conferma la grande efficienza già dimostrata in Lettere da Whitechappel, e non solo perché campeggiatori e maniaco non condividono mai il medesimo spazio e, quindi, gli “incontri” avvengono tramite “attraversamento” della pedina avversaria. Molti “effetti speciali” a disposizione dei campeggiatori avranno effetto sulle “caselle numerate adiacenti” e questa conformazione della mappa permette una bella diversificazione delle situazioni.
Troviamo poi 15 schede personaggio, 3 per ogni colore: ognuna di esse ha un’abilità particolare e un comodo riepilogo degli oggetti che il giocatore può portare con sé.
Un numero così ampio di personaggi non serve soltanto a dare varietà al gioco: semplicemente è la scorta minima necessaria. Se un personaggio muore, un altro del colore appropriato dovrà raggiunge il campeggio al capitolo successivo.
Una nutrita serie di pedine circolari di piccole dimensioni saranno poi il sale e pepe del gioco: rappresentano infatti gli oggetti e le azioni e sono divise in tre tipologie:
- Segnalini “tende”: Sono sistemati sulla mappa durante il set-up iniziale: contengono le 5 chiavi per aprire i bungalow, 2 “cadaveri” e qualche altro oggetto del tutto assimilabile a quelli del gruppo successivo.
- Segnalini “tracce”: tutto l’armamentario del bravo campeggiatore in cerca di pericolosi maniaci: torce per illuminare, scarpe da ginnastica per correre più veloce, rumori sospetti da ascoltare, tagliole da disseminare e, per finire, la pala per seppellire i campeggiatori che rimangono vittima del maniaco.
- Segnalini “maniaco”: sempre presenti in un singolo esemplare, risultano di dimensioni leggermente superiori di quelli utilizzati dai campeggiatori, anche se permettono azioni simili e/o opposte a quelle degli avversari.
L’ascia serve per distruggere i bungalow, la pedina tenacia permette il doppio movimento, le pedine “invisibilità” e “ombra” aiutano il maniaco a nascondersi. L’ultima pedina si ottiene in poche occasioni e soltanto grazie agli esiti dei capitoli precedenti, ma in certe situazioni produce effetti tipici di molti film horror: il mostro sembra sconfitto ma -proprio prima dei titoli di coda- si scopre che proprio morto non è…
Le pedine di “servizio” sono i cadaveri, i corpi dei campeggiatori uccisi durante la partita e i segnalini “illuminazione”, intelligentemente realizzati in plastica trasparente gialla: in questo modo si potrà continuare a leggere i numeri identificativi delle caselle illuminate. Il gioco spesso si segnala per soluzioni come questa, economiche ma efficienti.
Per concludere con l’unboxing, ecco l’armamentario necessario per il movimento segreto: piuttosto tradizionale è lo schermo con “mappa privata” stampata sul retro, che permette al maniaco di pianificare le proprie mosse lontano da sguardi indiscreti. Molto originale e altrettanto efficiente il supporto per tenere traccia dei movimenti del maniaco sulla mappa: realizzato in modo tale da poter inserire un foglio A5 (cioè metà A4), aiuta il giocatore/maniaco a rivelare -quando previsto- la corretta casella, che varia di capitolo in capitolo.
Abbiamo trovato davvero gradevole la feritoia posta nella parte superiore dello schermo. Seppure quasi del tutto inutile ai fini del gameplay, riveste a nostro avviso un ruolo determinante ai fini dell’ambientazione. Il maniaco sbircia da dietro un pertugio la posizione dei giocatori sulla mappa… e i campeggiatori vedranno solo i suoi occhi, come se lo scorgessero in mezzo a un bosco…
Last Friday mostra quindi una forte vena da party (Horror) game, rendendolo quasi unico nel suo genere.
Il gioco
I campeggiatori sembrano tranquilli, intenti a godersi la calda sera d’estate vicino alle rive del laghetto (punti di partenza prefissati); immaginiamo il suono della chitarra e il crepitio del falò.
Immaginiamo anche che si sia alzato un pò il gomito, visto che tutti hanno smarrito la chiave delle proprie dimore. I segnalini “tende” infatti vengono piazzati dal maniaco a faccia in giù, il più lontano possibile dai rispettivi bungalow, ma sempre in spazi prestabiliti limitrofi al laghetto.
Probabilmente un urlo di qualche altro villeggiante o un rumore sospetto turba l’apparente pace. I campeggiatori iniziano la frenetica ricerca delle chiavi del bungalow e, dopo qualche turno, scopriranno anche 2 cadaveri. Pur non essendoci ancora traccia, il maniaco deve aver già colpito nel silenzio della notte (prima che il gioco iniziasse).
All’avvio, il maniaco sceglie la sua casella di partenza tra 5 possibili alternative, tutte poste a bordo mappa: mentre i campeggiatori sono impegnati a rivelare le pedine “tende”, egli impiega i propri turni per raggiungere -tramite movimento nascosto- una posizione più centrale.
Egli tiene sempre traccia sulla scheda della propria posizione, annotando il numero dello spazio in cui si trova e, alla fine del terzo turno, il maniaco rivela la sua posizione di partenza.
Essendo una posizione non recente, non fornisce indicazioni utili sulla sua posizione attuale, ma comunque permette ai campeggiatori di delineare una strategia meno compulsiva.
In questo capitolo essi devono portarsi in salvo all’interno di un bungalow, ma possono farlo solo in un edificio di cui possiedono le chiavi o in quello del proprio colore (se già aperto da un altro giocatore). Se un campeggiatore si pone in salvo all’interno di un edificio, per questo capitolo non potrà fare altre azioni. Così i campeggiatori, in base alla posizione del maniaco, scelgono se cercare un rifugio (se pensano di essere pericolosamente vicini) oppure aprire più bungalow possibili (se ritengono la propria posizione al sicuro).
Tramite la barca, è possibile attraversare il laghetto. Considerata la vastità della mappa, questo movimento permette ai campeggiatori di evitare lunghi “turni di trasferimento”.
La barca è però disponibile solo in uno dei 4 moli e, inoltre, è importante sottolineare come, una volta a capitolo, anche il maniaco può attraversare a nuoto il laghetto: per i campeggiatori, avvicinarsi all’imbarcazione senza le dovute cautele può essere molto pericoloso.
Se durante questo bailamme piuttosto concitato un campeggiatore “incrocia” la pedina del “maniaco” (non importa chi ha innescato il movimento) questo viene automaticamente trasformato in… “pedina cadavere”.
Il primo capitolo procede così come una specie di “strega impalata”, con la strega (pardon: “maniaco”) che rivela ogni 3 turni la sua (ex) posizione. Unica variante a questa similitudine altrimenti perfetta è il fatto che i giocatori utilizzano le pedine “traccia” e “maniaco”.
Ad esempio, le lanterne dei campeggiatori illumineranno i punti di passaggio del maniaco, costringendolo a rivelarsi se vi transita, mentre i campeggiatori dovranno cercare di rimuovere i cadaveri utilizzando la pedina “pala”.
Dover imparare l’ “effetto speciale” di ogni pedina è una piccola barriera di ingresso, soprattutto in considerazione del target e del clima che si crea. La difficoltà complessiva rimane comunque alla portata di tutti e, una volta superato questo piccolissimo scoglio iniziale, il gioco -grazie proprio a queste pedine- risulta ricco di opportunità tattiche e colpi di scena.
Alla fine del primo capitolo si conteggiano il numero di campeggiatori in salvo e il numero di cadaveri sulla mappa: la fazione in vantaggio ottiene così qualche bonus.
Si ricomincia quando su Camp Apache brillano le prime luci dell’alba. Nuovi campeggiatori arrivano in sostituzione di quelli passati per il machete del maniaco (a proposito, il pulmino in corrispondenza del punto di ingresso dei nuovi campeggiatori vi ricorda niente?) e tutto può riprendere dallo stesso medesimo punto in cui si era rimasti nel capitolo precedente.
Ora saranno i campeggiatori a dare la caccia al maniaco che stavolta, ogni tre turni, dovrà rivelare la propria posizione in tempo reale (e non quella di tre turni prima).
Il giocatore che riuscirà nell’impresa di raggiungere il maniaco “ferendolo” (indicazione puramente tematica) diventerà il “predestinato”: il suo personaggio verrà rafforzato a dovere e la sua pedina sostituita da un’altra dalla medesima forma ma di colore bianco. Come in ogni film horror che si rispetti, lo scontro si personalizzerà: nel terzo capitolo il maniaco avrà l’obiettivo di uccidere il predestinato, mentre nel quarto sarà il predestinato a dover cercare di eliminare il maniaco, naturalmente con il supporto degli altri campeggiatori.
Last Friday non si sottrae alla cronica mancanza di scalabilità dei giochi di fuga. Per meccaniche e dinamiche, questo gioco è un “faccia a faccia”: maniaco contro squadra di campeggiatori che agisce all’unisono.
Grazie alla sua semplicità, anche un giocatore mediamente esperto è in grado di governare da solo l’intero team di campeggiatori ma, in questo caso, viene a mancare la componente party game, che è uno dei tratti caratteristici di Last Friday.
D’altra parte, però, la mappa è davvero molto grande e l’obiettivo focale sempre e soltanto uno: la posizione, vera o presunta, del maniaco. Così, capita spesso che qualche campeggiatore si ritrovi “fuori” dal vivo dell’azione e sia costretto a svolgere -anche per interi capitoli- compiti secondari e, francamente, noiosi: aprire bungalow rimasti chiusi, cercare di raggiungere il punto focale, raccogliere indizi sparsi per la mappa.
Così anche il rapporto 1-1 (un giocatore per campeggiatore) non appare il migliore. Noi lo abbiamo trovato parecchio divertente in 4 o al massimo 5 giocatori: in questo modo, con una flessibile gestione dei campeggiatori tutti sono sempre coinvolti e il tasso di “caciara” sale al punto giusto.
Alla fine di ogni capitolo, il gioco fornisce sempre qualche bonus da utilizzare nel prosieguo e tutti i meccanismi di compensazione necessari per riportare gli esiti della partita all’interno della trama appena descritta. Ad esempio, se il Maniaco “vince” il secondo capitolo, evitando di essere “ferito”, verrà comunque nominato un “predestinato”.
Ogni capitolo conta fino a un massimo di 15 mosse. Per completare una partita servono, quindi, circa 50 mosse e 4 separati conteggi degli esiti: difficile contenere i tempi di gioco entro le due ore, come indicato nella scatola di gioco.
Nel regolamento è prevista anche la possibilità di giocare i singoli capitoli, ma è come se del film vedeste solo una scena in cui l’ascia mozzateste del maniaco fa da protagonista: al massimo, può andare bene per un trailer (ovvero per una partita di prova).
Bottom line
In pochissime altre nostre recensioni la premessa e l’unboxing hanno ottenuto la maggioranza dello spazio rispetto alla descrizione di meccaniche e dinamiche.
Last Friday è una simulazione di un B-movie horror anche nella struttura: una trama straordinariamente semplice (dinamica di gioco) ma ricca di effetti speciali non proprio innovativi (pedine). Gli intrecci narrativi (meccaniche di gioco) riprendono -semplificandoli- alcuni collaudati clichè (propri dei giochi di fuga).
Tutto è però efficacemente finalizzato a “fare paura”: da un punto di vista tematico, il gioco convince eccome! Lo scambio di ruoli fuggitivo/cacciatore risulta davvero una bella ed originale meccanica che però, inevitabilmente, allunga i tempi di gioco un poco oltre quanto sarebbe auspicabile.
La qualità dei materiali non è eccelsa, ma il prezzo del gioco risulta contenuto e l’ergonomia elevata. La realizzazione ci sembra coerente e adatta al tipo di gioco, che per sua stessa natura non può aspirare a una longevità sopra la media.
Sia “La furia di Dracula” che “Lettere da Whitechappel” sono tuttora disponibili nei negozi e hanno strutture più articolate e complesse. A questi, ultimamente si è aggiunta anche la ristampa (solo in inglese) del “padre” di tutti i giochi di fuga: Escape from Colditz.
Nonostante tanta agguerrita concorrenza, Last Friday è stato capace di ritagliarsi un proprio spazio nella nostra bacheca giochi. Per apprezzarlo serve, però, un gruppo che aspetti ogni venerdì 13 come una simpatica ricorrenza e, in termini ludici, in grado di reggere “esagerazione” e “interpretazione” per tutta la (lunga) durata della partita.
Si ringrazia Pendragon Games Studio per aver reso disponibile la copia di valutazione del gioco.
P.S.: a proposito di Venerdì 13… Se avete coraggio, guardate in quale giorno è stata pubblicata questa recensione… Nei film horror non bisogna mai credere alle coincidenze, parola del vostro caro amico Jason…
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