Kickstarter (KS nel seguito) è ormai diventato un vero e proprio punto di riferimento dell’industria dei giochi da tavolo. Numeri alla mano, le piattaforme di crowdfunding – non dimentichiamo anche Indiegogo – hanno stravolto il panorama editoriale ludico, arricchendo notevolmente le possibilità di scelta per i giocatori: se una volta si produceva “10”, oggi si produce “30” o addirittura “40”. Ma quali sono stati gli effetti sulla qualità? È tutto oro quello che luccica sugli scaffali virtuali delle piattaforme di crowdfunding?
La risposta è, ovviamente, negativa: anche se i prodotti sono molto eterogenei, già alcuni comuni denominatori di quasi tutti i progetti presentano potenziali criticità.
Prendiamo, ad esempio, l’offerta, quasi sempre strutturata su 3 diversi pilastri: il gioco, una o più espansioni e i premi (stretch goal) che si accumulano man mano che aumenta il numero dei finanziatori.
Qualche volta – purtroppo non spesso – questi premi si rivelano una grande soddisfazione, perché si integrano nel gioco e sono disponibili fin dal primo momento, talvolta in esclusiva (cioè non verranno prodotti per la versione retail, neppure sotto forma di espansione).
Questo sistema incentivante risulta, però, un’arma pericolosamente a doppio taglio, perché solo pochi giochi si prestano a sfruttare al meglio questo meccanismo quasi pavloviano.
I premi meno appariscenti sono forse quelli di maggior valore e riguardano il miglioramento della componentistica: dadi incisi o con bordi arrotondati, carte telate, pezzi in legno, grafiche alternative, ecc. In alcuni casi, però, già il passaggio dalle classiche “pedine” alle miniature è risultato in un (più o meno) gradevole orpello estetico, in grado di complicare la lettura complessiva dei valori. Effetti addirittura peggiori possono essere causati da nuovi personaggi, nuovi mostri da combattere, nuove mappe, ecc. Alcuni progetti sono arrivati a raggiungere il considerevole peso complessivo di oltre 4 kg di materiale.
Un gioco ben progettato è soggetto a ore e ore di playtest, che affinano il bilanciamento e l’interfaccia, e arricchirlo con nuova componentistica non è mai una cosa banale. Talvolta – ma voi non lo saprete mai prima dell’acquisto – il materiale viene proposto senza essere stato sufficientemente testato, prima di essere inserito nel suo contesto. Nel corso degli anni, abbiamo assistito a casistiche piuttosto buffe: da nuove miniature non previste dagli scenari del gioco (pertanto inutili) a elementi del tutto privi di bilanciamento, piombati sul gioco come alieni in un tranquillo paesino di provincia.
La qualità dei progetti di Kickstarter
Visto che chiunque può proporsi su KS, la diversa consistenza dei progetti è davvero difficile da riassumere in poche righe. Così, in modo molto arbitrario, li abbiamo divisi in quattro grandi gruppi.
Talvolta anche gli editori tradizionali con un’ottima reputazione in fatto di qualità realizzativa (Queen Games, ad esempio) si finanziano attraverso queste piattaforme. Specularmente, però, troviamo spesso progetti che vengono finanziati anche se risultano scarsamente professionali, palesemente scadenti o, addirittura, in odore di truffa (vedi Up Front). In questi casi, l’unica cosa da fare è, ovviamente, “starne alla larga”.
Un altro gruppo riunisce tutti quei progetti che recuperano, rielaborano o rivisitano grandi franchise del mondo del cinema, della letteratura e dei videogame: sono titoli che possono contare su un numero di aficionados davvero importante, che garantisce grandi flussi di denaro nelle casse della casa produttrice, ma purtroppo questa non sempre è in grado di gestire o, peggio, di garantire le pretese qualitative che progetti così titanici richiedono.
Basta pensare all’emblematico caso di HeroQuest 25th Anniversary, che è passato per ben 3 piattaforme di crowdfunding diverse, a causa delle controversie legali con i detentori del brand, e ciò nonostante ha raccolto centinaia di migliaia di dollari: a distanza di oltre un anno dalla chiusura del progetto, ancora nessuno ha visto neppure la versione definitiva del regolamento.
Destino analogo è toccato ad Aliens Vs Predator, che ha raccolto più di mezzo milione di dollari ed è diventato oggetto di una disputa sul copyright, che sembrerebbe essersi risolta dopo mesi di attesa.
Trasversali a tutte queste categorie, troviamo un fitto sottobosco di editori “indie”, una borderline interessante perché propone giochi che – con ogni probabilità – non avrebbero trovato produttori pronti a finanziarli, eppure meritano la nostra attenzione poiché sembrano possedere requisiti di originalità e di qualità complessiva perlomeno sufficienti.
Questa terra di confine è, però, pericolosa per quanto affascinante, perché quello che viene a mancare in questi progetti è il filtro editoriale. Quando una grossa casa decide di pubblicare un progetto, sottopone il prodotto a un processo di affinamento qualitativo in tutti i suoi aspetti: un buon prototipo o una semplice idea vengono, così, trasformati in un prodotto con giocabilità, ergonomia, editing e grafica compatibili con le esigenze di mercato.
Venendo meno questa fase di standardizzazione, per quanto possano essere realizzati in modi molto diversi, questi progetti finiscono spesso per essere accomunati da pregi e difetti molto simili, generati sia dalle caratteristiche dell’offerta tramite KS, sia dalla stessa natura “indie” del progetto.
Un caso di studio (mini recensione)
Alien Uprising (d’ora in avanti AU) sembra rappresentare un “caso di studio” interessante, Il gioco in questione appartiene alla categoria degli “indie game” finanziati tramite KS da un piccolo editore, “Mr. B games”, la cui attività risulta legata perlopiù alle piattaforme di crowdfunding.
Iniziamo analizzando la pagina web del gioco su KS.
Tra le risorse disponibili, spiccano due elementi – filmati e copia del regolamento – che, quantomeno superficialmente, sembrerebbero offrire il massimo delle garanzie possibili. A un’analisi più attenta, però, risultano elementi di valutazione piuttosto labili.
Nonostante alcuni video siano addirittura firmati da importanti blog di livello mondiale, come “The Dice Tower”, è necessario sottolineare che spesso per queste riprese vengono utilizzati dei semplici prototipi del gioco, ben lontani dal prodotto finale. Senza neppure pensare di metterne in dubbio l’autorevolezza, possiamo affermare che questi video ci permettono di entrare nel dettaglio dell’idea, ma non del prodotto finito.
Inoltre, nessuna copia del regolamento – neanche dei migliori prodotti presenti sul mercato – è in grado di trasmettere da sola una visione completa del gioco: se non si dispone dei pezzi da poter visionare, difficilmente ci si riesce a calare appieno nei suoi meccanismi.
Il gioco appare comunque molto accattivante, si tratta di un cooperativo che fa proprie molte caratteristiche note o di forte appeal. L’ambientazione vede una squadra di umani (da 3 a 5) sopravvissuti a un atterraggio di emergenza della propria astronave su un pianeta ostile. L’impatto non è stato privo di conseguenze e ora i rottami della nave e il contenuto delle stive sono sparsi in un raggio piuttosto ampio.
Bisognerà recuperare quanto più materiale possibile e provvedere a riparare la nave per ripartire. In alternativa, come piano “B”, potremo cercare di assemblare un radiofaro spaziale, che segnali alla nave di soccorso la nostra posizione.
Il vero scopo dell’equipaggio è, però, sopravvivere all’assalto che scateneranno i poco amichevoli abitanti del pianeta. Gli alieni si comportano secondo lo schema consolidato “quantità contro qualità”: come già visto in Space Hulk e, se vogliamo, anche in molti altri giochi a tema zombie, i nostri nemici possono contare su un grande numero di soldati e una maggiore forza fisica, a fronte di una minore mobilità e dell’incapacità di colpire a distanza.
Il gioco ricorda altri cooperativi di grande successo: come in “Defender of the Realm”, l’assalto del nemico proviene da tutti i lati e, man mano che si avvicina al centro, diventa sempre più pericoloso. Il gameplay – come in Pandemia – chiama i giocatori a un continuo trade off tra difesa e attacco: da una parte, occorre fermare (“non perdere”) la minaccia aliena, difendendo il centro della mappa; dall’altra, bisogna cercare un modo per ripartire da quel pianeta (“vincere”).
I giocatori trovano abituali anche le scelte fatte per quanto riguarda il motore stesso del gioco. La grandissima quantità di dadi, richiama meccaniche abbastanza tradizionali per quanto riguarda i cosiddetti “ameritrash”. Il gioco prevede 2 tipi diversi di dadi:
personalizzati, per quello che riguarda le azioni;
a sei facce tradizionali, per quello che riguarda il combattimento.
I primi vengono utilizzati in un sofisticato (oppure contorto, dipende dai punti di vista) contesto di rilanci (“push your luck”), mentre i secondi, attraverso un semplice e ben noto meccanismo, vanno confrontati con un valore “to hit” delle armi.
La comparsa degli alieni sulla mappa e le altre attività casuali – come il periodico mutamento delle condizioni ambientali – è affidato a un tradizionalissimo sistema di pesca (chit pull).
Nonostante il prodotto si basi su elementi già noti, il giocatore esperto non mancherà di trovare pochi ma raffinati elementi innovativi.
I membri dell’equipaggio muovono su un percorso che mostra le possibili tappe a forma di esagono. Nonostante il cammino risulti piuttosto tortuoso, i nostri sopravvissuti godono di una buona capacità di movimento. Gli alieni, invece, si muovono per “zona”: ogni settore (lato della mappa) conta soltanto tre “zone”, che modellano il percorso per arrivare all’interno dell’astronave (il centro). Al terzo livello di distanza, i giocatori possono allestire una barriera di scudi di energia che, finché non viene distrutta, blocca l’avanzata degli alieni.
I giocatori finiscono per dividersi i compiti in modo marcato e credibile (altro richiamo a Pandemia): ci sarà chi si specializzerà nel fuoco contro gli alieni, chi invece si impegnerà a mantenere attivi gli scudi e chi correrà da una parte all’altra della mappa, per recuperare il materiale disperso durante l’atterraggio d’emergenza.
L’espansione, invece, non aggiunge grandi quantità di regole, ma soltanto – in pieno stile KS – una grande quantità di miniature.
I premi raggiunti all’aumentare dei sottoscrittori sono compatibili con il progetto: qualche miglioria qualitativa, un nuovo membro dell’equipaggio e poco altro. Questi piccoli miglioramenti si sono tramutati per il mercato retail in una serie di micro-espansioni.
Insomma, il gioco visto sulla pagina di KS poteva essere valutato positivamente da almeno una piccola nicchia di giocatori e, infatti, il progetto è stato finanziato senza grosse difficoltà. Oggi, a sei mesi di distanza da quando il gioco è stato consegnato, possiamo vedere come si è concretizzata questa offerta.
Nonostante AU riprenda molti aspetti noti, la mancanza di una standardizzazione qualitativa in alcuni dettagli si fa sentire. Per esempio, i personaggi e il loro equipaggiamento sono un po’ più complicati della media, perché tengono conto non solo dei punti ferita ma anche del numero di proiettili a disposizione delle armi. Così, ogni volta che si spara bisogna ricordarsi di aggiornare il numero dei colpi nel caricatore.
Scorrevolezza
Anche la diversificazione delle razze aliene è molto articolata, rendendo felice il giocatore con maggiore esperienza, perché regala una grande varietà di situazioni (il super-bruto, il veloce, lo scavatore di tunnel, l’elite, ecc.), ma contemporaneamente complica molto la fluidità del gioco, perché ogni tipo di alieno ha una propria abilità speciale, che i giocatori devono assimilare.
Il gioco finisce per rappresentare un interessantissimo mix tra un wargame tattico e le meccaniche tipiche da gioco tematico: proprio per questa promiscuità, difficilmente un produttore tradizionale avrebbe mai dato alla luce un titolo come questo.
Anche la componentistica evidenzia la mancanza di un progetto coerente: alcune pedine di piccole dimensioni ricordano più un gioco degli anni 80-90 che non una produzione del 2014. D’altra parte, le carte sono di buona qualità, telate e resistenti. La mappa è realizzata in ottimo materiale robusto, così come le grandi pedine degli alieni, mentre la qualità delle miniature dei personaggi è un po’ più scadente.
Decisamente sotto la media – ma abbastanza tipico per molti prodotti KS – la qualità dell’impianto grafico, che non risulta particolarmente gradevole ed evidenzia ripetizioni in diverse componenti del gioco. La mappa è chiara e comprensibile, ma graficamente diciamo che non è proprio memorabile.
Ergonomia
Se molti possono soprassedere a un impianto grafico debole, l’ergonomia scadente diventa un problema per tutti. Per esempio, ogni personaggio viene accostato a un colore, che non risulta sempre facilmente riconoscibile nell’insieme della componentistica che lo contraddistingue: dalla scheda delle caratteristiche al dorso delle carte, passando per la basetta della miniatura stessa. Sono piccoli dettagli che, però, possono fare la differenza tra una produzione indipendente e una di qualità industriale.
Quello che, invece, non è un “piccolo dettaglio” è la qualità generale del regolamento. Scrivere le regole di un gioco è una cosa molto più complessa di quanto possa sembrare all’apparenza. Non bisogna essere solo chiari e univoci, bisogna anche essere scorrevoli e sapere organizzare con cura il layout. In questo, AU rappresenta tutto quello che non bisognerebbe mai fare: la chiarezza latita al punto che già oggi è possibile reperire ben 18 pagine (??!!) di FAQ ufficiali e, sui forum, emerge il fatto che alcune regole fondamentali non si trovano in qualche capitolo, ma solo in un box di approfondimento. Inoltre, molti giocatori – anche esperti – lamentano la necessità di dover ricorrere a continue riletture del manuale, necessarie per ricordare qualche eccezione.
È, però, necessario sottolineare come gli autori siano molto presenti su questi forum e rispondono alle tante domande che vengono poste loro: vedremo se accetteranno la richiesta piuttosto pressante di riscrivere completamente il regolamento del gioco.
Bottom line
Nonostante gli evidenti problemi, il gioco gode di una piccola comunità che è riuscita a superare le difficoltà e lo apprezza in tutta la sua originalità: per loro, KS è stata un’ottima opportunità.
D’altra parte, viene spontaneo chiedersi che cosa sarebbe successo se gli autori fossero stati costretti a presentare questo progetto a una casa editrice: sarebbe stato scartato oppure avrebbe visto la luce. magari dopo mesi di editing? Questo ovviamente non lo sapremo mai.
Quello che, invece, è certo è la sostanziale inutilità dell’espansione inclusa: come talvolta accade, KS e i suoi meccanismi “dopano” l’offerta. Così, in AU l’espansione serve soprattutto per inserire nel gioco le miniature degli alieni, che – vista l’estrema sobrietà grafica complessiva – aggiungono ben poco all’esperienza di gioco.
Il paradigma “CoolMiniOrNot”
All’interno del vasto panorama KS, c’è anche chi è riuscito a sfruttare a proprio vantaggio tutte le peculiarità del crowdfunding ed è diventato grande grazie a questo: l’americana CoolMiniOrNot (d’ora in avanti CMON) nasce come piccola casa produttrice di miniature per giochi di ruolo, ma ha trovato proprio in KS terreno fertile per esprimere al meglio il proprio potenziale.
All’inizio del 2012, presenta sulla piattaforma il suo primo progetto, Zombicide, un gioco cooperativo in cui un agguerrito gruppo di sopravvissuti – molti dei quali con le sembianze di noti attori di Hollywood – deve fronteggiare orde di zombie assetati di sangue. È subito successo, grazie soprattutto all’ambientazione ruffiana – guarda caso, si era appena conclusa la seconda serie di “The Walking Dead” – e alla miriade di miniature di qualità eccelsa incluse nel gioco. Grazie ai fondi raccolti – quasi un milione di dollari – la miriade si è trasformata in un vero e proprio formicaio, tant’è che ai finanziatori sono arrivate diverse scatole e scatoline, oltre al gioco base.
Il regolamento rilasciato inizialmente fu soggetto a moltissime critiche, sia di layout che di bilanciamento. A differenza, però, di tanti altri progetti, a un anno di distanza CMON ha riproposto una nuova versione rivista del regolamento, rendendo così il prodotto completo e ben realizzato, completando così un impianto grafico da prima della classe e meccanismi tali da farsi apprezzare da molti giocatori “entry level”. Utilizzando, poi, il web per diffondere nuovi scenari, il gioco ha ottenuto una buona modularità: con l’accortezza di scartare quelli particolarmente sbilanciati – e ce ne sono – il gioco ha guadagnato in longevità per ogni stretch goal inserito. È stato, quindi, sufficiente creare degli scenari ad hoc per giustificare la presenza di quel personaggio o di quella mappa.
Questo ha, inoltre, permesso alla casa americana di rilanciare ogni anno il progetto con una nuova espansione – guarda caso, chiamate “Stagioni” proprio come nelle serie TV – e, percorrendo questa strada, nell’arco di 3 anni CMON ha raccolto quasi 6 milioni di dollari, che gli hanno permesso di sviluppare altri giochi diversi – seppure con caratteristiche analoghe – per ampliare la propria offerta e diventare una vera e propria major degli ameritrash: Relic Knights, Arcadia Quest e Blood Rage sono stati tutti grandi successi in fase di finanziamento; solo il tempo potrà dirci se tanto interesse è stato commisurato all’effettivo valore ludico di questi titoli.
Con questo, non vogliamo invitarvi ad acquistare a scatola chiusa ogni gioco che venga ideato da CMON, anche perché le meccaniche proposte non sono sempre eleganti o innovative e, di fatto, sono stati loro a ideare il sistema di “doping” dei progetti attraverso la sovrabbondanza di stretch goal, ma è evidente che attraverso il crowdfunding è possibile fare bene e ottenere risultati importanti (molti dei loro giochi sono stati italianizzati, a riprova di una qualità tale da sopportare l’agone del mercato retail) se si lavora con intelligenza, professionalità, cognizione di causa (specialmente nel campo del marketing) e un pizzico di astuzia.
Tre consigli per sopravvivere al crowdfunding.
Concludendo, KS è quindi un’opportunità per collezionisti e giocatori alla ricerca di “qualcosa” che sia fuori dagli schemi. Non sarà la Mecca, ma certo non è neppure una landa desolata da cui nessuno è mai tornato vivo. Bisogna, però, imparare a selezionare i progetti con estrema cautela:
1) (Qualità del progetto) Controllate periodicamente le piattaforme e, quando trovate qualcosa che vi solletica, verificate con cura la proposta. Controllate sempre se l’editore ha già finanziato altri progetti e con quali esiti. Se possibile, verificate con particolare attenzione i tempi con cui ha adempiuto agli obblighi dei progetti finanziati. Capita abbastanza facilmente (ecco un esempio) che si accumulino ritardi di oltre un anno triplicando i tempi di attesa previsti.
Impulsività
Cercate sui siti specializzati come Boardgamegeek (anche noi, ad esempio, abbiamo un’apposita rubrica per segnalare i progetti più interessanti) e, prima di diventare finanziatori, ricordatevi che gran parte dei progetti più ghiotti sono finanziati anche da importanti negozi. Potrete, quindi, acquistare il gioco a prezzi simili attraverso i classici canali retail, DOPO che la comunità avrà espresso il proprio parere sull’edizione KS.
2) (Entità dell’offerta) Se non potete aspettare – o esiste una reale convenienza economica, che comunque negli ultimi mesi è venuta via via scemando, a causa della svalutazione dell’euro sul dollaro – allora concentratevi sul gioco e pensate alla reale longevità. Le espansioni dovrebbero servire a rendere ancora più intensa l’esperienza di gioco, dopo che – partita dopo partita – i fans hanno approfondito e apprezzato il gameplay della versione base; ma quanto può essere utile un’espansione fin dalle prime battute? Inoltre, pubblicare contemporaneamente gioco ed espansione richiede una capacità progettuale che non sempre chi si affaccia su KS possiede. Se le espansioni contengono materiali a vostro avviso indispensabili per far funzionare a dovere il gioco, allora valutate con cura il costo complessivo del prodotto: probabilmente non state acquistando un “gioco più espansione”, ma un unico prodotto che è stato diviso in 2 parti per meri motivi di marketing.
3) (Il brivido della scommessa) Gli stretch goal (cioè i premi) sono un innegabile divertimento al momento in cui l’offerta è in corso. È un vero piacere alla mattina aprire la pagina di KS e vedere quale imperdibile gadget è stato sbloccato il giorno precedente!
Evolversi dell’offerta
Dopo un mesetto, però, l’asta finisce e rimane “solo il gioco”… “Solo il gioco” … Vi ricorda niente? Proprio come con Magic, finita l’adrenalina dell’apertura della busta, rimane solo il suo – spesso misero – contenuto che spesso neppure viene realmente usato per giocare. Per qualche seguace di KS è proprio così: il divertimento sta nel seguire l’evolversi dell’offerta e non nel gioco stesso in fase di finanziamento, ma questa è un’altra storia…
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