Pro: Grandissima giocabilità, diversi approcci alla partita, bella grafica ed ottimo rapporto qualità prezzo.
Contro: Qualche leggera caduta di stile nella modellazione e nella realizzazione: dettagli di poca importanza ma più evidenti proprio perché il gioco è di ottima qualità complessiva.
Consigliato a: tutti gli eurogamer, meglio se amanti del worker placement. La modellazione molto “buonista”, quasi da gioco didattico educativo, può lasciare perplesso qualche vecchio grognard che, dopo solo qualche turno, verrà comunque conquistato dal game play.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
Quando nel 1980 Ivan Graziani cantava “Firenze lo sai, non è servita a cambiarla” non si riferiva certo alla meccanica “Worker placement“. Le parole del compianto rocker pesarese sembrano però assumere questo senso se si parla di “Florenza”, gioco tutto italiano della Placentia Games.
Da buon eurogame con una tradizionale meccanica “piazzamento lavoratori”, la modellazione del tema, il Rinascimento Fiorentino, appare molto astratta. Ogni giocatore rappresenta una delle nobili famiglie (Medici, Pitti, Strozzi, etc.) impegnata a raccogliere ricchezze e prestigio: nel rione di influenza di ciascuna di esse fioriranno botteghe artigiane, verranno costruiti palazzi prestigiosi e verrà intrapreso il commercio con i fornitori di materie prime. Tutto questo porterà alle nobili casate ricchezze da reinvestire per abbellire le rispettive residenze e cappelle di famiglia e, non paghe, ciascuna di esse entrerà in competizione con le altre per dar forma e colore ai più famosi edifici di Firenze, come ancora oggi li conosciamo. Per costruire, affrescare o abbellire con statue il Duomo, il Battistero, la fontana del Nettuno, Palazzo della Signoria o i meno noti edifici dell’Ospedale e della Sede Vescovile sarete disposti a fare follie (economiche) per assoldare grandi maestri come Michelangelo e Leonardo da Vinci, Tintoretto o Botticelli.
Niente intrighi di corte, nessun esercito, zero spade ed armature: dimenticate per una sera l’ascia bipenne o il veleno da cortigiano infedele. In una modellazione molto idealista i giocatori si contendono il predominio attraverso il prestigio che si ottiene dal contributo fornito per rendere Firenze una delle più belle città al mondo.
Unboxing
Superato lo stordimento da overdose di buonismo, l’apertura della scatola riserva parecchie belle sorprese, ad iniziare dal taglio volutamente didattico/culturale a cui tutto il gioco sembra tendere.
Una grafica bella ed elegante ci mostra i ritratti dei grandi personaggi che in quel periodo passarono (o sarebbero potuti passare) da Firenze. Per ognuna di queste 40 illustri personalità, oltre ad una carta e a una pedina che li raffigurano, in appendice al regolamento troviamo una breve ma rigorosa biografia che giustifica la loro presenza nel gioco.
Merita una particolare menzione la realizzazione delle tessere che rappresentano i 29 tipi di “edifici”. Questo è il nome che il gioco (e nel seguito, la recensione) assegna alle attività economico/commerciali che possono essere costruite nel corso di una partita. Si distinguono per una grafica davvero molto curata e il manuale si premura di farci sapere che ciascuno di essi rappresenta un’attività economica non solo davvero esistita, ma anche in grado di esercitare, in quel periodo, un ruolo importante nello sviluppo della città. Non solo fabbri, falegnami e tessitori ma anche il Monte di Pietà, la prima forma di istituto di credito, o lo scalpellino che risveglierà le vostre reminiscenze scolastiche circa le cave di marmo di Carrara.
La mappa di gioco mostra invece il centro di Firenze. Sono rappresentate gran parte delle opere d’arte e dei monumenti che tutt’oggi rendono la città un’attrattiva turistica planetaria. Gran parte delle locazioni già accennate in precedenza rappresentano semplicemente delle opportunità per costruire nuove opere d’arte, anche se non mancano un paio di locazioni dove i giocatori possono piazzare i propri popolani (questa è la definizione dei “lavoratori”) per reperire a caro prezzo le materie prime mancanti (“mercato”) o guadagnare una manciata di fiorini (“banco”), la moneta del gioco.
Ogni angolo della mappa riporta alcune tabelle, necessarie a tenere traccia di diversi aspetti fra cui gli indici che determinano le cariche cittadine (capitano e vescovo), che approfondiremo nel seguito.
Una delle tabelle fissa la durate delle partite in otto turni, a prescindere dal numero di partecipanti (da 3 a 5). E’ nostra impressione che per le partite con un basso numero di giocatori sarebbe stato forse preferibile aggiungere un turno in più per dare più tensione agonistica al “gran finale”. Florenza non offre infatti alcun meccanismo di compensazione, ma bisogna sottolineare che, grazie ad una interazione fra le parti piuttosto limitata, mostra comunque una buona scalabilità se paragonato ad altri prodotti di questo tipo.
Esiste anche una variante per due giocatori che, come spesso capita a questo genere di giochi, serve soprattutto a fornire una valida modalità per allenarsi ed imparare le meccaniche.
Ogni Famiglia dispone di una scheda “rione”, dove il giocatore sarà chiamato a costruire 7 attività economiche, 4 opere d’arte nella propria residenza ed altrettante nella chiesa rionale, una sorta di cappella di famiglia. Rispetto a quelle presenti sulla mappa principale queste opere d’arte risultano più facili da realizzare, anche se non offrono particolari ricompense: il perché non ignorarle, lo scoprirete al momento del conteggio dei punti vittoria: a fine partita ogni “mancanza” nel proprio rione comporta pesanti penalità.
8 dischi di legno svolgono la funzione di “popolani” (lavoratori) e alcune (belle) pedine con gli stemmi araldici di famiglia completano la dotazione di ciascun giocatore.
Un congruo numero di cubetti colorati rappresenta le risorse necessarie per costruire le opere d’arte: legno (marrone), marmo (bianco), oro (giallo), ferro (grigio), tessuti (rosso), spezie (verde).
La modellazione delle filiere produttive non è particolarmente innovativa, ma comunque molto efficiente: è necessario impiegare lavoratori e, in alcuni casi, risorse sulle attività economiche per ottenere in cambio un certo numero di risorse più pregiate o più numerose di quelle investite. Le materie prime necessarie devono essere impiegate per produrre altre attività economiche e le opere d’arte che, a loro volta, forniscono “punti prestigio” e “punti vescovo”, le chiavi per determinare il vincitore.
Per meglio orientarsi nel complesso sistema del “cosa serve per costruire e cosa si ottiene in cambio” sono disponibili, uno per giocatore, i “fogli delle referenze”. Ben realizzati in carta plastificata e di grandi dimensioni (A4) sono stampati su entrambi i lati: da una parte troviamo l’elenco completo di tutti gli edifici, del costo per costruirli, degli eventuali costi di attivazione e dei benefici ottenibili. Dall’altro lato un elenco di tutti gli edifici presenti in città, del costo di costruzione, del tipo di artista necessario per la realizzazione, dei benefici forniti nel momento in cui vengono completati ed anche eventuali benefici permanenti che il giocatore otterrà ad ogni turno successivo alla costruzione. Nulla di complicato, ma davvero il gioco non cerca accorpamenti o minimi comun denominatori.
Due set di carte, delle stesse dimensioni di quelle dei personaggi, assolvono a funzioni diverse:
– il primo aiuta i giocatori a gestire le già citate cariche e la sequenza di gioco che, come in tutti i worker placement, risulta molto importante.
– il secondo, di 7 carte, è definito “vita di Firenze” e rappresenta il passare del tempo. Ha cioè la funzione di determinare quali artisti, affermati o sconosciuti, sono presenti in città in ogni turno di gioco. Ad esempio, se Leonardo Da Vinci decide di far visita alla città, non vi rimane per più di 3 turni: affrettatevi a commissionargli il ritratto di vostra moglie o la Gioconda non verrà mai dipinta e la storia dell’arte non sarà più la stessa!
Piccola eccezione alla buona qualità complessiva sono i cosiddetti “certificati di punti prestigio”, che nella loro realizzazione in carta di esiguo spessore ricordano abbastanza da vicino i soldi del Monopoli. Francamente, non sono all’altezza della qualità complessiva del gioco, ma rimane comunque una soluzione molto efficiente per gestire con il dovuto distacco i punti prestigio che determinano, ad ogni turno, l’elezione del capitano (traccia sulla mappa) e a fine partita (gestiti dai certificati) la principale fonte di punti vittoria.
I maniaci del collezionismo ludico, pur di non rischiare di spiegazzare un componente del gioco, preferiranno utilizzare un pezzo di carta e una penna. Visto che l’autore, espressamente interrogato, dichiara che i certificati non hanno la funzione di tenere nascosto agli avversari l’ammontare dei punti vittoria guadagnati, questa ultima soluzione ci appare decisamente la più efficace.
Nella scatola troviamo anche un dado a sei facce: ve ne parliamo volutamente a margine del capitolo per sottolinearne il ruolo del tutto secondario. Viene infatti utilizzato solo in due situazioni ed in entrambi i casi il fattore random non incide (o può non incidere) sull’esito finale. All’inizio del turno, determina quale risorsa viene assegnata gratuitamente, ma tutti i giocatori ricevono lo stesso tipo di risorsa; dopo che un artista ha terminato un’opera d’arte, stabilisce se questo è riuscito a compiere un’opera d’arte immortale anziché semplicemente un buon lavoro. Insomma attribuisce un ammontare di punti prestigio variabile entro un range predeterminato dalla qualità dell’artista stesso. Questa funzione può essere sostituita da una regola opzionale che elimina completamente il lancio del dado. Non ce ne abbiano gli eurofanatici, ma il dado ci sembra davvero la migliore soluzione per modellare l’ispirazione di Giotto o Caravaggio, Bernini e Michelangelo.
Il gioco
Prima di iniziare il setup, è bene appropriarsi di un tavolo di grande superficie in quanto lo spazio utilizzato è leggermente sopra la media. Oltre la mappa di gioco, devono infatti trovare posto parecchi altri elementi.
Per meglio rendere ben visibile ogni tipologia, è consigliabile formare 29 “pile” di tessere edificio. Anche le 7 carte “Vita di Firenze” devono essere disposte in modo tale da poter accogliere, sotto di esse, le carte (e i relativi token) che rappresentano i personaggi illustri presenti in città. Il numero di queste personalità che si alternano a Firenze non varia durante la partita ed è proporzionale al numero di partecipanti (esempio: con 4 giocatori sono presenti 8 artisti).
Questi entrano in gioco tramite un classico meccanismo “chit pull”: una volta estratta la pedina dal sacchetto, sarà necessario reperire, tramite un apposito numero identificativo, la carta corrispondente. Per questa ragione NON MESCOLATE MAI IL MAZZO PERSONAGGI e mantenete le carte in stretto ordine di codice (che poi è quello alfabetico).
Alla fine di ogni turno, tutte le carte personaggio “slittano” di una posizione, così quelle che si trovano sotto “vita di Firenze 1”, escono dal gioco e vengono rimpiazzate da nuovi artisti pescati e messi in gioco con le stesse modalità.
Questa gestione è una delle chiavi del gioco e risulta un poco macchinosa e bizantina ma alla fine comunque molto efficace e divertente. Il turnover alla fine è credibile e regolare e, grazie alla diversificazione dei personaggi raffigurati garantisce rigiocabilità e varietà di gioco: le partite sono sempre abbastanza diverse fra loro.
I personaggi infatti appartengono a due diverse tipologie: i predicatori e gli artisti, questi ultimi a loro volta suddivisi in tre sottogruppi (pittori, scultori e architetti). Il gioco rende disponibili, per ognuno di questi gruppi, i “personaggi senza nome”, che rappresentano coloro che non hanno lasciato un segno tangibile nella storia. Queste risorse non hanno costi di ingaggio ma il valore aggiunto (punti prestigio) alle opere che realizzano è quasi irrilevante e talvolta negativo. Queste risorse di basso profilo si aggiungono ai personaggi famosi che visitano la città in cerca di ricchi ingaggi.
Gli artisti sono quindi indispensabili per realizzare le opere d’arte, ognuno in base alle proprie capacità: per realizzare la facciata del Duomo sarà necessario ingaggiare un architetto o uno scultore, ma per realizzare gli affreschi di Palazzo della Signoria servirà ingaggiare un pittore e la vostra disponibilità economica sarà determinante nella scelta se ingaggiare Botticelli o uno sconosciuto artigiano.
I predicatori permettono di ottenere bonus temporanei (solo per il turno in corso) riguardanti risorse e lavoratori. Dal punto di vista della meccanica i predicatori risultano davvero funzionali, perché permettono una certa flessibilità, pagata a caro prezzo, nella gestione del numero di popolani utilizzabili in un turno. A nostro avviso, però, a soffrire è la modellazione storica: i predicatori vanno pagati in fiorini e non sembra molto appropriato assoldare personaggi come Francesco d’Assisi, Antonio da Padova, Giordano Bruno e Girolamo Savonarola per ottenere vantaggi derivanti dall’imbonimento della popolazione.
Ogni giocatore dispone poi di una grande plancia “Rione” dove, all’inizio del gioco, è già possibile piazzare 2 edifici. Questa attività viene svolta in ordine inverso al turno di gioco, secondo un classico meccanismo di compensazione tipico dei giochi “worker placement”.
Anche in questo caso ci permettiamo un piccolo appunto. Non tutti gli edifici possono essere acquisiti durante la fase di setup: il gioco avrebbe potuto prevedere una micro icona per identificare più facilmente il sottogruppo fra cui è possibile scegliere.
A parte questo dettaglio davvero di poco conto, il setup è semplice e molto rapido. Ogni giocatore prende il proprio set di pedine, una risorsa per ciascun tipo e 300 monete d’oro: siete o non siete una delle famiglie più ricche di Firenze?
Il turno di gioco è piuttosto articolato. Dal secondo turno, ad iniziare la nuova sequenza è l’acquisizione delle risorse. Ad un ammontare base (1 “marmo”, 1 “legno”, 200 fiorini e 4 popolani) si aggiungono:
- una risorsa gratuita, uguale per tutti i giocatori e determinata casualmente dal lancio di un dado;
- le proprie “rendite”: è il momento in cui cioè i giocatori acquisiscono punti prestigio o vescovo, fiorini e popolani extra garantiti da particolari edifici o dalle opere realizzate sulla mappa nei turni precedenti.
L’intera fase di acquisizione risorse non risulta complessa, ma serve un po’ di metodo ed ordine. Sarebbe stato forse opportuno raggruppare in un unico punto tutte le informazioni necessarie, mentre queste sono reperibili da 3 diverse fonti: dalla mappa (risorsa casuale), dalla scheda Rione (rifornimento base) e dalla scheda di riepilogo non dettagliato della sequenza.
Terminata l’acquisizione delle risorse, se qualche giocatore ricopre le cariche di capitano e vescovo può compiere alcune azioni riservate che meritano una menzione soprattutto perché rappresentano le uniche forme di interazione diretta in grado di danneggiare gli avversari.
Infatti, alla fase successiva, quando il turno entra nel vivo e i giocatori cominciano a piazzare i popolani sulla mappa, i fans del “worker placement” scopriranno che la “mutua esclusione” delle pedine, tipica di questo meccanismo, è applicata in modo piuttosto blando: i rioni sono riservati ai rispettivi giocatori, le locazioni sulla mappa (Banco e Mercato) sono ad acceso libero ed utilizzare gli edifici degli avversari è permesso, ma penalizzante. Se siamo a corto di legno, ad esempio, potremo utilizzare il boscaiolo di un nostro avversario facendogli guadagnare un punto prestigio e, al contempo, perdendone uno. Una soluzione molto interessante perché permette ai giocatori un margine di errore più ampio e una giocabilità molto fluida.
Una delle azioni su cui c’è più tensione è proprio l’accaparrarsi i servigi dei predicatori secondo le modalità già citate. Abbiamo notato che i predicatori svolgono un ruolo molto importante sopratutto nei primissimi turni di gioco.
Durante questa fase i giocatori possono impiegare i popolani anche per riservarsi un nuova attività economica da costruire. Si prende una delle tessere ancora libere e la si piazza su uno spazio del rione, con la promessa di provvedere alla costruzione entro la fine del turno.
Allo stesso modo, il giocatore può decidere di impegnarsi a costruire un’opera d’arte, sia nel proprio rione, dove i costi sono più contenuti, sia sulla mappa. Dovrà anche incaricare un artista della giusta tipologia (architetto, scultore, pittore) per realizzarla.
La azioni sulla mappa servono per acquisire soldi (Banco) e materie prime (Mercato). Per quanto l’accesso sia libero, vanno quindi usate il meno possibile, soltanto per rimediare a necessità urgenti, perché l’impiego dei nostri popolani su questi edifici non è certo efficiente. Ad esempio al mercato il prezzo di “2 a 1” vale sia per il baratto di materie prime che per l’acquisto o la vendita delle stesse.
Una volta che tutti i popolani sono stati piazzati, la sequenza di risoluzione delle varie attività è strutturata in modo tale da privilegiare PRIMA l’acquisizione delle nuove materie prima e POI le azioni di costruzione di nuovi edifici e opere d’arte. Risulta evidente la necessità di acquisire risorse che verranno spese all’interno dello stesso turno e la conseguente necessità di pianificare le proprie fasi con grande cura.
Il giocatore che ha impegnato risorse comuni (edifici da costruire o artisti ed opere d’arte) che alla fine non possiede le necessarie materie prime subirà una penalità di punti prestigio che va sommata allo “spreco” del popolano impiegato in modo improduttivo. Questo generalmente scoraggia giochetti poco realistici: non conviene cioè prendere in carico la realizzazione di un’opera solo per togliere questa possibilità ad un nostro avversario più attrezzato di noi.
Finite le fasi in cui è necessario provvedere a costruire quanto ci si è impegnati a realizzare durante il piazzamento dei popolani, si giunge alla fase di fine turno, che prevede, come prima cosa, la determinazione del/dei giocatori che assumeranno il ruolo di capitano di Firenze e di Vescovo.
Un’apposita tabella posta sul lato della mappa ha la funzione di tenere traccia dei punti prestigio guadagnati da ciascun giocatore. Come abbiamo visto, le opere d’arte realizzate tendono a garantire ricompense in punti prestigio e/o in punti vescovo, che si sommano a quelli risultanti dai turni precedenti.
Chi, alla fine del turno, ha più punti prestigio su questa tabella è il nuovo capitano e immediatamente ricolloca a zero il proprio indicatore: salvo performance straordinarie, il turno successivo sarà costretto a lasciare la carica ad un altro giocatore. Il sistema che attribuisce la carica di vescovo è leggermente più articolato ma, sostanzialmente, usa una meccanica molto simile.
Ancora una volta, dal punto di vista della giocabilità il tutto è perfettamente funzionale. Viene garantito un ampio turnover che ciascun giocatore può tentare di gestire al meglio. Conquistare la carica di capitano e diventare il primo giocatore di turno è un fatto che avviene,mediamnete, soltanto 2 volte a partita e il giocatore esperto cercherà di sfruttarle al meglio.
Anche se confessiamo di non essere profondi conoscitori del periodo, dobbiamo però ammettere che non abbiamo trovato molte motivazioni storiche per giustificare questa modellazione delle cariche di capitano e di vescovo… in tutta onestà ci sembra una meccanica più destinata a “far funzionare” il gioco che a renderlo verosimile dal punto di vista della ricostruzione storica.
Per concludere il turno è necessario riportare tutte le pedine ancora sparse sulla mappa al loro posto, ma soprattutto provvedere ad eliminare e rimpiazzare con un pari numero gli artisti/predicatori che escono dalla mappa. In questo modo, ogni turno offre opportunità diverse dal precedente, garantendo così maggiore longevità al gioco.
Bottom Line
“... e per questo canto una canzone triste, triste come me!” apostrofava il ritornello della citata canzone di Ivan Graziani. Ma a renderci tristi sono solo alcuni peccati veniali che abbiamo già evidenziato: fin troppo duramente, forse, ma la nostra puntigliosità scaturisce dal fatto che ogni piccolo difetto assume rilievo su un prodotto elegante, con un buon rapporto prezzo/qualità e con una giocabilità davvero avvincente.
Florenza è il classico gioco facile da imparare ma complesso da gestire al meglio, al punto che ne trarranno parecchie soddisfazioni anche i vecchi grognard. Sono necessarie, fin dalle prime fasi della partita, un poco di dimestichezza e di coordinazione, perché tutti i giocatori concorrono a formare un micro sistema economico che deve essere funzionale a garantire la crescita di tutti.
Una volta presa dimestichezza, potrete perseguire diverse strategie per cercare di vincere. Qualità delle opere d’arte contro quantità, vescovado contro il main stream (punti prestigio), filiere produttive contro produzioni generalizzate.
Se amate gli euro games, Florenza può occupare un posto privilegiato nel vostro scaffale giochi. E se poi siete un poco narcisi, non ha prezzo poter assoldare Michelangelo o Leonardo da Vinci per affrescare il vostro ritratto e, lanciato un dado, scoprire che questo diventerà un capolavoro inestimabile e che, per almeno 1500 anni, verranno da tutto il mondo per ammirarlo. Altro che un selfie su Facebook!
Si ringrazia la HC Distribuzione per la review copy utilizzata per questa recensione.
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