Pro: le possibilità di scelta offerte a ogni giocatore sono quasi illimitate; il “colpo d’occhio” offerto dal gioco è davvero impressionante; rigiocabilità elevatissima anche senza espansioni o personaggi aggiuntivi; compatibilità totale con le miniature Krosmaster pubblicate in passato.
Contro: il manuale è un po’ troppo dispersivo e, con un sistema di gioco così aperto, si rischia la confusione, specialmente nelle prime partite; chi decide di vestire i panni del Demone “dungeon master” rischia di divertirsi meno degli altri; setup piuttosto lungo ed aleatorietà relativamente alta.
Consigliato a: chi ha apprezzato il precedente Krosmaster Arena e magari cerca un’alternativa più complessa e immersiva di questo; tutti quelli che hanno un debole per i MMORPG o, comunque, per i videogiochi di ruolo di ispirazione nipponica.
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Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
PREMESSA:
Quando il successo di un marchio raggiunge dimensioni planetarie ed è supportato da una diffusione quasi capillare attraverso molteplici media, è inevitabile che trovi nuove vesti e venga proposto sotto forma di spinoff, addon e altre “mutazioni”. In un solo decennio, l’universo del MMORPG francese Dofus ha fatto davvero tanta strada: nato come “semplice” videogame, è diventato prima una serie TV anime, poi ha avuto diversi sequel (Wakfu) e spinoff, quindi è arrivato un gioco da tavolo (Krosmaster Arena), poi una versione “light” per i più piccoli (Krosmaster Junior) e ora ne è arrivato un terzo più “hardcore”, ovvero Krosmaster Quest, distribuito in Italia da Ghenos Games.
Della sua ottima ambientazione e delle sue splendide miniature abbiamo già ampiamente parlato nella precedente recensione di Krosmaster Arena: vi invitiamo pertanto a recuperarla, perché i punti in comune, come avremo modo di vedere, non si limitano al solo lato esteriore. Prima di iniziare, però, vogliamo aggiungere un’informazione e una precisazione: tutte le miniature delle prime tre serie di Krosmaster sono pienamente compatibili con il nuovo gioco (anche se non tutte risultano bilanciate perfettamente; d’altra parte, sperimentarle fa parte del divertimento); questa volta, però, non si avverte in modo così pressante l’esigenza di espandere il proprio “parco eroi” per diventare più competitivi.
E poi, d’accordo, sono così “kawaii” che, dopo aver acquistato Krosmaster Quest, una miniatura extra di tanto in tanto potrete concedervela…
UNBOXING:
La scatola di Krosmaster Quest (KQ da qui in avanti) è davvero gigantesca, praticamente il doppio di quella di Krosmaster Arena, e questo lascia subito intuire che la complessità generale del gioco è diversa, ma ancor di più lo è la sua rigiocabilità con il set di base incluso.
Il primo elemento che salta subito all’occhio sollevando il coperchio è proprio l’organizer con 7 vani, contenente altrettante miniature colorate, che diventeranno i protagonisti delle nostre avventure, nel bene (le 5 antropomorfe) e nel male (le rimanenti 2).
Oltre a queste, troviamo:
- 16 tabelloni terreno double face;
- 5 plance di controllo per i personaggi;
- 2 plance speciali (una che riassume l’avanzamento dei giocatori durante le missioni e un’altra con le quotazioni delle risorse e le ricette disponibili);
- 77 gettoni mostro (i cattivi del gioco);
- 80 tessere oggetto (i possibili equipaggiamenti che troveremo durante l’avventura);
- 42 elementi scenici (tutti da montare: si va dal banco di lavoro per il crafting alle balle di paglia, dalle gabbie con i mostri agli alberi che avevamo già visto in Krosmaster Arena);
- 6 dadi personalizzati;
- circa 200 carte (tra eventi, storie, missioni e schede relative ai mostri);
- circa 200 segnalini di cartone (tra ferite, bonus e malus, risorse, gettoni kama e alterazioni di stato).
Come si suol dire, “tanta roba”, ma meritano una menzione speciale gli organizer inclusi nella confezione: oltre al vano principale in plastica nera, in cui trovano posto le miniature, le carte (suddivise in base alle diverse tipologie), le carte personaggio e gli altri elementi scenici montati, sono stati inseriti due portaminuterie per gli innumerevoli token.
C’è tanto da spedinare per affrontare la prima partita e considerate almeno un’ora extra per montare e fissare (con colla e/o nastro adesivo) tutti gli oggetti tridimensionali, ma il risultato finale è davvero gratificante. Inoltre, dopo questa “faticaccia”, potrete stivare il tutto con estrema semplicità e assoluta razionalità.
Completano la dotazione il manuale con il regolamento e il libro delle storie, entrambi in lingua italiana e pieni di illustrazioni colorate. Mentre il secondo risulta davvero funzionale e di immediata comprensione, il primo – tolte le ampie sezioni dedicate ai materiali, alla decodifica dei simboli e ai chiarimenti su incantesimi, poteri, mostri e carte – può sembrare un po’ vago e leggermente farraginoso, almeno per quanto riguarda la spiegazione del flusso di gioco.
Col senno di poi, questa scelta è giustificata dal fatto che KQ sembra più un sistema di gioco che un gioco da tavolo vero e proprio: provandolo, si ha la sensazione di affrontare quello che nel mondo dei videogame viene solitamente indicato come “sandbox” (il sistema vi fornisce gli strumenti e voi vi create la vostra avventura) ambientato in un “open world” (la configurazione fisica di ogni avventura viene delegata agli stessi protagonisti). Inoltre, come già sperimentato in passato con titoli come Le leggende di Andor, l’apprendimento vero e proprio viene delegato in larga parte allo svolgimento di una serie di tutorial (7 in tutto, contenuti nel libro delle storie) che, gradualmente, permettono di affrontare scontri fisici, magici, farming, crafting, grinding e combattimenti contro i boss.
Tutta questa terminologia tecnica – presa in prestito dal mondo degli MMORPG – non vi suona per nulla familiare? Se sì, dovrebbe accendersi un campanello d’allarme: KQ ha molto in comune con i videogame di questo tipo e con i vecchi J-RPG della Square Enix. Se, invece, questo è il vostro pane – ludico – quotidiano, allora tenete il portafoglio a portata di mano, perché a fine recensione potrebbe scattare l’acquisto compulsivo.
COMPETITIVO O COOPERATIVO?
Prima di passare all’analisi del gioco, vi ricordiamo che potete affrontare ogni partita in due modalità diverse e questo comporta una differente distribuzione dei ruoli tra i partecipanti (che possono essere da 2 a 6 persone).
- Potete, infatti, giocare in modo competitivo, ovvero tutti contro tutti: in questo caso, vincerà chi per primo riempirà il suo GGometro (la barra in alto nella scheda personaggio, in cui si inseriscono le stelline – i “Gradi della Gloria” – che si ottengono pagando o superando le missioni).
- In alternativa, potete decidere di cooperare e giocare tutti insieme contro il Demone: il gruppo vince quando anche un solo membro riempie il proprio GGometro.
Il Demone è una sorta di entità metafisica sempre presente nelle partite (indipendentemente dalla modalità scelta) e non è altro che il dungeon master, che deve prestare la sua intelligenza ai cattivi; anche il Demone a sua volta può essere interpretato in due modi diversi:
- i giocatori si alternano nei panni del Demone: questo garantisce una maggior variabilità e più imparzialità, perciò è consigliato soprattutto per l’approccio competitivo;
- un giocatore si sacrifica e diventa il dungeon master della partita: richiede una certa esperienza ed è una scelta obbligata dal regolamento per la modalità cooperativa; per contro, il Demone si ritrova escluso da tutto ciò che non riguarda i mostri (quindi potrebbe annoiarsi un pochino…).
Il nostro consiglio spassionato; scegliete la modalità “tutti contro tutti” con il Demone condiviso a turno, perché così nessuno verrà escluso dal cuore del gioco e nessuno potrà reclamare di essere stato favorito in alcun modo.
PREPARAZIONE:
L’allestimento dell’area gioco è diverso a seconda che si affronti un’avventura tratta dal libro delle storie (nel qual caso, il setup è spiegato in dettaglio nella relativa pagina) oppure si scelga una partita “libera”. In quest’ultimo caso, dopo aver stabilito la modalità di gioco e come verrà gestito il Demone, si sistemano contiguamente sul tavolo prima due tabelloni città (i “porti franchi” della partita), poi tanti tabelloni terreno quanti sono i giocatori: la superficie così generata può anche avere una forma irregolare, ma non deve presentare buchi vuoti.
Sulle caselle Demone in città bisogna sistemare una Fenice, uno Zaap, una Sala delle Aste e un Atelier dell’Artigianato, mentre nel resto del mondo vanno piazzati in corrispondenza dei rispettivi simboli alberi, rocce, sterchi, uova, muretti, balle di paglia e… mostri (che, a seconda dei tabelloni utilizzati, possono essere gli uccellini Tofu e/o gli ovini Pappatutto). Inoltre, sempre sulle icone Demone, si posizionano gli elementi scenici speciali già citati per la città, oltre ai fatidici “dongioni” (i punti di accesso a tabelloni speciali, in cui è possibile affrontare i boss).
Accanto a questa mappa tridimensionale, si pongono le due plance speciali: una con il Percorso delle Avventure, insieme al mazzo delle carte Evento correlato alla famiglia di mostri presente; l’altra con la Sala delle Aste, ovvero una serie di indicatori (inizialmente tutti settati sul valore 3) che ci forniscono le quotazioni delle risorse utilizzabili per il crafting, insieme a 8 ricette misteriose (2 armi, 4 armature e 2 accessori) girate dal lato degli ingredienti (l’oggetto verrà svelato solo al loro completamento).
Il setup individuale, invece, prevede che ogni giocatore scelga una miniatura con la corrispondente carta personaggio, dopodiché inserisca quest’ultima nell’apposito vano sul cruscotto personale e, con le tessere di copertura, debba nascondere tutto tranne le caratteristiche base (punti azione (PA), punti movimento (PM) e punti vita (PV)) e il primo incantesimo. Anche lo zaino dovrà avere solo uno dei 4 slot disponibili e, per completare la dotazione, ognuno riceverà 5 Kama (la valuta del gioco), un numero di GG (i punti esperienza e, al tempo stesso, punti vittoria di KQ) pari a 6 meno il livello della miniatura (quelle incluse sono tutte da 3, quindi forniscono 3 GG) e 4 missioni personali (2 da 1 GG e 2 da 2 GG: una a scelta dovrà essere scartata e rimpiazzata da un’altra pescata casualmente dal mazzo).
Non resta che collocare le miniature nelle caselle corrispondenti all’interno della città e stabilire l’ordine di gioco, che viene determinato in senso crescente dal valore dell’iniziativa (il numero nel fulmine giallo, presente in ogni scheda personaggio).
Come spesso accade per i dungeon crawler, il setup non è rapidissimo ma, come abbiamo già evidenziato nella sezione dedicata all’unboxing, in nostro aiuto viene la confezione stessa con i suoi praticissimi organizer: se sarete ordinati e conserverete tutti gli scenari montati, riuscirete a preparare la partita in un quarto d’ora, giusto il tempo per spiegare i rudimenti del regolamento generale.
SVOLGIMENTO:
Come prima cosa, durante il proprio turno di gioco, ogni giocatore deve decidere se agire in modalità avventura oppure combattimento, girando l’apposito segnalino sul lato corrispondente: nel primo caso, si avrà diritto a un bonus di +3 PM (quindi 3 movimenti extra) e di -1 ferita, ma non si potrà combattere in nessun modo; nel secondo, invece, saranno disponibili tutte le caratteristiche della propria scheda personaggio, con tanto di incantesimi e poteri speciali.
Dopodiché, le azioni a disposizione dell giocatore sono un’infinità:
- muoversi in base al numero di PM disponibili; se si finisce in una casella adiacente a un mostro o a un altro personaggio che non appartiene al proprio party, bisogna lanciare un dado per tentare la fuga, mentre l’avversario ne lancia uno per contrastarlo;
- “farmare” un albero o una roccia, ottenendo le corrispondenti risorse, al costo di 3 PA;
- raccogliere uno sterco o un uovo, al costo di 1 PA;
- “craftare” un oggetto, se ci si trova accanto a un Atelier dell’Artigianato (il banco da lavoro con il seghetto): costa 3 PA e le risorse indicate sulla ricetta precedentemente acquistata; lo strumento così generato può essere subito equipaggiato o sistemato nello zaino;
- mercanteggiare, se ci si trova accanto a una Sala delle Aste, cioè vendere e/o comprare oggetti, risorse e ricette, pagando o ricevendo il corrispondente in Kama, al prezzo di 3 PA;
- teletrasportarsi da uno Zaap all’altro, se ci si trova accanto a uno di questi; lo spostamento costa 1 PM e 1 Kama (evidentemente… funziona a gettoni! 🙂 );
- scoprire una parte del proprio cruscotto personale, ampliando lo zaino oppure aggiungendo un potere speciale; richiede il pagamento del numero di Kama indicati sulla corrispondente tessera di copertura;
- formare (o abbandonare) un party di giocatori, per scambiare oggetti ma, soprattutto, affrontare un dongione (e il relativo boss) in compagnia (gratis);
- entrare in un dongione da soli oppure insieme al proprio gruppo (gratis);
- scambiare risorse, ricette e oggetti con un altro giocatore del proprio party (gratis);
- cambiare equipaggiamento indossato con uno o più oggetti presenti nello zaino (gratis);
- curarsi fino a 5 ferite, passando il turno senza eseguire altre azioni;
- abbandonare il combattimento, passando il turno senza eseguire altre azioni, perdendo inoltre 1 GG e teletrasportandosi presso una Fenice a scelta (anche il KO, che ha luogo nel momento in cui il numero di ferite ricevute è pari o superiore al proprio numero di PV, ha le stesse conseguenze).
Il numero di azioni eseguibili dipende dai punti (azione, movimento e Kama) disponibili e comunque è possibile passare il turno in qualsiasi momento. Il dinamismo dei Krosmaster è modellato in modo davvero eccezionale e i riferimenti al mondo videoludico vi saranno già evidenti: si può crescere “grindando” da soli e fabbricando ogni genere di equipaggiamento potenziato, ma per ottenere più punti GG (vedremo successivamente come in dettaglio) è meglio coalizzarsi con altri, formando un party.
Uno scontro finisce male? Nessun problema, si “resuscita”, proprio come Super Mario, in prossimità dell’ultimo “save point” (la Fenice). Volete curarvi? Anche in questo caso è semplicissimo: basta aspettare un turno o due senza combattere e vi rimetterete a nuovo. Inutile sottolineare che sarebbe stato interessante proporre un’ulteriore sezione di “crafting”, dedicata alle pozioni, e magari aggiungere diversi livelli di specializzazione sbloccabili con l’esperienza (in questo modo, in un party potrebbe esserci un chierico erborista, un tank fabbro e uno stregone minatore, rendendo più efficienti non solo i combattimenti, ma anche tutte le altre fasi della partita).
I combattimenti funzionano in modo pressoché identico a Krosmaster Arena: si lancia un incantesimo (all’inizio ne avremo uno solo per personaggio, poi crescendo se ne sbloccheranno altri) pagandone il relativo costo di lancio; poi, si tira il dado del critico (per eventuali danni bonus) e, in base all’area d’azione, si colpiscono uno o più avversari (come avrete capito, è possibile attaccare non solo i mostri, ma anche i Krosmaster che non appartengono al proprio party), i quali eseguiranno un tiro salvezza che varia in base alla loro armatura. Alla fine di tutto, si tirano le somme e si applicano tanti segnalini ferita quanti sono i danni inflitti, oltre alle eventuali alterazioni di status.
Alcuni danni, inoltre, sono di tipo elementale, quindi possono avere effetti diversi a seconda dei mostri colpiti, mentre esistono alcuni incantesimi di tipo curativo, che permettono di rigenerare le ferite, e altri ancora di tipo evocativo, che generano bombe, trappole e famigli.
Proprio come negli altri titoli della serie Krosmaster, uno degli aspetti più divertenti dei combattimenti sono le sinergie che vengono a crearsi formando i giusti party e che rendono alcune combinazioni di personaggi decisamente più forti di altre, anche se non stiamo parlando di vere e proprie combo (gli scontri risultano leggermente meno profondi di quelli di Krosmaster Arena).
Il resto del gioco si basa tutto sulle carte e sul superamento di quest e mostri: le missioni personali, ad esempio, riportano degli elenchi di creature da sconfiggere e dei percorsi da compiere e, una volta completate, conferiscono determinati bonus in GG. Anche il turno del Demone, che è diverso da quello dei Krosmaster, prevede una sequenza ben precisa di azioni, basata appunto sulle carte: innanzitutto deve pescare un numero di carte Evento pari a quello dei Krosmaster presenti meno uno; dopodiché risolve gli effetti ad esse legati, che possono essere:
- comparsa di uno o più mostri;
- comparsa di una o più risorse;
- modifica della situazione nella Sala delle Aste;
- piazzare una nuova quest nel Percorso delle Avventure (una sorta di questbook, in cui si collocano le missioni obbligatorie per tutti, che devono essere risolte rigorosamente in ordine di uscita: quando si pesca una quest e la plancia non ha più spazi liberi, la partita si considera conclusa con la vittoria del giocatore con più GG in quel momento).
Ovviamente, i mostri vengono poi gestiti dallo stesso Demone, proprio come se fossero tanti Krosmaster (e, infatti, ogni mostro ha una propria scheda con i soliti valori PA, PV e PM, oltre alle risorse che abbandonano in caso di sconfitta).
E il dongione, dove lo metto? Manca solo questo elemento – tutt’altro che trascurabile – per completare la nostra carrellata sulle complesse meccaniche di KQ. Quando un Krosmaster arriva in una casella adiacente all’apposito scenario tridimensionale, può accedere a quello che è – a tutti gli effetti – un livello bonus: il Demone sceglie uno dei tabelloni dongione (diversi da quelli terreno) e lo posiziona sul tavolo, dopodiché vi sistema gli scenari richiesti e i personaggi appartenenti al party nelle caselle di posizionamento. Infine pesca 4 mostri del dongione (solitamente più difficili di quelli standard) e si inizia il combattimento (qui è vietata la modalità avventura) con le stesse regole di prima.
Quando vengono sconfitti tutti i mostri, il Demone aggiunge un secondo tabellone dongione, lo “guarnisce” come sopra e vi sistema 3 mostri più il boss, oltre a pescare una carta umore del Boss, che aggiunge un pizzico di sale e variabilità a questa battaglia campale. Se i Krosmaster riescono a trionfare (la qual cosa è piuttosto ardua, soprattutto se il Demone pesca carte come “Piena forma”) tutti i membri del party guadagnano 1 GG e pescano un equipaggiamento reale (un accessorio non fabbricale e molto potente): il riferimento al mondo dei videogame è di nuovo evidentissimo, con i classici “boss drop” che possono fare la differenza nel prosieguo della partita.
DURATA:
È piuttosto difficile stabilire a priori la durata di una partita di KQ: la scatola indica un range piuttosto vario, tra le 2 e le 3 ore e in linea di massima si tratta di una stima sufficientemente attendibile. Molto dipende dall’approccio individuale dei giocatori: se il gruppo è numeroso e tutti affrontano gli scontri con molta prudenza e tendono a “grindare” a lungo, prima di affrontare mostri e dongioni, allora si possono sfiorare anche le 4 ore complessive. Viceversa, se si gioca in 2 o 3 e si punta a livellare piuttosto che a craftare, allora in un paio d’ore si finisce tranquillamente. Anche la lunghezza del Percorso delle Avventure può essere variata in funzione del tempo a disposizione e dell’umore del gruppo, consentendo di modulare e, soprattutto, contenere la durata della partita entro limiti accettabili.
Analogamente, anche i tempi morti dipendono fortemente dai giocatori: se tutti tendono a comportarsi in modo egoistico ed egocentrico, allora chi non è di turno può rischiare di annoiarsi, perché attendere 4 turni per tagliare un albero che magari servirà come impugnatura della nostra prossima lancia non è propriamente entusiasmante. Se, invece, il party è piuttosto ristretto ed è molto coeso, allora ci si focalizzerà maggiormente sulle quest e sui dongioni e, alla fine, ci si divertirà molto di più.
AMBIENTAZIONE:
Anche sotto questo punto di vista, più che di un’ambientazione vera e propria possiamo parlare di una “meta-ambientazione”, nel senso che il riferimento non è tanto a un mondo, reale o fantastico che sia, noto ai più (come, ad esempio, quello di Dungeons & Dragons o l’immaginario lovecraftiano), quanto piuttosto a un sistema che è stato declinato in un’infinità di modi diversi: i videogiochi di ruolo di stampo nipponico.
Chi ha dedicato mesi della propria gioventù livellando nei dungeon dei primi Final Fantasy, oppure allevando Pokemon sui piccoli schermi dei fidi Nintendo, o ancora “grindando” a suon di cinghialetti in World of Warcraft, può ritrovare in KQ lo stesso retrogusto videoludico, fatto di bastonate serrate, ricerca costante di miglioramento e un pizzico di pazienza.
E non dimentichiamo il potenziale intrinseco delle splendide miniature e degli scenari tridimensionali che vanno a costituire lo spazio di gioco: vedere il bancone di lavoro con tanto di seghetto, alberi da frutta e rocce piene di cristalli permette di cogliere in un baleno le scelte possibili e, al tempo stesso, di calarsi nei panni dell’avventuriero di turno in un mondo così… kawaii!
CONSIDERAZIONI:
I giocatori più navigati ed esigenti
KQ è senza ombra di dubbio un dungeon crawler assolutamente anomalo e di grande originalità, quantomeno se confrontato con le più recenti pubblicazioni della categoria: invece di rifarsi ai giochi di ruolo “pen & paper”, ai libri fantasy e/o alle eccellenze del passato (HeroQuest e Descent su tutti), questa volta il modello sono – lo ripetiamo per l’ennesima volta – i videogame. Dimenticate le classi canoniche, ereditate dal mondo di D&D, e accantonate anche i classici punti esperienza, la cooperazione stretta tra i giocatori e la struttura delle partite basata su una singola quest principale: qui ogni partecipante gode di una certa indipendenza dagli altri e interpreta ruoli inusuali, come “steamer” o “pandawa“, e magari si ritrova ad affrontare 8 diverse avventure prima di chiudere la partita.
A proposito delle quest, i giocatori più navigati ed esigenti possono avvertire la mancanza di una campagna vera e propria, che accompagni con una storia coinvolgente i personaggi durante la loro crescita: anche il libro delle storie, per quanto indispensabile nella sua duplice veste di tutorial e guida per le prime missioni, risulta un po’ frammentario e ogni storia è slegata dalle altre.
Come abbiamo già avuto modo di anticipare, in KQ non muore mai nessuno: al massimo, un Krosmaster può finire KO e, con una piccola penalità, può ripartire da una fenice qualsiasi, come se la partita fosse stata precedentemente “salvata”. Se volete, il meccanismo è molto “coin up” e poco “RPG”, ma permette di prepararsi in modo più adeguato a una battaglia campale che magari era stata sottostimata; insomma, nessuno viene mai escluso dalla partita, ma il tutto va a discapito della verosimiglianza.
Questa modellazione molto astratta si ritrova anche nelle molteplici funzioni legate ai Kama, la valuta del gioco: il denaro serve contemporaneamente a sbloccare nuove abilità, ampliare gli slot dello zaino e acquistare risorse aggiuntive, che a loro volta permettono di fabbricare oggetti e armi sempre più potenti e letali; allo stesso tempo, può essere “convertito” in GG e avvicinare progressivamente il personaggio alla vittoria finale. Diventa, pertanto, di vitale importanza comprendere al momento giusto se sia meglio potenziarsi oppure “scattare” verso il traguardo finale. Gli scenari che si aprono sono altrettanto numerosi e variegati: per vincere, si può affrontare una miriade di avventurine da eroe di serie B, oppure farmare a più non posso e speculare sulle risorse più costose, o ancora craftare un super equipaggiamento e tentare le imprese più ardite.
Comunque sia, se si punta a “ingrossarsi” – come spesso accade in questo tipo di giochi – questa scelta non comporta automaticamente un avvicinamento alla vittoria: semplifica i successivi combattimenti, su questo non c’è dubbio, ma per chiudere la partita bisogna raccimolare tanti GG. Anche questo aspetto è coerente con il mood videogiochesco di KQ, perché la partita finisce solo quando si risolve l’intero questbook, non quando si diventa onnipotenti (o quasi).
L’aleatorietà è alquanto presente, perché i dadi da lanciare non mancano mai e i mostri compaiono in modo randomizzato, ma questa non è certo una novità nel mondo dei dungeon crawler e, comunque, è un apporto casuale che difficilmente arriva a compromettere una partita, ma piuttosto le conferisce quel pizzico d’imprevedibilità che ne aumenta la già buona rigiocabilità.
Per quanto riguarda, invece, la scalabilità, bisogna distinguere tra gameplay e durata: se consideriamo il primo aspetto, il gioco risulta impeccabile, perché tutti sono coinvolti allo stesso modo, l’interazione – sia indiretta che diretta, visto che ci si può anche attaccare reciprocamente, senza lesinare nelle “bastardate” – c’è se vogliamo che ci sia e il bilanciamento tra i diversi personaggi (almeno quelli inclusi) è ottimo; se consideriamo il secondo aspetto, invece, la durata della partita cresce notevolmente e i tempi morti si fanno sentire, quindi… diciamo che da 2 a 4 giocatori ci si diverte davvero tanto, mentre in 5 o in 6 l’esperienza di gioco risulta un po’ dilatata.
POSOLOGIA:
Krosmaster Quest è un prodotto equivalente dei videogiochi di ruolo, proposto in un differente formato di tipo analogico. I loro principi attivi appartengono alla stessa famiglia, ma in questo caso vengono aggiunti importanti eccipienti, come l’interazione sociale e il rapporto umano. All’interno della confezione, sono inclusi due diversi bugiardini: il buon senso suggerirebbe di partire dal regolamento, ma alla prova dei fatti risulta molto più semplice metabolizzare il gioco iniziando dal Libro delle Storie. La somministrazione è consigliata per gruppi relativamente ristretti di giocatori, preferibilmente in 3 o 4, meglio se caratterizzati da una buona coesione generale. Non se ne consiglia l’uso pediatrico, non tanto per la dipendenza linguistica, che è limitata, quanto per l’elevata complessità delle meccaniche di gioco: d’altra parte, esiste già una validissima alternativa a dosaggio ridotto, ovvero Krosmaster Junior.
SOTTOFONDO MUSICALE:
L’album “Mate. Feed. Kill. Repeat.” degli Slipknot.
Si ringrazia Ghenos Games per aver reso disponibile la copia di valutazione del gioco.
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