Pro: Si spiega in un minuto e impegna tutti con grande coinvolgimento per un’intera serata.
Contro: Per quanto chiaro, il regolamento è sintetico e poco ortodosso e il fattore aleatorio ha una certa rilevanza.
Consigliato a: Tutti quelli che almeno una volta nella vita hanno letto un’opera di H. P. Lovecraft.
Realizzazione | |
Giocabilità | |
Divertimento | |
Longevità | |
Prezzo |
PREMESSA:
J.K.F. Rosenkranz è un filosofo tedesco, allievo di Hegel, della prima metà dell’Ottocento, il quale dedicò buona parte dei suoi lavori allo studio dell’estetica. In particolare, arrivò a teorizzare un cosiddetto “riscatto del brutto”, che può avvenire solo attraverso il “comico” – concepito come trasfigurazione di tutto ciò che è negativo – e ha la sua massima espressione nella “caricatura”. Questa introduzione filosofeggiante ci serve per rispondere a quanti staranno già pensando che siamo letteralmente impazziti se abbiamo deciso di recensire un gioco totalmente fuori dagli schemi – e, soprattutto, dai nostri schemi di balene – come Munchkin. Stiamo parlando di un titolo che da sempre fa discutere i roleplayer, perché sono il principale bersaglio del suo intento satirico, e i gamer, perché ha un regolamento sfiziosamente imperfetto e dalle meccaniche tutt’altro che raffinate, ma di un’efficacia più unica che rara. Ovviamente non potevamo recensire uno qualunque dei Munchkin finora pubblicati in Italia da Raven, così la nostra scelta è ricaduta sulla declinazione lovecraftiana della serie: Munchkin Cthulhu. Forse che il nostro senno se ne sia andato proprio a causa dell’incontro con un Grande Antico?
UNBOXING:
La scatola di Munchkin Cthulhu si presenta bene, con le classiche accattivanti illustrazioni di John Kovalic (che ha collaborato con Goomi in questo caso) e non è né troppo grande né troppo piccola, così si può trasportare con facilità e, al tempo stesso, resta il giusto spazio vuoto al suo interno. State già pensando che anche quest’ultima considerazione confermi la nostra follia, vero? Dopo tante riflessioni sulla coerenza degli spazi nelle scatole e sull’importanza della loro ottimizzazione in funzione della componentistica, elogiamo uno spazio vuoto piuttosto ampio? Vi anticipiamo che vi state sbagliando di grosso e più avanti avremo modo di spiegarvi quale sia la reale utilità di questo grande vano apparentemente inutilizzato. Dentro alla scatola, troviamo ben 2 mazzi di carte (uno delle porte e uno dei tesori), il regolamento e… basta. Giocare a Munchkin è terribilmente semplice e la conferma ce la danno proprio i componenti: 280 carte in tutto, di buona qualità (anche se, a causa dei frequenti rimescolamenti, vi consigliamo vivamente di imbustarle) e 4 pagine di spiegazione. Dimenticavamo: per giocare servono anche un dado da 6 facce, che – inspiegabilmente – non è incluso nella confezione, e uno strumento qualsiasi per segnare i livelli di ogni giocatore (va bene un bloc notes, uno smartphone, un dado da dieci facce, un mazzo di carte da briscola, delle fiches, ecc.).
PREPARAZIONE E SVOLGIMENTO:
Possono prendere parte alla partita da 3 a 6 giocatori, che partono tutti dal 1° livello disarmati e senza alcuna classe e, per vincere, devono raggiungere il 10° livello uccidendo un mostro. In pratica, è un distillato dello spirito di fondo di tutti i giochi di ruolo, perché ogni partecipante ha solo l’ansia di sopravvivere e diventare il più forte possibile, massacrando tutto quello che gli si para davanti. Prima di iniziare, bisogna mescolare per bene entrambi i mazzi (i tesori sono riconoscibili dallo scrigno disegnato sul dorso, mentre le porte presentano un portale da cui esce un tentacolo), dopodiché si distribuiscono 2 carte da ciascun mazzo a ogni giocatore. Queste costituiscono l’equipaggiamento iniziale dell’avventuriero, che inizierà con un valore d’attacco pari al suo livello, ovvero 1. Il valore può essere variato salendo di livello e/o indossando oggetti e impugnando armi presenti tra le carte in mano, ricordando però che – come in ogni gioco di ruolo che si rispetti – bisogna essere coerenti con la realtà: si può usare un’arma a due mani oppure due armi a una mano, si può calzare un solo elmo e cavalcare un solo animale – o mezzo di trasporto – per volta, e così via; perché il nostro corpo ha due mani, una testa, due gambe e un busto. Equipaggiarsi è semplicissimo: basta calare la carta desiderata davanti a sé all’inizio del turno di gioco (non c’è alcun limite alle carte presenti sul tavolo); attenzione, invece, a quelle rimaste in mano, perché alla fine di ogni turno non possono essercene più di 5, altrimenti quelle in eccesso dovranno essere donate al giocatore di livello inferiore o scartate nel caso in cui tutti gli altri siano di livello superiore. A proposito, accanto ai due mazzi al centro della tavola lasciate spazio a sufficienza per creare altrettanti pozzi per gli scarti, più uno aggiuntivo che servirà alle sole carte della classe “cultista”.
A questo punto, il massacro può avere inizio: a turno, ogni giocatore va a cercar fortuna aprendo una porta, ovvero girando pubblicamente una carta del mazzo corrispondente. Questa svelerà un mostro, una maledizione o altro: nel primo caso si deve combattere contro la creatura, nel secondo si subiscono gli effetti nefasti dell’incantesimo, nel terzo si decide in base al testo presente sulla carta. In ogni caso, se non compare un mostro, il giocatore può scegliere di “cercare guai”, cioè di calare dalla propria mano un mostro a scelta da combattere. Ogni battaglia vinta consente di “svuotare la stanza” e, quindi, di ritirare il numero di tesori indicato sulla carta della creatura sconfitta.
Il combattimento è il vero cuore del gioco e ha un motore quasi banale: si somma il valore del proprio livello ai punti aggiuntivi conferiti da classi, armi ed equipaggiamenti vari, si sottraggono le eventuali penalità o maledizioni e si confronta con il livello del mostro. Se il numero è maggiore, il mostro è stato ucciso e si può proseguire salendo di un livello (o più, se indicato espressamente sulla carta), altrimenti restano tre alternative:
- Si chiede aiuto: si cerca l’appoggio di uno (e uno soltanto) degli altri giocatori per combattere insieme contro il mostro, sommando i rispetti punti e bonus, anche se solo l’aiutato potrà crescere di livello. In cambio del soccorso ricevuto, si può offrire di tutto, da carte e oggetti posseduti a parte del bottino ottenuto, quindi nella maggior parte dei casi si scatena una vera e propria asta al rialzo.
- Si tenta la fuga: se non si riceve aiuto da parte di nessuno o comunque l’avversario è così forte da risultare imbattibile (ricordate che gli altri giocatori possono calare eventuali potenziamenti speciali anche per i mostri…) si lancia il dado per fuggire e in caso di 5 o 6 si riesce a evitare lo scontro, altrimenti si subiscono le “brutte cose” indicate in fondo alla carta.
Se lo scontro si risolve in modo negativo per il giocatore, può succedere un po’ di tutto: le sopraccitate “brutte cose” vanno da una semplice penalità, come la perdita di un oggetto, a menomazioni più gravi, come la perdita di uno o più livelli, ma possono anche culminare nella morte del personaggio. In questo caso, la partita non finisce per il giocatore (altrimenti sarebbe una noia pazzesca…) ma semplicemente ricomincia: egli conserva classe e livello, ma perde tutti gli oggetti (che vengono scartati) e le carte che ha in mano (che vengono invece “saccheggiate” dagli altri), per poi pescarne 4 nuove all’inizio del turno successivo. Alla fine dei conti, la morte in Munchkin è meno brutta di quanto si possa pensare…
LA VARIANTE LOVECRAFTIANA:
Quello descritto sopra è il cosiddetto “motore Munchkin”: alla base di ogni declinazione, ci sono sempre queste poche semplici regole, mentre di volta in volta vengono introdotte delle piccole variazioni, che “ambientano” e arricchiscono il meccanismo.
Nel caso di Munchkin Cthulhu, le classi dei personaggi sono ovviamente in tema lovecraftiano: possiamo impersonare professori, investigatori, picchiamostri e cultisti e possiamo cambiare classe in qualsiasi momento, a patto di possedere le carte giuste per farlo. Unica eccezione sono appunto i cultisti: una volta diventati adepti di Cthulhu non si può tornare indietro, a meno che non si possegga una carta che permetta di rimuovere questa classe (nel qual caso la classe scartata finirà nell’apposito pozzo in mezzo al tavolo). Il bello è che se un solo giocatore non diventa cultista, questo ottiene un livello bonus, che può essere anche quello vincente; mentre quando tutti vengono “convertiti” la partita termina immediatamente, consegnando la vittoria al giocatore di livello più alto.
Inoltre, tra le maledizioni incluse nel mazzo delle carte porta, troviamo una serie di “pazzie”, che colpiscono il giocatore se pescate scoperte, oppure un altro giocatore a scelta se ricevute coperte: d’altra parte, conosciamo tutti gli effetti infausti di un incontro con un Grande Antico, non è vero? Giusto per rinfrescarvi la memoria sull’argomento, vi ricordiamo le nostre precedenti recensioni di Eldritch Horror, Le case della follia, Il segno degli Antichi e, per i più pigri, la videorecensione di Arkham Horror.
Ricordiamo, infine, che nel gioco esiste una categoria particolare di mostri, i cui nomi finiscono in “-GOTH” (anche in questo caso agli aficionados di Lovecraft suonerà un campanello in testa), che possono essere accumulati durante il combattimento: se, per esempio, il giocatore A pesca Joggoth, che è di livello 1 ed è facilmente battibile, il giocatore B che possiede in mano Rospoggoth, che è di livello 12 ed è minacciosissimo, può calarlo subito per ostacolare l’avversario. I livelli dei due mostri, che si aiutano a vicenda, devono essere sommati (13, nel nostro caso) e il giocatore di mano dovrà superarli entrambi per poter svuotare la stanza.
Anche per Munchkin Cthulhu, c’è la possibilità di adottare il cosiddetto “regolamento epico” (scaricabile gratuitamente qui in lingua inglese) che porta il traguardo al 20° livello: i primi 10 livelli devono essere giocati nel solito modo tradizionale, dopodiché i giocatori che passano questa soglia diventano automaticamente “epici” e acquisiscono nuovi poteri, legati alla classe che stanno impersonando, ma allo stesso tempo devono aprire due porte per turno (e non più una) con l’obbligo di risolverle entrambe. Attenzione, perché con questa modalità di gioco diventa tutto più avvincente, complicato e duro, ma anche lungo!
LE CARTE:
Come avrete capito, visto e considerato che all’interno della confezione trovate solo quelle, le carte sono il cuore pulsante di Munchkin, pertanto meritano a nostro avviso un paragrafo a parte. Le illustrazioni sono fumettose e spiritosissime e sono sicuramente uno dei segreti del grande successo della serie: malefiche nonnine tabagiste, mostruose galline tentacolate e insidiose ciambelle spaziali sono solo alcuni esempi dei mostri da combattere, mentre i nostri personaggi potranno essere colpiti da maledizioni imbarazzanti e fastidiose come la cleptomania e la gammafobia (cioè la paura della lettera “G”). Altrettanto spassosi gli oggetti che si possono indossare e utilizzare: si va dagli stivali di pelle di polipo a mucche demoniache che piovono dal cielo in nostro aiuto, dal terribile fucile shoggulizzatore al Necrognomicon, un libro che trasforma i mostri in gnomi.
Per chiudere, ricordiamo che tutte le carte equipaggiamento in gioco – quindi presenti scoperte sul tavolo – possono essere scambiate tra i giocatori in qualsiasi momento, tranne ovviamente durante i combattimenti. Ognuna di queste carte ha, inoltre, un valore ben preciso in monete d’oro e, attraverso la loro vendita (ovvero scartandole), è possibile acquistare tutti i livelli che vogliamo, tranne quello vincente, pagando 1.000 o più monete.
DURATA DI UNA PARTITA:
La durata di una partita a Munchkin non è quantificabile in modo preciso: dipende ovviamente da quanti giocatori sono seduti al tavolo e dal loro grado di esperienza, ma elementi altrettanto importanti sono l’affiatamento del gruppo e il tasso complessivo di “nerditù”. In particolare, se la partita si svolge tra maniaci del mondo Munchkin, possono intervenire tutta una serie di parametri aggiuntivi, legati a gadget e altro ancora (di cui vi parleremo più avanti, nel paragrafo dedicato alle considerazioni) che possono allungare notevolmente la partita. Per farvela breve, difficilmente ve la potete cavare in meno di due ore, perché sul più bello, quando qualcuno sta per raggiungere il 10° (o il 20°) livello, tutti si coalizzano contro di lui e lo fanno sprofondare negli abissi della disperazione (ludicamente parlando). Nonostante la durata, dobbiamo riconoscere a Munchkin il merito di non avere tempi morti, grazie alle costanti interazioni tra i giocatori.
I tempi si allungano ulteriormente se scegliete di adottare il “regolamento epico”: in base alla nostra esperienza pluriennale, possiamo garantirvi che, iniziando subito dopo cena, avrete modo di vedere l’alba o quasi… Non si tratta, quindi, di un filler, come lascerebbe pensare la dimensione contenuta della confezione, ma non dovrete neppure stivare la partita se questa dovesse tirare troppo per le lunghe: sarà sufficiente fissare di comune accordo un nuovo livello-traguardo e chiudere la partita sarà questione di pochi minuti (nerd permettendo…).
CONSIDERAZIONI:
Partiamo dall’aspetto più controverso di Munchkin, ovvero le regole. Se avete letto con attenzione la nostra spiegazione, tutto vi sembrerà semplice e trasparente, per nulla controverso o quasi: in effetti, il motore del gioco ha una sua eleganza, se vogliamo, ma il vero problema è legato all’interpretazione delle carte e dei relativi effetti, che non sono altrettanto limpidi. A volte, si incontrano carte che dicono tutto e il contrario di tutto, oppure coppie di carte che tra loro si contraddicono, o ancora carte che sembrano andare (e in effetti ci vanno…) contro al regolamento. Il problema vero è che il libretto striminzito inserito nella confezione non contempla nessuna di queste eccezioni, o meglio… le contempla tutte quante, suggerendo di discutere tra i giocatori per risolverle nel modo più rumoroso possibile; qualora la diatriba fosse insanabile, l’ultima parola spetta sempre e comunque al padrone del gioco, proprio come quando si giocava a calcio da bambini e l’arbitro supremo era sempre chi portava il pallone!
Qual è dunque il segreto del successo di un gioco come Munchkin, che è così apparentemente imperfetto e per nulla “ortodosso”? Innanzitutto, le illustrazioni e le relative didascalie sono davvero riuscite e piene di quel sense of humor, perennemente in bilico tra la critica nerd, il nonsense e il citazionismo, che riesce a convincere anche i babbani meno avvezzi a sedersi al tavolo.
Per quel che riguarda i giocatori “duri e puri”, quelli della Steve Jackson Games hanno deciso fin da subito di giocare sporco e vincere facile, lanciando miriadi di espansioni e, soprattutto, un merchandising a dir poco feroce – e ruffiano – che va sempre a integrarsi con il gameplay. Giusto per farvi qualche esempio, sul mercato esistono t-shirt, segnapunti, maschere, dadi speciali, monete, segnalibri, peluche, app per smartphone (che purtroppo non vengono aggiornate da anni) di Munchkin, che conferiscono bonus oppure alterano regole ben precise in diversi momenti della partita: insomma, se dovesse capitarvi di giocare contro un nerd conclamato, preparatevi a veder spuntare dalle sue tasche gli oggetti più improbabili che potrebbero ribaltare le sorti del match in qualsiasi momento! Tutti questi addon possono essere conservati nello spazio vuoto all’interno della scatola, in modo tale che siano sempre a portata di mano nel momento del bisogno (ecco svelato l’arcano).
Il secondo punto di forza dell’intera serie è l’interazione tra i giocatori: di rado ci è capitato di trovare un gioco di carte competitivo con un livello di coinvolgimento collettivo così elevato. La possibilità, ad esempio, di scambiare carte in qualsiasi momento fa sì che spesso vengano intavolate trattative per questa o quell’altra arma, così come le richieste di aiuto – specialmente durante i primi turni – sono più frequenti di quanto possiate pensare, tant’è che le prime mani nella maggior parte dei casi si risolvono sempre in coppia, quasi come in un cooperativo. Poi alla fine emerge sempre la componente puramente competitiva, tra tradimenti, sotterfugi e coalizioni improvvisate, ma nessuno resta mai escluso da queste oscure trame.
Un altro aspetto da non sottovalutare è l’infinita possibilità di espansione e “incrocio” dei diversi Munchkin esistenti sul mercato: i crossover tra ambientazioni differenti sono sempre possibili e le regole complessive si possono ricavare dai rispettivi manuali, con l’aggiunta di un pizzico di buon senso e senza dimenticare che l’ultima parola spetta sempre al proprietario del gioco.
In ultimo luogo, il prezzo d’ingresso nel mondo Munchkin è tutto sommato contenuto (Munchkin Cthulhu, ad esempio, costa 25 euro e include ben 2 espansioni, quindi garantisce mesi e mesi di divertimento senza dover acquistare altro) e, insieme a quanto abbiamo già scritto sopra, lo rende di fatto uno dei giochi più gettonati per avvicinare i babbani al mondo dei giochi da tavolo.
In realtà, abbiamo mentito spudoratamente quando vi abbiamo detto che garantisce mesi e mesi di divertimento: infatti, se inizierete ad apprezzare Munchkin, non potrete resistere alla tentazione di integrarlo con ogni genere di orpello (v. sopra), di espansione e di ambientazione alternativa; pertanto vi ritroverete a spendere periodicamente diversi euro per aggiungere questo e quello oggetto, per primeggiare sui rivali. E alla fine neppure lo spazio vuoto all’interno della scatola vi basterà per contenere tutto il resto!
Vi aspettavate anche una guida strategica per affrontare al meglio le prime partite? Siamo davvero dispiaciuti, ma purtroppo stiamo parlando di un gioco di carte al 100%, in cui l’aleatorietà è piuttosto elevata: per esempio, quando un giocatore al 9° livello apre una porta e scopre un mostro di livello 1 è decisamente avvantaggiato rispetto a uno che ha svelato il Grande Cthulhu oppure una maledizione. Ci sono solo tre consigli che possiamo darvi:
- Ci sono alcune carte, che noi definiamo “guastafeste”, che possono penalizzare fortemente un avversario (ad esempio: Mutazione, che permette di cambiare un mostro in tavola con uno qualsiasi tra quelli in mano): conservatele con cura ed evitate di “bruciarle” alla prima occasione.
- Riuscire a comporre in mano la combo Mostro Errante + un mostro di livello basso + uno di livello alto può fare la differenza nelle fasi conclusive della partita, perché può permettere di giocare contro se stessi all’8° livello una carta facile (come la creatura di basso livello) e raggiungere la vittoria in un baleno; analogamente, può consentire di mettere dei sostanziosi bastoni tra le ruote di un avversario, calando la creatura di alto livello.
- Nei primi turni di gioco, se vi capita l’occasione, non fatevi scrupoli e acquistate livelli vendendo gli oggetti meno interessanti: è meglio avere un livello in più piuttosto che un bonus (che potrebbe essere facilmente annullato) di +1.
AMBIENTAZIONE:
Il giusto spirito è fondamentale:
L’intento comico di parodiare il noto gioco di ruolo The Call of Cthulhu e gli altri titoli ispirati alla mitologia lovecraftiana è evidente, ma altrettanto evidente è la profonda conoscenza che gli autori hanno di questo mondo e, soprattutto, del mondo dei nerd. Bisogna, però, tener presente che non sempre gli aggettivi “evidente” e “riuscito” riescono ad andare a braccetto: per fortuna, non è il caso di Munchkin Cthulhu, perché l’equilibrio tra forma umoristica e contenuto ludico è davvero tangibile. Ovviamente gioca un ruolo fondamentale lo spirito sia del gruppo che dei singoli giocatori: si tratta di un gioco che non dev’essere preso in modo serio e “professionale” e bisogna armarsi tanto di autoconsapevolezza quanto di autocritica per resistere alle costanti frecciate che vengono lanciate nella direzione dei gamer più incalliti. Per questo, come abbiamo già detto in precedenza, è un titolo fortemente consigliato per avvicinare i babbani al mondo dei giochi da tavolo, perché è proprio chi vede dall’esterno questo mondo – magari anche con una certa dose di scetticismo e sarcasmo – che riesce ad apprezzare in primis il mood intrinseco di Munchkin.
Per gli addetti ai lavori può risultare leggermente più difficile, specialmente per quelli più “permalosi”: a questi consigliamo di considerarlo un elegante strumento per la promozione della cultura ludica e di scegliere con cura l’ambientazione a cui sono più legati (non vi piace H. P. Lovecraft ma Star Wars? Nessun problema, c’è Star Munchkin; preferite i Pirati dei Caraibi a Star Wars? Benissimo, c’è Munchkin dei Caraibi, e così via), perché le citazioni sono una componente essenziale del divertimento complessivo che Munchkin sa regalare. In questo modo anche i più scettici riusciranno a divertirsi e l’effetto sinergico di un intero tavolo che ride delle battute e dei colpi bassi che questo gioco sa elargire a piene mani si farà inevitabilmente sentire.
Ciliegina sulla torta è l’interpretazione: proprio come in un vero RPG, i giocatori di tanto in tanto troveranno nelle carte riti da celebrare, cantilene da recitare e gesti da mimare, che possono arricchire notevolmente l’esperienza se fatti con il giusto coinvolgimento. Chi, invece, decide di saltare questa parte teatrale rende tutto molto più grigio e piatto e forse farebbe meglio a cambiar gioco.
POSOLOGIA:
Si consiglia la somministrazione di Munchkin Cthulhu a chi non ha ancora sviluppato la dipendenza da giochi da tavolo. Chi, invece, è ormai assuefatto deve prima vaccinarsi con una buona dose di autocritica, per prevenire crisi di permalosità o altro. Il gioco può avere un effetto sinergico se unito ad altre ambientazioni di Munchkin e relative espansioni o gadget: si suggerisce pertanto un dosaggio ridotto dello stesso, eventualmente alternato con altri giochi “babbanofili” meno competitivi, come ad esempio Dixit.
SOTTOFONDO SONORO:
Il brano “The Call of Ktulu” dei Metallica (e magari l’intero album “Ride the lightning”).
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